IL 2022 IN CINQUE GIOCHI PICCOLI

Anche sul 2022, infine, cala il sipario. La fine dell’anno è l’occasione per guardarsi alle spalle e mettere in prospettiva tutte le pubblicazioni migliori, magari con l’intenzione di dare qualche colpettino al backlog che ruggisce sempre minaccioso. Ecco, in un periodo in cui anche l’industria prova a tirare le somme sui videogiochi pubblicati negli ultimi 365 giorni, trovo che sia giusto dare un minimo di visibilità ad alcuni dei titoli più piccoli e meritevoli degli scorsi mesi.

È stato un anno strano, in cui i Tripla A di grandissimo successo sono stati pochi ma hanno avuto la capacità di attirare tanta attenzione su di sé. Il chiacchiericcio intorno ad Elden Ring è durato mesi e ha virtualmente eclissato qualsiasi videogioco abbia avuto l’ardire di mostrarsi sul mercato durante la scorsa primavera. Lo stesso si può dire di Stray, che ha monopolizzato l’interesse del pubblico per il mondo delle produzioni indipendenti (per quanto Stray, a conti fatti, non sia realmente un videogioco indie), sviando l’attenzione da opere meravigliose come Citizen Sleeper o Immortality.
Badate bene: quella che segue non è una lista dei migliori giochi indie del 2022, ma una raccolta di consigli di quelli che sono stati, a mio parere, alcuni dei videogiochi “piccoli” più meritevoli di discussione e approfondimento pubblicati nell’ultimo anno.

NORCO

Io e i punta e clicca abbiamo - generalmente - un pessimo rapporto. Non ho vissuto in prima persona l’epoca d’oro di Lucas Arts e Sierra, anche perché sono sempre stato un giocatore prevalentemente console, e quando ho avuto l’occasione di provare qualcosa ho sempre fatto una gran fatica ad ignorare quanto certe soluzioni stilistiche e narrative fossero invecchiate. Anche io che sono vecchio dentro di fronte a certe cose non riesco a non vacillare, e sotto sotto mi dispiace perché mi rendo conto sia prevalentemente un mio limite. Ogni tanto, però, quest’industria riesce a sorprendermi e a mettere in dubbio le mie convinzioni. NORCO, opera prima di Geography of Robots, è stata forse una delle più grandi sorprese dell’anno in questo senso. Sì, perché NORCO è un punta e clicca dall’impostazione piuttosto classica, ma nonostante questo mi ha tenuto incollato allo schermo dall’inizio alla fine con la bocca spalancata in uno stato di semi-adorazione perenne.

NORCO racconta la storia di Kay, una giovane ragazza fuggita a gambe levate dalla città della Louisiana che dà il nome al gioco, e costretta a tornare a casa dopo la morte di sua madre. Lo fa con i ritmi pigri delle paludi di New Orleans e di quel bayou che è metafora del paese, proprio perché incarna alla perfezione il modo di vivere della periferia americana adagiata al limitare degli acquitrini. NORCO racconta la vita di chi vive ai margini, degli abitanti di città nate all’ombra delle raffinerie di petrolio che ne parassitano l’orizzonte, e di tutte le vittime impotenti di un sistema che le ha incastrate all’interno di dinamiche sociali ed economiche da cui è praticamente impossibile sfuggire. La raffineria si è presa tutto: ha distrutto l’ecosistema, ha stravolto la morfologia delle paludi rendendole innavigabili, ha inquinato l’aria e ha divorato la vita di un numero spropositato di persone colpevoli solamente di essere nate troppo povere per potersi permettere di scappare una volta per tutte.

Kay torna a casa dopo la morte di sua madre Cahterine, scopre che suo fratello è sparito nel nulla e che la multinazionale a capo della raffineria ha fatto irruzione in casa sua per mettere le mani sulle ricerche che Catherine stava facendo su uno strano oggetto in cui si era imbattuta in mezzo alle paludi alle porte della città. Questa è la miccia che mette in moto un racconto che flirta spesso e volentieri con l’assurdo e con certe fascinazioni che si potrebbero definire vagamente cyberpunk, mentre sullo sfondo si intrecciano un folle culto messianico che vuole trasferire i suoi adepti nello spazio e una cospirazione corporativa che sembra voler celare la verità sulla raffineria e sulle sue colpe nei confronti dei cittadini di Norco. Il tutto si svolge in una Louisiana futuristica e disperata, popolata esclusivamente di relitti umani che sembrano in attesa del permesso di morire e di robot senza padrone alla ricerca di sé stessi. NORCO è l’equivalente di un film di Harmony Korine, la fotografia di un’America industriale e periferica che ricorda da vicino la Taranto ostaggio delle esalazioni dell’ILVA, la Rosignano-Solvay con le sue spiagge all’arsenico e gli scorci della Falconara cresciuta attorno alla raffineria Api. Al netto di qualche vecchiaggine tipica del genere e di qualche imperfezione narrativa dell’ultimo atto, NORCO è un videogioco pazzesco che merita di essere scoperto e recuperato perché la sua atmosfera è tra le cose migliori di questo 2022. Tra l’altro dura poco ed è incluso all’interno dell’abbonamento a Game Pass, quindi di facilissima fruizione.

TUNIC

Ai trailer di Tunic ho risposto quasi sempre sbadigliando. Che l’opera prima di Andrew Shouldice potesse rivelarsi l’ennesima cover banale di uno Zelda 2D qualsiasi, dopotutto, ce lo si poteva aspettare senza grossi problemi perché sì, il mondo Indie ci ha regalato perle inestimabili, ma è anche vero che ci ha sommerso di videogiochi derivativi e senza nulla da dire. Quando ho deciso di dare un’opportunità alla volpina Link-wannabe l’ho fatto quindi con bassissime aspettative. Poche volte mi sono sbagliato così tanto in vita mia. Tunic è un videogioco intelligentissimo, perché di facciata è effettivamente un accorato tributo ai The Legend of Zelda in due dimensioni, ma basta passare pochissimo tempo in sua compagnia per rendersi conto che è molto, molto più di un semplice videogioco nostalgico.

Tunic guarda al primo The Legend of Zelda, ma lo fa con la consapevolezza di esistere in un mondo in cui quel concept è passato per le mani di Hidetaka Miyazaki per trasformarsi in Dark Souls e che da quel momento non è più stato possibile tornare indietro. Shouldice non ha tentato di ricreare The Legend of Zelda, quanto più di rievocare il feeling di chi l’ha giocato ai tempi della sua prima pubblicazione e quel sense of wonder che ha fatto innamorare i primi fan della saga. Tunic parla la lingua di quei videogiochi in cui non c’era spazio per le parole, e che quindi delegavano al manuale presente dentro alla scatola il compito di raccontarne la trama e il mondo. Lo fa inserendo al suo interno le pagine di un manuale digitale scritto in una lingua inesistente che - mano a mano che lo si va a ricomporre - offre qualche piccolo consiglio sulle meccaniche, mostra mappe e segreti e ricostruisce la storia del suo mondo in rovina. Shouldice ha raccontato che il suo intento era quello di ricreare l’esperienza di quando, da bambino, ha giocato ad una copia giapponese del primo Zelda: Tunic, di fatto, è una celebrazione di quella sensazione lì, che ha accomunato chiunque avesse meno di dodici anni e la fortuna di trovarsi per le mani dei videogiochi troppo complicati per essere compresi, ma con cui si è creato nel tempo un legame emotivo profondo e sincero. L’accordo di esclusività con il Game Pass di Microsoft è scaduto e Finji lo ha pubblicato su tutte le piattaforme quindi lo si può recuperare con estrema facilità.

OLLIOLLI WORLD

L’industria ha questo strano bisogno di classificare i capitoli della serie OlliOlli come se fossero dei videogiochi sportivi solamente perché sono titoli incentrati sul mondo dello skateboarding. Lo dimostra il fatto che anche ai The Game Awards di quest’anno OlliOlli World competesse con Gran Turismo 7 e Fifa 23 nella categoria sports/racing. La verità è che OlliOlli World è forse il parente più prossimo che esista dei Sonic 2D, quindi un platform non lineare che corre a velocità terrificanti e che spesso assomiglia pericolosamente ad un flipper impazzito. La differenza sta nel fatto che non basta portare a termine ogni singolo stage ma bisogna farlo con stile, inanellando la più lunga serie possibile di trick spaccamascella. Roll7 si è affacciata sulla ormai current gen con quello che è di sicuro il capitolo più ambizioso e riuscito della serie, merito anche del budget decisamente più corposo messo in campo da Take-Two Interactive tramite la sua Private Division

OlliOlli World è stato un toccasana. Un’esperienza arcade fino al midollo capace di adattarsi perfettamente alla modernità evolvendo la formula del passato in un gameplay che diventa sempre più profondo ogni volta che si prosegue nella sua campagna principale. Un’esperienza super scalabile e quindi adattabile a tutti, condita da un’estetica deliziosa e, soprattutto, da un gameplay loop capace di spingere chiunque a provare e riprovare lo stesso stage più e più volte in cerca dell’highscore da presentare agli amici quasi come se fosse un guanto di sfida. Tra l’altro la modalità single player è costruita proprio come se fosse il più classico dei tour itineranti, però stavolta è ambientata all’interno di un mondo cartoon a tinte pastello ultra-inclusivo e popolato da sciroccati pazzi per lo skate. Radlandia è l’eden dello skateboarding, un posto magico in cui tutti aspirano a raggiungere il Gnarvana dove si dice vivano le divinità dello skateboard che si sfidano per trovare il trick più stiloso di tutti. Sullo sfondo c’è un mondo in cui le foreste sono popolate da api giganti in rivolta contro la deforestazione, i deserti pullulano di alieni e le città sono state infestate da fabbriche e inquinamento diventando praticamente inabitabili. Insomma, OlliOlli World è molto di più di un semplice gioco di skateboard, e il suo gameplay loop diventa una droga fin troppo in fretta. Vi avviso: preparatevi ad avere a che fare con i pollici doloranti dopo una sessione, ma sappiate che ne vale la pena. Anche in questo caso si parla di un gioco uscito su tutte le piattaforme possibili, quindi sceglietene una e lanciatevi.

A MUSICAL STORY

Non ricordo perché io sia venuto in contatto con la demo di A Musical Story, ma una volta arrivato in fondo mi aveva già catturato e convinto a voler mettere le mani sul gioco completo. A Musical Story è una vera e propria rock opera mascherata da rythm game narrativo, quasi come se fosse unconcept album strumentale prestato al videogioco per potersi esprimere al meglio. Si tratta di un gioco estremamente semplice nelle sue meccaniche (al punto che si gioca utilizzando solamente due tasti) che però si allontana dalla lunga tradizione dei giochi musicali, spesso incentrati interamente sulla costante ricerca della perfezione assoluta della propria esecuzione, per cercare di essere altro. Questo non significa che A Musical Story sia un videogioco facile, tutt’altro: è un’opera che racconta l’atto creativo dietro alla composizione musicale e che per questo esige da chi sta seduto dall’altra parte dello schermo una dedizione completa al tempo e al ritmo, dal momento che nasconde volontariamente ogni possibile riferimento visivo al giocatore. Nella sua recensione per PC Gamer Tom Sykes ha scritto che questa ossessione per la continua ripetizione delle singole partiture è forse il ritratto più accurato di quello che significa davvero imparare a suonare una canzone e, da ex musicista, non posso che essere perfettamente d’accordo con lui.

Un rythm game narrativo si diceva, anche se totalmente orfano di parole; a parlare è solamente la musica, che racconta di Gabriel, della sua band e del loro viaggio verso il festival di Pinewood dove sognano di esibirsi di fronte al pubblico in visibilio. È il sogno di tutti quei rocker degli anni ‘60 che riuscivano ad emergere dalle periferie povere e ad evadere dalla loro condizione senza sbocchi solamente grazie alla musica. Nonostante i chiarissimi rimandi alle figure di Joni Mitchell e di Jimi Hendrix però, A Musical Story non è un semplice tributo agli anni di Woostock ma il racconto sincero di cosa significhi essere innamorati della musica, oltre che il vivere assieme al demone della tossicodipendenza. Musica e immagini, in questo senso, dialogano perfettamente, grazie a quella che è sicuramente una delle colonne sonore migliori dell’anno e a delle animazioni che citano le grafiche dell’epoca. Ventiquattro tracce più qualche extra utile a sbloccare il finale alternativo intervallate tra loro da delle splendide animazioni che illustrano le varie tappe del road trip dei protagonisti attraverso un’America polverosa ma piena di speranze. Da sottolineare tra l’altro come progredendo nella storia ci si allontana progressivamente dalle sonorità rock di quegli anni per avvicinarsi, in certi frangenti, a suoni decisamente più moderni. 

È un peccato che si sia parlato così poco di A Musical Story, perché al netto di una struttura che potrebbe occasionalmente diventare un po’ frustrante per i meno capaci è un piccolo gioiellino in cui gameplay e narrativa dialogano meravigliosamente e uniscono le forze per raccontare una storia che forse non sarà la più innovativa del mondo ma che sa andare a toccare i punti giusti. E pensare che per tutto questo basta davvero utilizzare solamente due tasti. È un gioco breve che, se possibile e se vi rendete conto di avere una certa affinità per la musica, vi consiglio di provare a giocare in una sola sessione, cosa che dovrebbe portarvi via un paio d’ore al massimo.

NEON WHITE

Non ho intenzione di girarci attorno: ho deciso di chiudere questa lista con quello che è il mio personalissimo GOTY di questo 2022. Sì, perché Neon White è stato per me un colpo di fulmine di quelli che capitano veramente poche volte nella vita e si è rapidamente trasformato in una completa ossessione da cui ancora non sono riuscito a disintiossicarmi del tutto. Non è semplice spiegare cosa sia Neon White a parole ma ci provo: immaginate un FPS con elementi platformer in cui le armi sono carte che possono sparare o essere scartate per attivare delle abilità come doppi salti o scatti a mezz’aria; a questo aggiungete livelli brevissimi da affrontare come se foste degli speedrunner, delle sezioni narrative mutuate dalle visual novel giapponesi, illustrazioni prese di peso dagli anime degli anni ‘90, l’estetica della prima vaporwave, una colonna sonora Breakbeat composta interamente da Machine Girl e forse vi sarete fatti un’idea. Se invece state guardando lo schermo in stato confusionale non vi preoccupate, anche Annapurna Interactive ha fatto una fatica tremenda a spiegare Neon White al pubblico prima del lancio quindi è perfettamente normale che non ci abbiate capito nulla. 

L’obiettivo è quello di arrivare in fondo nel minor tempo possibile uccidendo tutti i nemici presenti all’interno dello stage, sfruttando il più creativamente possibile le abilità delle armi per inventarsi strategie sempre migliori per limare qualche centesimo dal cronometro. Tutto il design di Neon White ruota attorno al far sentire il giocatore uno speedrunner navigato spezzettando l’esperienza in microlivelli che, una volta completati, lo premiano con l’accesso alla leaderboard e piccoli suggerimenti sulla strada da fare per abbassare ulteriormente il tempo. Parliamo di livelli che raramente raggiungono la durata di quaranta secondi, per intenderci, quindi tutto si gioca sul filo del rasoio sempre e comunque, per un’esperienza che è adrenalina pura dal primo all’ultimo istante, in quello che è forse il più grande ed esplicito tentativo di democratizzare lo speedrunning che sia mai stato sviluppato nella storia del medium. Nel mezzo c’è una trama che il director Ben Esposito, quando lo intervistai prima del lancio, definì “volutamente cringe”, incentrata sul fatto che i protagonisti sono tutti morti e le loro anime sono in paradiso dove possono lottare contro l’invasione dei demoni per potersi guadagnare la salvezza eterna. Al netto della scelta di inserire volutamente dei personaggi sterotipati all’interno della narrazione, però, la trama non è né banale né scontata. Potrei andare avanti per ore e ore a parlare di Neon White e del perché secondo me è un videogioco che rasenta la perfezione sia stilistica che ludica, ma credo sinceramente che il consiglio migliore che possa darvi sia quello di provarlo per farvi un’idea. È un gioco nato chiaramente con mouse e tastiera come periferiche ideali, eppure Neon White è un videogioco incredibilmente fluido anche su Switch, dove gira tranquillamente a 60 fps senza cali di framerate che vadano ad inficiare la pulizia dell’esperienza.

Pubblicato il: 31/12/2022

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13 commenti

Di questi cinque titoli ho giocato solo Tunic(apprezzatissimo), ora mi tocca recuperare anche gli altri.
In particolare mi hai fatto interessare a "A Musical Story" che tra l'altro non avevo neanche mai sentito nominare, grazie per avermelo fatto sc …Altro...
Di questi cinque titoli ho giocato solo Tunic(apprezzatissimo), ora mi tocca recuperare anche gli altri.
In particolare mi hai fatto interessare a "A Musical Story" che tra l'altro non avevo neanche mai sentito nominare, grazie per avermelo fatto scoprire.

Bellissimo Norco, uno stile (grafico e narrativo) veramente incredibile che ancora mi porto dietro anche mesi dopo avere completato il gioco. L'ambientazione secondo me è fortemente ispirata al realisimo magico, ed è veramente affascinante. Mi sare …Altro... Bellissimo Norco, uno stile (grafico e narrativo) veramente incredibile che ancora mi porto dietro anche mesi dopo avere completato il gioco. L'ambientazione secondo me è fortemente ispirata al realisimo magico, ed è veramente affascinante. Mi sarebbe piaciuto vedere sulla lista anche Signalis, horror/puzzle/survival veramente consigliato.

Ottimo che hai messo A MUSICAL STORY, pochi lo citano.
Bravo Andrea, non mi deludi mai.

Norco e A Musical Story due titoli molto interessanti che non ho mai sentito nominare. Gli darò un'occhiata molto volentieri!

per tunic davvero non capisco tutto l'interesse che ha ricevuto.
molto bella la mappa e il manuale, e il fatto che di zelda così non ne escono dal lontano 2013, se non si conta il remake uscito su switch.
però a volte esagera con una difficoltà …Altro...
per tunic davvero non capisco tutto l'interesse che ha ricevuto.
molto bella la mappa e il manuale, e il fatto che di zelda così non ne escono dal lontano 2013, se non si conta il remake uscito su switch.
però a volte esagera con una difficoltà e una poca chiarezza di cosa fare, rovinando parecchio la qualità generale del titolo.
il gioco darà a disposizione pochissimi checkpoint e in alcune fasi di gioco se moriremo ci saranno lunghe camminate di nulla.
anche la poca chiarezza non aiuta dato che mi è capitato in qualche occasione di essermi dimenticato di esplorare un luogo, e una zona che credevo completata in realtà nascondeva cose molto importanti per proseguire.
nel gioco non ci si potrà teletrasportare tra i vari checkpoint e quindi per tornare in un luogo già visitato bisognerà rifarsi tutta la strada cosa non sempre piacevole.
inoltre riesplorare un luogo già visitato, o tornare nel luogo dove si è morti non sempre sarà facile dato che è consigliabile uccidere sempre tutti i nemici che ci vedono, dato che se non lo faremo ci inseguiranno per sempre portandoci ad avere decine di nemici alle spalle che una volta raggiunto il nostro obiettivo ci uccideranno subito.
insomma l'ennesimo titolo che viene rovinato da una deriva souls like davvero non necessaria, e implementata male.
infine ho trovato veramente snervante la parte finale per raggiungere il vero finale dove dovremo vagare per tutto il mondo di gioco alla ricerca di segreti veramente nascosti bene.
parte che sinceramene ho trovato non necessaria e di una difficoltà senza senso farlo senza una guida sotto mano, e ovviamente farlo con una guida rovinerebbe il gioco che viene inutilmente allungato nella sua fase finale.
sia chiaro che il titolo non è un brutto gioco, ma sentirlo così spesso citato come una grande sorpresa per me risulta davvero strano, ancor più trano di vedere un stray candidato tra i goty.

<3 per me invece, Xenoblade Chronicles 3 è il GOTY, e si porta via TUTTO.

Una splendida lista di giochi che non ho ancora avuto l'occasione di provare ma di cui avevo sentito parlare durante l'anno, a parte Tunic a cui forse dovrei dare una seconda chance visto che nelle prime ore di gioco non mi aveva conquistato, ma non …Altro... Una splendida lista di giochi che non ho ancora avuto l'occasione di provare ma di cui avevo sentito parlare durante l'anno, a parte Tunic a cui forse dovrei dare una seconda chance visto che nelle prime ore di gioco non mi aveva conquistato, ma non posso far altro che fidarmi di un articolo così ben scritto.
Sicuramente giochi brevi e ben curati sono stati il mio tipo di gaming preferito del 2022, e iniziare l'anno sulla stessa scia mi sembra un'ottima idea per godermi questi ultimi giorni di feste.

Lista interessante, mi trovo d’accordo sull’ottima narrativa ed estetica di norco. Al contrario su tunic mi devo mettere dalla parte d bastian contrario, non sono riuscito ad apprezzarlo a dovere. Bellissima l’estetica, ma con dispiacere dico c …Altro... Lista interessante, mi trovo d’accordo sull’ottima narrativa ed estetica di norco. Al contrario su tunic mi devo mettere dalla parte d bastian contrario, non sono riuscito ad apprezzarlo a dovere. Bellissima l’estetica, ma con dispiacere dico che non è scattata la scintilla. Mi segno gli altri 3 titoli che non conoscevo o che non ho avuto modo di provare per vari motivi

Messo in evidenza da RoundTwo

Una lista molto interessante a cui aggiungerei un gioco uscito alla fine di quest'anno che ritengo sia stato colpevolmente ignorato un po' da tutti: Fear & Hunger 2: Termina.
Fear & Hunger 2: Termina è una perla, all'apparenza è un jrpg come tanti …Altro...
Una lista molto interessante a cui aggiungerei un gioco uscito alla fine di quest'anno che ritengo sia stato colpevolmente ignorato un po' da tutti: Fear & Hunger 2: Termina.
Fear & Hunger 2: Termina è una perla, all'apparenza è un jrpg come tanti ma racchiude in sè un'atmosfera fantastica oltre a tantissime opzioni di gameplay e interazione.
Per i temi trattati si può considerare uno dei pochi veri giochi per adulti, un horror molto crudo con contenuti non solo macabri ma anche blasfemi e sessuali che fanno da sfondo a una storia non solo interessante ma anche molto stratificata e ramificata. Difficile e talvolta persino frustrante ma parte del suo fascino sta proprio nella sua brutalità che non raggiunge comunque mai gli eccessi dei primo Fear & Hunger (anche quello meritevole di attenzione e con una atmosfera alla "Berserk" davvero ben riuscita).
Stra consigliato anche in virtù del suo prezzo, su Steam ci si può portare a casa entrambi i Fear & Hunger per poco più di 15€.

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