La soddisfazione placida di Switch 2
Poco meno di un mese con la nuova console di Nintendo: il feeling, l’esperienza di gioco e quello che si può intuire sul suo futuro.
Nintendo Switch 2 non è una console interessante. Può essere considerata una console affidabile, promettente e addirittura conveniente, oltre che rispettabile e di sicuro unica rispetto alla concorrenza. Ma nessuno dei suoi tratti va scoperto, capito e studiato. Non può giocarsi la carta del fascino misterioso e, per questo, scrivere un articolo che miri a esplorarne la filosofia è complicato (se non addirittura inutile). Se state leggendo questo pezzo, la possibilità che non abbiate idea di cosa sia stata e sia tuttora Switch è quasi inesistente. Switch 2 è quella stessa console, aggiornata per il mercato in cui si ritrova a dover sgomitare. Le prime sbracciate sono state efficaci: con oltre 3,5 milioni di unità vendute, Switch 2 si è imposta come la console di maggior successo nei giorni di lancio. In Giappone ha addirittura surclassato il risultato del 2000 di PlayStation 2. Numeri che liberano subito la strada verso l’obiettivo dichiarato da Nintendo: toccare quota 14 milioni entro il termine di questo esercizio fiscale, cosa che avverrà il 31 marzo 2026.
La domanda che verrebbe più naturale farsi, allora, è se valga la pena acquistare Switch 2. Ma anche questa volta rispondere sarebbe impossibile, perché sono troppe le variabili da tenere in considerazione e innumerevoli le inclinazioni e le esigenze personali che possono far pendere il giudizio da una parte o dall’altra. Quello che si può sicuramente fare è raccontare come è Switch 2 da vicino, quali siano le sensazioni che può dare a chi, come me, gioca da molti anni e che, con la console Switch già disponibile da anni, ha passato un sacco di tempo.
Addio Biltmore
Nel 2001 Satoru Iwata era direttore e general manager della Corporate Planning Division di Nintendo. Il 16 maggio, all’hotel Biltmore di Los Angeles, Stati Uniti, tenne un discorso che, per la prima volta, spiegò al mondo in cosa Nintendo si riteneva differente rispetto al resto dei grandi attori del settore (già allora limitati a Sony e Microsoft). Oltre a presentarsi come un’azienda dedicata all’intrattenimento e non alla tecnologia, cosa che invece accomunava Sony e Microsoft secondo Iwata, la “Nintendo Difference” (la formula era scritta nero su bianco sul palco della sala conferenze) venne introdotta come una realtà che si appoggiava su quattro pilastri. Partendo dal fondo, cioè da quello che Iwata elencò per ultimo: l’eredità culturale di Nintendo, che poteva contare su più anni di esperienza di Sony e Microsoft e le cui console da casa “hanno sempre avuto successo in tutto il mondo”, spiegò Iwata. Poi, risalendo: la disponibilità “delle serie e dei personaggi di maggior successo nel mondo”, riferendosi a Zelda, Mario, Donkey Kong e Pokemon. Il secondo caposaldo era la qualità dei propri videogiochi, che per Iwata e Nintendo non poteva essere equiparata a quella riscontrabile altrove (a proprio vantaggio, naturalmente). Il primo punto della “carta” della Nintendo Difference era l’innovazione: “facciamo di tutto per proporre sempre qualcosa di nuovo, a cui nessuno abbia pensato prima”, disse Iwata, “ammetto che a volte ha funzionato meglio di altre”. Una nota: Iwata sarebbe stato promosso a presidente poche settimane più tardi.
Il passaggio dati: sì, ma anche no
Chi ha già utilizzato il suo account Nintendo con Switch, si vedrà proporre da Switch 2 il passaggio completo dei dati fin dalla prima accensione. Avviene esattamente quello a cui si è ormai abituati quando si cambia il telefono: mantenendo le due console a distanza ravvicinata, si ritroverà in quella nuova ogni software e ogni salvataggio già a disposizione, così come tutte le impostazioni di base.
Se per caso vi trovaste a distanza dalla vostra Switch nel momento in cui accendete per la prima volta Switch 2, verrete bloccati: non è possibile eseguire il passaggio di dati in un secondo momento e quindi vi toccherà aspettare di averle entrambe gomito a gomito. Oppure, come ho fatto io, fregarvene bellamente del passaggio di dati ed entrare sparati nella nuova generazione di Nintendo. Avendo un abbonamento a Nintendo Switch Online, ho potuto comunque sincronizzare i salvataggi via cloud e quindi mi è rimasta solo l’incombenza di dover scaricare qualche gioco (tra cui l’immancabile Virtua Racing della serie Sega Ages, compratelo anche voi – in attesa dell’aggiornamento per i 120 fps!).
Un’esperienza condivisa (con il passato)
Il mio rapporto con Switch, la console del 2017, è stato eccellente. L’utilizzo che ne ho fatto? Costante. Prima con il modello standard e poi con quello Oled. Ho giocato molto e in tutte le modalità previste. Essendo abituato a una vita da pendolare, l’ho utilizzata come console portatile e come hardware da gioco collegato al televisore. Fin da subito mi sono abituato a dare per scontata l’assenza dei grandi giochi delle terze parti dal catalogo di Switch, cosa che ha ridotto la sensazione di avere tra le mani una macchina particolarmente vecchia, quando le sue ultime primavere si sono avvicendate (anche se gli scricchiolii di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, li ho sentiti). Switch 2 mi ha dato quello che, immagino, Nintendo voleva che desse a me e alla maggioranza del suo pubblico: l’illusione che quella stessa console fosse stata scambiata nottetempo con una configurazione più potente, ma lasciando inalterato lo spirito e l’idea di base. Sapere di poter di nuovo fare affidamento su un dispositivo che già hai apprezzato e che ora potrai eventualmente apprezzare ancora di più, anche perché svecchiato nella sostanza dei processori e dei coprocessori, è rilassante.
In questo senso, Mario Kart World e Cyberpunk 2077: Ultimate Edition sono i giochi di lancio perfetti. Perché rappresentano con onestà quello che Switch 2 vuole e può offrire: esperienze molto simili al passato prossimo di Switch, ma più rifinite e in linea con le aspettative tecnologiche di una console portatile del 2025 (Mario Kart World). Oppure un gioco che fino a poche settimane fa era impensabile trovare su Switch, ma che la strada della maggiore prestanza computazionale come principale innovazione, scelta da Nintendo per Switch 2, rende praticabile (Cyberpunk 2077: Ultimate Edition). In quest’ultimo caso rimane sempre da capire quanto il discorso terrà sul medio e lungo periodo. Il salto in avanti tecnologico di Switch 2, rispetto al predecessore, sembra in effetti più esteso rispetto a quanto non ci si sarebbe aspettati. Anzi, riformulo: il rapporto tra le due console e le loro configurazioni hardware, in relazione alle possibilità e alle aspettative nel periodo di uscita, non è uguale. Switch 2 non è potente quanto lo sarebbe stato Switch se fosse stato messo in vendita nel 2025. L’idea è che abbia spinto di più sull’acceleratore, anche grazie alle promesse del DLSS di Nvidia, che potrebbe prendersi la responsabilità di far fare alla console quel passo in più che le consentirebbe di non perdere immediatamente il treno dei grandi progetti multipiattaforma, destino che attende cronicamente le console di Nintendo. Rimane poi da capire fino a che punto le possibilità dell’Unreal Engine 5 potranno essere utilizzate su Switch 2.
Però il feeling, oggi, è convincente e la somma tra la continuità filosofica con il passato e quell’accelerata nella potenza di calcolo porta alla sensazione di poter avere sempre più giochi sempre più ricchi tecnicamente, a disposizione come e quando si vuole. Questo non deve far perdere di vista la chiara distanza che c’è ancora, e sempre ci sarà, tra le console della concorrenza, che garantiscono il massimo che oggi si può chiedere agli stili di gioco che vanno per la maggiore (a discapito della portabilità, che è comunque una caratteristica che va acquisendo sempre più rilevanza nel grande pubblico).
Se poi Nintendo ha ripreso qualcosa da Sony, scegliendo di dare alla sua console lo stesso nome e un numero incrementale in fondo a destra, da Microsoft ha pescato l’idea (non particolarmente originale) di mantenere lo stesso ambiente di utilizzo. Purtroppo. Ho apprezzato il nuovo set di effetti sonori dell’interfaccia di Switch 2, così come la generale reattività di ogni schermata: finalmente consultare la sezione Nintendo Switch Online o l’eShop non prevede più di dover sopportare ritardi e rallentamenti costanti. Il punto però è che ho dovuto apprezzare gli effetti sonori, che è poi il segnale di quanto avrei preferito trovarmi di fronte a qualcosa di totalmente nuovo. L’interfaccia utente di Switch 2, che è condivisa quasi integralmente con quella di Switch (rimangono escluse le risorse come Game Chat, naturalmente), riprende quindi in toto quella a cui ci si era abituati. E l’interfaccia di Switch non era la realizzazione ultima del sogno di ogni videogiocatore, per quanto potesse vantare una buona intuitività e godere di un’efficienza incontestabile.
È stato molto migliore il rapporto sviluppato con la console in sé, cioè con l’oggetto. Il salto di qualità rispetto a Switch mi è sembrato subito molto chiaro. In qualche misura può aver contribuito la scelta cromatica che ha vestito la console di un grigio/nero piuttosto rigoroso. Switch 2 si prende immediatamente più sul serio rispetto al sistema del 2017, ma gli inserti color pastello/fluo sotto agli stick analogici aggiungono quel minimo di stile tagliente che le permette di raggiungere un buon equilibrio. E lo dico ammettendo che, per me, il colore perfetto di ogni console è uno tra il giallo banana, il verde fluo e il viola GameCube (<3). Le dimensioni leggermente più generose si sentono e giocano a favore dell’ergonomia generale. Ma sono soprattutto gli agganci magnetici dei Joy-Con 2 e la qualità dello schermo integrato ad avermi sorpreso. La velocità e la semplicità con cui si attaccano e staccano i Joy-Con 2 non ha nulla a che vedere con quella concessa dai binari meccanici di Switch e, tenuto in considerazione quante volte ho già dovuto scollegarli e ricollegarli per le partite in multiplayer a Mario Kart World e non solo, l’esperienza generale di utilizzo di Switch 2 è già migliore di quella di Switch. Gli stessi Joy-Con 2 sono lievemente più voluminosi e si perdono un po’ meno nelle mani delle persone adulte (ma, utilizzati singolarmente, rimangono una soluzione temporanea e di fortuna, a cui non provare nemmeno ad abituarsi).
Lo schermo LCD, come dicevo, è insospettabilmente uno dei punti di forza di Switch 2. Nei mesi precedenti alla presentazione, con le voci riguardo all’utilizzo della tecnologia LCD e non Oled che si rincorrevano, ho pensato seriamente che questo sarebbe stato il motivo per cui non avrei comprato Switch 2 al lancio. Dopo averlo provato per una ventina di minuti agli eventi di presentazione di Nintendo, avevo già cambiato idea. Il nero non sarà nero come sullo Switch modello Oled, ma la resa generale è di buonissima qualità e ha poco a che spartire con quella dello schermo del 2017 di Switch. La risoluzione a 1080 punti e Il supporto all’HDR 10 contribuiscono ulteriormente, e in maniera sensibile, ad alleggerire le mancanze della tecnologia LCD rispetto a quella Oled. E parlando di HDR, ma con riferimento al televisore di casa: assicuratevi di calibrarlo al meglio.
Usare le schede gioco virtuali
Se c’è poco da scoprire del funzionamento della console e per quanto il sistema operativo sia rimasto largamente intoccato, c’è almeno la novità introdotta da Nintendo nei giorni precedenti all’arrivo di Switch 2: le schede gioco virtuali. Sono una formula più intuitiva per immaginarsi i giochi acquistati in digitale, così da rendere almeno un po’ più naturale e comprensibile la gestione degli stessi attraverso gli account. Asciugato al massimo, il concetto è che, oggi, utilizzare lo stesso account su più console porta a dover scegliere dove utilizzare i giochi.
Le prime settimane di Switch 2 mi hanno rasserenato sulla comodità del sistema, in linea generale. Se voglio utilizzare Super Mario Odyssey sul vecchio Switch modello Oled, seleziono il mio utente/profilo e “carico” il gioco in quella console. Un’animazione simula l’inserimento del gioco nello slot della console. Se decido di fare lo stesso su Switch 2, il gioco non sarà più disponibile sul modello Oled. Per fare sì che possa giocarci mio figlio, inserisco il suo account nel mio gruppo famiglia e quindi gli presto virtualmente il gioco (che lo utilizza con il suo account sul vecchio modello base di Switch). È tutto abbastanza comprensibile, con un paio di accortezze: due console che utilizzano lo stesso account devono essere sincronizzate una tantum attraverso un sistema di comunicazione wireless in locale, cioè devono essere presenti nello stesso luogo.
C’è comunque un modo per utilizzare i propri giochi senza dover caricare la scheda di gioco virtuale ed è possibile con l’opzione “Usa licenze online”, da attivare nella pagina delle impostazioni dell’account. Questa configurazione impedisce, però, agli altri utenti presenti sulla stessa console di giocarci e richiede il controllo della licenza attraverso una connessione alla rete.
Quindi, per capirci:
Scheda di gioco caricata sulla console:
Scheda di gioco non caricata sulla console e utilizzo licenze online:
Condivisione, di tutti i tipi
Nella comunicazione di Nintendo ha avuto ampio spazio GameChat, il servizio di chat vocale (anche video) e di condivisione della schermata di gioco. Una risorsa finalmente inserita nel corredo delle app di sistema di una console di Nintendo, vent’anni dopo il debutto del primo sistema di gioco online con Mario Kart DS, quello che allora era noto come Nintendo Wi-Fi Connection. C’è voluto un po’, insomma, ma oggi Switch 2 è allineata alla concorrenza. In qualsiasi momento si può creare un gruppo di persone con cui parlare, utilizzando semplicemente il microfono integrato nella console e l’uscita audio del televisore o le casse di Switch 2. Qualsiasi webcam può essere collegata e utilizzata per includere le riprese video nella chat e una versione a frame rate ridotto del feed della propria partita può essere condiviso con il gruppo. Di ogni partecipante può essere visualizzata anche l’attività in corso.
Ci sono dei limiti fastidiosi, come l’impossibilità di allargare il gruppo ad altri utenti dopo che è già stato aperto (in caso di bisogno si deve chiudere il gruppo esistente e aprirne uno nuovo). Oppure la cronicità con cui GameChat si scorda delle impostazioni selezionate nella sessione precedente, che obbliga a scegliere ogni volta se ridurre la porzione di immagine di gioco su schermo, così da poter ospitare l’interfaccia di GameChat, o se nasconderla del tutto ed evitare di sacrificare anche un solo pixel della propria partita. Il microfono integrato, però, funziona bene e la semplicità con cui si inizia a parlare, sia che si tenga la console in mano o che ci si trovi a un paio di metri di distanza perché è nella base collegata al televisore, aiuta a tenere sempre GameChat in alta considerazione. Parafrasando il Sig. Armstrong: “un piccolo passo per l’umanità, un gigantesco balzo per Nintendo”. GameChat sarà disponibile gratuitamente fino alla fine di marzo 2026, dopodiché verrà riservata agli abbonati a Nintendo Switch Online. Una mossa che da una parte ricorda che il vero amore di qualsiasi multinazionale è per i suoi azionisti e, dall’altra, che Nintendo capisce bene quanto sia essenziale allargare il bacino di persone iscritte a Nintendo Switch Online.
Anche Game Share riguarda il software, ma pure il concetto di generosità appena tirato in ballo. È la funzione che mette in collegamento più console Switch, a partire da Switch 2 che può trasmettere l’immagine ad altre Switch 2 o Switch e riceverne i dati. La tecnologia, un adattamento di quella elaborata da Nintendo con il GamePad di Wii U, apre la porta alla condivisione di alcune modalità multigiocatore di giochi specifici. A differenza di GameChat, il supporto non è sistematico e va deciso caso per caso, da editori e sviluppatore. Tra i primi a farne uso ci sono Fast Fusion di Shin’en Multimedia e Split Fiction di Electronic Arts (così come altri giochi di Switch, aggiornati per l’occasione, tra cui Super Mario Odyssey e Captain Toad: Treasure Tracker). GameShare funziona e trasporta in questi anni di brutalismo e di licenze chiuse, la sensazione di comunione delle partite con una sola scheda gioco a Mario Kart Super Circuit o Mario Kart DS. Peccato non poterci fare affidamento anche in Mario Kart World.
Topolino spaurito
La modalità di utilizzo dei Joy-Con 2 come mouse è ancora alle sue prime mosse e se in futuro non dimostrerà qualcosa di più, sarà difficile prevedere una fine diversa da un veloce scivolare nell’oblio. Il problema sta tutto nell’ergonomia dei Joy-Con 2, distantissima da quella di un normale mouse. Ho provato a far viaggiare un Joy-Con 2/mouse sulla gamba e sul divano, su un libro e su un tavolo, con Cyberpunk 2077: Ultimate Edition e Kunitsu-Gami, ma il risultato è stato molto simile: una costante sensazione di affaticamento della mano e la necessità di continuare a spostare le dita e controllare dove stessero finendo e cosa stessero premendo. Se quest’ultimo fastidio può essere risolto nel tempo e formando un’abitudine all’utilizzo, il primo è strutturale e non vedo come potrebbe essere schivato.
La compatibilità totale con il software di Switch, al di là di casi molto rari e molto specifici, ha introdotto in Switch 2 anche il discorso degli aggiornamenti che, in alcuni casi, adattano una manciata di giochi alle maggiori capacità tecnologiche della nuova console. Per ora la tirata a lucido è limitata ad alcuni giochi pubblicati da Nintendo. Tredici di questi godono di un aggiornamento gratuito, che generalmente ne può aumentare la fluidità e la risoluzione dell’immagine, introdurre il supporto all’HDR o aggiungere il supporto a GameShare. La redazione di Digital Foundry ha riassunto bene in cosa consistono gli interventi principali. Sono invece “gratuiti” solo per chi ha un’iscrizione a Nintendo Switch Online con Pacchetto aggiuntivo gli aggiornamenti di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, disponibili altrimenti al prezzo di 9,99 Euro.
Breath of the Wild è il mio Zelda preferito o comunque quello a cui ho giocato di più. Tears of the Kingdom mi ha perso per strada, un po’ per colpe sue e forse ancora di più per colpe mie. Sono tornato a vagare per le loro Hyrule su Switch 2, ritrovandole in forma perfetta. Anzi, molto meglio di quanto me le ricordassi. I sessanta frame al secondo fanno di entrambi i giochi esperienze burrose e più accoglienti, mentre il supporto all’HDR si fa notare quando i panorami si aprono e gli effetti di luce diurni e notturni dipingono vallate e scorci ancora più ruffiani. I dieci euro richiesti ai non abbonati sono una mossa poco accogliente, ma se come me avete ancora qualche questione aperta con uno dei due, ha assolutamente senso prendere in considerazione l’investimento. Nella speranza che pacchetti simili, nei risultati, raggiungano sempre più giochi di Switch su Switch 2.
Il Pro Controller 2 è un’altra cosa
Il nuovo Pro Controller di Switch 2 somiglia parecchio al vecchio Pro Controller di Switch. Eccetto che per due cose: il prezzo è stato alzato a circa 90 euro, contro i circa 70 di quello precedente, e… e la qualità pure. Ho acquistato il Pro Controller di Switch 2 preso dalla frenesia del day one della console, convinto di aver di fatto bruciato alcuni fogli da dieci euro così, tanto per avere quanti più aggeggi nuovi fiammanti fosse possibile avere. E invece no, invece il Pro Controller di Switch 2 è sensibilmente migliore del già ottimo controller che ho usato negli otto anni precedenti.
A essere cambiata è principalmente la fattura. I materiali sono migliori e più piacevoli, con l’effetto grigio scuro e opaco che rende il dispositivo quasi vellutato. La pesantezza dà la sensazione di avere tra le mani un controller più solido e in effetti il feedback di ogni tasto, delle levette analogiche e della croce direzionale, è di livello eccellente. La distanza con i controller per giocatori professionisti (o aspiranti tali) realizzati e venduti da altri, in primis da Microsoft e da Sony, è comunque molto chiara: qui non c’è modo di personalizzare le corse e la reattività di grilletti e stick, o di aggiungere e togliere peso alle impugnature. Ci sono solo due aggiunte reali rispetto al modello del 2017. La prima è quella di due pulsanti, GL e GR, che possono replicare la funzione di un qualsiasi altro pulsante standard e che si trovano nei pressi dell’area in cui finiscono per riposare le due dita medie. La seconda è, finalmente, un’uscita per le cuffie.
Chi pensa di passare molte ore giocando con Switch 2 in modalità TV, farà bene a prendere in considerazione l’acquisto di questa riedizione del Pro Controller.
Il futuro è lontano
Della “macchina” Switch 2 c’è ancora molto da mettere sul tavolo, ma solo se si è particolarmente ingrifati di hardware e ingegneria. Il funzionamento degli agganci magnetici, il rinnovato sistema di vibrazione all’interno dei Joy-Con 2, il modo in cui funzionano i filtri del microfono che lo rendono utilizzabile anche da distanza per la GameChat o addirittura il modo in cui sono state ripensate le casse interne della console. Istruzioni e spiegazioni dettagliatissime sono incluse in Nintendo Switch 2 Welcome Tour, la madre di tutte le amabili truffe perpetrate da quelli di Kyoto nei nostri confronti: un software illustrativo curato, che spiega cosa è Switch 2 attraverso un museo interattivo che raccoglie l’eredità dei Wii Fit. Con uno stile algido da video informativo, ma che riesce a essere in qualche modo amichevole, mette in fila tutto quello che succede dentro e attorno alla console. Al prezzo di dieci euro.
Qui il discorso non è lo stesso fatto per il nuovo Pro Controller, perché di Nintendo Switch 2 Welcome Tour si può fare tranquillamente a meno e perché l’idea stessa di renderlo un prodotto per la vendita è irrispettosa. Poi che costi poco meno di dieci euro o il doppio, non cambia affatto la sostanza.
Come facilmente sospettato, Switch 2 è già oggi la versione migliore di Switch. Nintendo non ha solo adeguato al 2025 l’hardware della sua console, ma ha spinto più del previsto sul pedale della potenza di calcolo. C’è poco da scoprire oggi, allora, tolte i banali ma apprezzabili servizi di GameChat e GameShare. Ci sarà molto di più da scoprire nei prossimi mesi e negli anni che verranno, quando diventerà più chiaro fino a che punto riuscirà a spingersi la console ibrida di Nintendo. Una misurazione che andrà fatta non tanto sui risultati portati a casa dalle sue produzioni interne, quanto più sulla frequenza con cui riuscirà a intercettare i grandi giochi multipiattaforma delle terze parti.
Pubblicato il: 30/06/2025
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