CONSTANCE
RECENSIONE
La coda lunga dell’estate è stata segnata per tante e tanti da uno dei metroidvania più inclementi degli ultimi anni: Hollow Knight: Silksong. Team Cherry ha domandato tanto al suo pubblico, e la reazione è stata... mista, direi. Girare per Lungitela non è uno scherzo. Ma, come sapete, ho spezzato con convinzione una lancia in favore della difficoltà di Silksong, delle meraviglie che si celano nascoste dietro un muro che, piano, piano, con impegno, possiamo riuscire a demolire mattone per mattone. Ecco, il – frequentatissimo – genere dei metroidvania accoglie in sé esperienze più o meno accomodanti e che, peraltro, ben si prestano a raccontare anche storie con una forte attinenza alla vita reale. Che è un po’ un metroidvania, a pensarci bene: si esplora, si va avanti, a volte si torna pure indietro, si cresce (e, auspicabilmente, si matura), si prende a cazzotti quell’ostacolo che ci aveva dato tanto filo da torcere, si vince, si perde, ci si lecca le ferite, si ricomincia.
Questo canovaccio, dicevo, può essere applicato con maggiore o minore intransigenza. Aprirsi a un pubblico più ampio, o custodire gelosamente l’esperienza per chi vorrà mettersi di buzzo buono a sbagliare, sbagliare ancora, e infine riuscire nell’intento? Sono considerazioni complesse, e la difficoltà va (anche) letta come uno strumento di design. Tenendo bene a mente che solo un sistema ludico avvincente nel complesso potrà convincere i giocatori a mantenere le mani incollate sul controller dopo l’ennesima sfida alla loro forza di volontà. E questo Blue Backpack lo sa bene, e lo ha dimostrato con il suo primo metroidvania, Constance, arrivato giusto a qualche settimana di distanza dall’eccellente avventura narrativa The Berlin Apartment, sviluppata da un altro team in seno al medesimo studio. Del fertile milieu culturale in cui vive Blue Backpack e del collettivo di sviluppatori di videogiochi Saftladen vi ho già parlato nella recensione di The Berlin Apartment: vi consiglio di leggerla prima di approcciare questa recensione, in modo tale da avere un inquadramento più chiaro su come e dove nasce Constance.
Constance è frutto di un periodo di crisi creativa vissuto da Sebastian Drews, il suo game director. Da qui è nata l’idea di creare un metroidvania che ha come protagonista una pittrice: Constance, appunto. Il carattere e il gusto artistico della produzione spiccano in maniera evidente anche soltanto guardando un trailer del gioco. Constance è splendidamente animata, e le sue abilità – tutte basate sulla pittura – sono rese con una cura spiccata per le animazioni. Cura che si spinge al punto tale da non rendere necessario il dono della parola per la pittrice (un po’ come avveniva per il Cavaliere in Hollow Knight), la quale si esprime con cenni del capo, occhiate e occhiatacce, gesti delle mani che si muovono sull’ampio mantello in cui è avvolta. Ecco, l’impressione che Constance dà a un primissimo sguardo è quella di una fortissima eleganza formale e di una grande padronanza dei mezzi tecnici necessari alla realizzazione di un prodotto videoludico complesso come sono i metroidvania, e di un gusto spiccato per l’espressività che si riflette brillantemente per la cura nella rappresentazione di movimenti ed emozioni.
Nella schermata iniziale, gli sviluppatori presentano un trigger warning su alcuni dei temi trattati, in particolari quelli legati al burnout. In realtà, la narrazione – che presenta alcuni momenti davvero brillanti, veicolati anche con innesti di segmenti di gameplay “anomali” rispetto al genere metroidvania – risulta intensa e sentita, ma non eccessivamente dura. Anzi, in alcuni momenti avrei apprezzato se Blue Backpack fosse andato più a fondo. Il fatto è che il mondo in cui Constance si muove ha certamente dei rimandi rispetto alla vita reale – per dirne una, tra i nemici affrontati dalla pittrice ci sono anche delle lampade da scrivania, e non si tratta dell’unico richiamo a oggetti che un artista utilizza ogni giorno – ma risulta, talvolta, stranamente astratto rispetto ai temi che il team di sviluppo vuole trattare. Un esempio è l’ambientazione del circo, che offre davvero poco in termini di potenzialità nel veicolare i messaggi che Constance vuole portare al suo pubblico. Si tratta, va detto, di dettagli che potrebbero tranquillamente sfuggire a un pubblico interessato più al gameplay che alla narrazione portata avanti da Blue Backpack. Parliamo, quindi, delle caratteristiche di Constance in quanto metroidvania.
Partirò con il dire che Constance è un metroidvania estremamente rispettoso del tempo del giocatore. Nel mio caso, ho impiegato meno di otto ore a portare a compimento il percorso della pittrice, dedicandomi in seguito a qualche altra ora di esplorazione per portare a termine le sfide opzionali più complesse. Più che vere e proprie missioni secondarie – ci sono, ma non aggiungono più di tanto alla storia di Constance – si tratta di prove che sfidano le capacità di platforming del giocatore, e che mettono in opera in maniera brillante la variegata pletora di abilità che la protagonista ottiene nel corso dell’avventura. Articolato in quattro biomi principali, il mondo di gioco ospita luoghi che nascondono potenziamenti chiave per poter ampliare le zone esplorabili: si va dall’abilità di scattare trasformandosi in un getto di pittura, fino alla capacità di “agganciarsi” ai nemici e ad appositi appigli per proiettarsi nei livelli, e così raggiungere aree elevate. Alcune abilità consumano Pittura, la risorsa fondamentale della nostra pittrice, e qui le cose iniziano a farsi interessanti. La Pittura è disponibile in quantità limitata; se la si consuma tutta per scattare a ripetizione o svolgere altre azioni che la richiedono, a farne le spese sarà la barra della salute di Constance. Quello del Deterioramento – così si chiama la condizione in cui Constance versa una volta esaurita la Pittura – costituisce un elemento tattico affascinante: astrattamente, potremmo decidere di rischiare e di sacrificare un po’ dei punti vita della protagonista per completare una lunga sezione di platforming o per tentare di infliggere il colpo decisivo a un boss particolarmente complesso. I rimandi al mondo dell’arte non si fermano qui, perché il menu di gioco è articolato in forma di quaderno degli schizzi. In particolare, possiamo potenziare la protagonista grazie alle Ispirazioni, abilità passive di vario genere da piazzare su una pagina di schizzi avente spazio limitato. Le Ispirazioni sono rappresentate da disegni aventi dimensioni differenti, da gestire in un complesso Tetris che apre lo scenario a numerose combinazioni e build possibili.
Constance ha saputo pescare con saggezza dalle migliori suggestioni emerse in questi ultimi anni all’interno del genere metroidvania. Una delle innovazioni più celebrate dell’ottimo Prince of Persia: The Lost Crown è stata quella di permettere di registrare degli screenshot da piazzare sulla mappa, in modo tale da poter tenere d’occhio aree magari inaccessibili al momento in cui vengono intraviste per la prima volta, e ricordarle quando si sblocca una nuova abilità. Perché il metroidvania è (anche) un percorso avanti e indietro, una serie di corsi e ricorsi. In Constance, la protagonista, a pochi minuti dall’inizio del gioco, riceve una macchina fotografica per scattare istantanee della stanza in cui si trova e fissarle sulla mappa: un eccellente espediente diegetico che dimostra, ancora una volta, l’eleganza del pensiero dei designer di Blue Backpack. E anche la flessibilità di determinate soluzioni ludiche. La macchina fotografica, infatti, diventa anche lo strumento fondamentale per affrontare una interessante quest secondarie all’interno dell’Osservatorio. Di più non vi dirò: vi lascio il piacere di scoprire da soli di cosa si tratta. Altrettanto elegante è l’idea di richiamare con un tasto una versione “in piccolo” della mappa in un balloon dal sapore fumettistico, come se si trattasse di un pensiero di Constance. Dubito che questi tocchi di classe resteranno isolati all’opera di Blue Backpack: ho l’impressione che fungeranno da spunto per molti sviluppatori che, in futuro, proveranno il desiderio di avvicinarsi a questo genere così intrigante e complesso. Restando sulla mappa, avrei apprezzato un tratteggio più dettagliato dei confini di ciascuna stanza; i blocchi con cui le sezioni del mondo vengono rappresentate non aiutano la memoria. Fortuna che ci sono le fotografie – e, peraltro, tra gli oggetti che è possibile acquistare rientrano anche pellicole addizionali per la macchina fotografica, da sfruttare senza remore per esplorare gli ambienti al meglio.
A un’esplorazione stimolante e molto aperta – dopo una sezione iniziale piuttosto guidata, le aree possono essere affrontate più o meno in qualsiasi ordine, salvo alcune parti precluse prima dell’ottenimento di abilità specifiche – fa da contraltare un sistema di combattimento tanto semplice quando solido. Il pennello è l’arma principale di Constance, e può essere utilizzato sferrando colpi ordinari o colpi intrisi di Pittura; questi ultimi, come detto, consumano l’indicatore della stessa, da gestire saggiamente se non si vuole sacrificare troppo spesso la vita della pittrice sull’altare della temerarietà (o della semplice distrazione). I nemici rilasciano punti vita o valuta da spendere per acquistare risorse o potenziare le Ispirazioni. Il processo non è automatico: bisogna colpire con il pennello una sfera di cristallo lasciata da ogni avversario sconfitto per ottenere la relativa risorsa. Un tocco a cui mi sono ben presto abituata, e che ho molto apprezzato. Così come ho amato l’approccio non convenzionale all’occorrenza della morte della protagonista. Nessuna schermata di game over: si viene, invece, chiamati a una scelta. Constance può tornare al checkpoint più vicino (senza perdere risorse: il videogioco di Blue Backpack non presenta elementi legati ai soulslike, al contrario di Hollow Knight: Silksong, giusto per fare un esempio molto noto) oppure scegliere di essere afflitta dalla Maledizione del Fantoccio e proseguire. Questa condizione comporta un aumento considerevole dei punti vita degli avversari – secondo le mie stime, basate sui colpi necessari per sconfiggere i nemici base, si tratta di un incremento pari a più o meno il 50% dei punti di base – e la presenza, intorno a loro, di un campo di forza che danneggia Constance al contatto, ma che può essere dissipato utilizzando la Pittura. Un’altra soluzione che presenta profili di originalità, e che aggiunge complessità strategica in un titolo che non richiede decine di ore per essere completato, ma che ingaggia continuamente il giocatore presentandogli soluzioni di design che puntualmente ho trovato profonde e affascinanti.
E tutto si riflette negli scontri contro i boss. Non ho sempre apprezzato il design visivo dei nemici – talvolta un po’ prosaico, a mio avviso – ma ogni battaglia contro gli avversari per così dire “principali” di Constance presentava una necessità di coniugare abilità nel platforming e nel combattimento che mi hanno lasciata puntualmente di stucco. Per fare un esempio, un boss presenta fasi in cui può essere attaccato direttamente, e una sezione in cui è necessario completare una difficile ascesa in un tempo limitato per potergli infliggere una quantità notevole di danni. È un approccio fresco, che apre a tante possibilità, e spesso ottiene una sponda potente da una colonna sonora che dà il suo meglio proprio in questi momenti.
Ho giocato Constance su Steam Deck e l’esperienza è stata a dir poco impeccabile. Va detto che risulta molto, molto più semplice giocare questo e altri metroidvania con un controller tradizionale, mettendosi davanti al PC. Tuttavia, Steam Deck è e resta la mia indie machine per eccellenza e ho voluto metterla alla prova anche in questa occasione, con successo. E altrettanto eccellente è la traduzione dei testi in lingua italiana, una scelta coraggiosa (e da premiare) per un team indipendente che avrebbe benissimo potuto scegliere di risparmiare su questo aspetto – e ha deciso di non farlo. Un ulteriore elemento in più per promuovere la produzione di Blue Backpack.
Dopo aver visto i titoli di coda e averci pensato su un po’, resto convinta che Constance avrebbe potuto affondare di più gli artigli nel comparto narrativo, e “unire” con maggiore convinzione la sua storia con il mondo di fantasia che fa da metafora ai tormenti della nostra artista. Resta un prodotto che sceglie di parlare delle vite complicate di noi giovani, di burnout, di affetti, di arte. E lo fa con una filosofia di design sofisticata da ogni punto di vista, e con soluzioni puntualmente eleganti e d’effetto. Sono fermamente convinta che alcune delle idee di Constance faranno scuola in futuro. E io non vedo l’ora di scoprire quali saranno i prossimi progetti di Blue Backpack.
Pubblicato il: 24/11/2025
Provato su: PC Windows
Il tuo supporto serve per fare in modo che il sito resti senza pubblicità e garantisca un compenso etico ai collaboratori
FinalRound.it © 2022
RoundTwo S.r.l. Partita Iva: 03905980128