Citizen Sleeper - Recensione

Alla deriva su una stazione spaziale colma di reietti, cacciatori di taglie, tagliagole. 

L'esistenzialismo sci-fi di Jump Over the Age in un'avventura delicata e a suo modo toccante. 

  

Per catturarti nel suo spietato mondo cyberpunk Citizen Sleeper impiega appena una manciata di secondi. Cioè il tempo di materializzare a schermo i primi paragrafi della sua storia, scritti in una prosa asciutta ma ricercata, già densi di temi e di vocaboli e di suggestioni. Il primo impatto con il gioco ricorda molto da vicino quello con Disco Elysium. Ed è bene mettere subito in chiaro che Citizen Sleeper non ha la stessa originalità del capolavoro di ZA/UM, non a livello di ambientazione né di caratterizzazione dei personaggi: rientra anzi nei canoni già calcati di una fantascienza distopica, con qualche stereotipo che si alterna invece a elementi nuovi e per fortuna più eccentrici. Eppure quello che colpisce – a patto di saper bene l'inglese, visto che non ci sono traduzioni – è l'attenzione per la scrittura, subito ficcante e distintiva, fondamentale nel senso più specifico del termine: il mondo di Citizen Sleeper esiste non tanto grazie ai poligoni, agli artwork, alla dimensione estetica e visiva, ma grazie al potere evocativo della parola. Credo che sia proprio questo uno dei lasciti più importanti di Disco Elysium ai suoi eredi – fra cui includo anche Norco – e al videogioco stesso: l'idea che il software possa usare i codici del testo in maniera più convinta e cruciale

I momenti iniziali di Citizen Sleeper raccontano alla perfezione una sensazione di straniamento fisico, l'idea di trovarsi intrappolati in un corpo alieno, estraneo. E in effetti la protagonista delle vicende è una dei tanti “dormienti”: il suo corpo è bloccato chissà dove in una stasi indotta, la sua coscienza trasferita all'interno di un essere sintetico. Un processo che permette alle grandi corporazioni di aggirare le leggi sui diritti interplanetari, avendo a disposizione forza lavoro senziente ma non classificabile come umana. Il tentativo di fuggire da questa vita da incubo, con cui di fatto comincia l'avventura, si rivela più complicato del previsto, dal momento che i corpi artificiali della compagnia sono costruiti con una rapidissima obsolescenza programmata, che li rende inservibili in una manciata di giorni – o meglio: di cicli. Senza il siero prodotto dalla corporazione gli arti cominceranno a non rispondere agli stimoli, i sensi si ottunderanno fino a dissolversi, e le spoglie metalliche si accasceranno a terra come un guscio vuoto. Sono rimasto subito affascinato da questa premessa, perché Citizen Sleeper ti chiede di misurarti costantemente con la consapevolezza della fine e con la sua inevitabilità, con l'idea di una decadenza progressiva, spietata e inesorabile. Quanto sia odioso e feroce questo logoramento lo si capisce vedendo com'è integrato con le meccaniche di gioco. Perché sebbene Citizen Sleeper sia un prodotto principalmente narrativo, non rinuncia affatto a una dimensione ludica, che ricorda da vicino quella di un gioco da tavolo con sfumature ruolistiche. Ogni mattino la protagonista tira una manciata di dadi, da assegnare poi alle attività che vorrà svolgere durante il giorno. Alle occupazioni più delicate e rischiose è bene attribuire i dadi col valore più alto, per evitare di fallire e addirittura combinare qualche casino; in quelle più sicure possiamo invece investire anche i dadi meno fortunati. Il punto fondamentale è che il numero di dadi, e di conseguenza il numero di azioni disponibili, è legato alla condizione del proprio corpo, che si deteriora di giorno in giorno. Quella di Citizen Sleeper diventa quindi una lotta contro la decadenza, contro la consunzione, una disperata ricerca di droghe sintetiche vendute al mercato nero e pezzi di ricambio con cui provare a rattopparsi dopo aver sviluppato le giuste competenze.

All'inizio è facile sentirsi sopraffatti, asfissiati: le poche azioni a disposizione vanno impiegate per mangiare, guadagnare qualche credito, provare a raccogliere indizi e informazioni sulla stazione spaziale in cui siamo finiti... una sorta di discarica sociale piena di derelitti, venditori ambulanti, tagliagole, di bische e di poveracci che campano smantellando le carcasse delle navi alla deriva. Ti sembra quasi d'impazzire, senti la fine che si avvicina, in un mondo fatto appositamente per consumarti e lasciarti ai margini. Vai avanti alla cieca, d'istinto. Finché poco a poco, con fatica, non riesci a orientarti. Scopri facce nuove, qualcuno che ti tende una mano, qualcuno che ti ascolta. La vita sulla stazione non diventa mai facile: devi sempre scegliere quali sono le tue priorità, quali relazioni preferisci coltivare e quali non vale la pena far crescere. Ma presto capisci che c'è almeno la speranza di uscire da questa situazione. Uno degli aspetti che più mi ha colpito di Citizen Sleeper, oltre ai suoi testi magnetici, è quanto sia comunicativa la sua interfaccia, utilizzata dall'autore come uno strumento prettamente narrativo. Il gioco utilizza quasi solo schermate fisse che rappresentano i luoghi d'interesse della stazione spaziale, elencando le varie azioni che è possibile compiere. Attraverso simboli e indicatori, segnali circolari e tacche, Citizen Sleeper concretizza in maniera potente ed efficace l'idea di un tempo insensibile che ti rema contro, di un tempo nemico, e di una decadenza inclemente. 

L'idea che un'interfaccia possa avere un valore espressivo se non – appunto – esplicitamente narrativo è parte della poetica di Gareth Damian Martin, il nome che si cela dietro al team Jump Over the Age. Già il suo titolo d'esordio, In Other Waters, era una ricerca che andava nella stessa direzione, chiedendosi se fosse possibile trasferire, sulle linee e sui rilievi di una cartina topografica, un senso di avventura e di esplorazione, il mistero della scoperta di un mondo alieno. In Other Waters riusciva nell'impresa apparentemente impossibile di raccontare un viaggio usando solo una mappa; Citizen Sleeper va oltre, e riesce a farti emozionare grazie a dadi e statistiche. Senza contare poi le sfumature interpretative legate al concept del gioco, che vuole in qualche modo replicare le schiaccianti incertezze di uno stato di depressione: ogni giorno vai a dormire e non sai come ti sentirai domani; quanta voglia avrai di alzarti, di parlare, di affrontare le sfide quotidiane... insomma non sai che “dadi” ti capiteranno nella vita. 

Citizen Sleeper è un gioco che dice tanto attraverso le sue meccaniche, che nelle sue regole concretizza una drastica visione del mondo, che usa i suoi sistemi – oltre che le parole – per spiegarti quanto sia orrenda una società che ti mastica e ti consuma. Ci sono anche tante altre storie, in Citizen Sleeper, che emergono dagli intestini metallici della stazione. Sono linee narrative che raccontano le vite alla deriva di vari personaggi, e che il giocatore può decidere di approfondire o meno. Ci si imbatte in operai senza speranza, in hacker sfortunati, in vecchi soldati che cercano vendetta. Alle volte, invece, si viene trasportati in un mondo integralmente cibernetico, sprofondando negli abissi digitali di una rete a cui si appoggiano i sistemi malconci dell'anello orbitante. È proprio qui – in una nuvola di dati – che si scoprono gli eventi più curiosi, insoliti, fatti di subroutine in lotta fra loro, di menti collettive, di strane fusioni tra coscienze numeriche ed esistenze fungine. 

Ognuna di queste linee conduce a un diverso finale, permette alla protagonista di sfuggire alla sua vita miserabile: magari allontanandosi dalla stazione, oppure trovando finalmente pace e giustificazione nel ciclo di morte e rinascita della natura, che ostinatamente è riuscita a prosperare anche nei recessi cupi dello spazio. Sfumati e simbolici, alcuni dei finali di Citizen Sleeper rappresentano approdi insoliti e brillanti di una science-fiction che resta comunque abbastanza classica. Altri sono invece scontati e inconsistenti, tanto che il sapore complessivo dell'esperienza può dipendere fortemente dalle scelte intraprese. Per fortuna che Citizen Sleeper invoglia anche a rigiocare l'avventura, magari scegliendo di sviluppare attributi diversi per inseguire nuove suggestioni e altre storie. 

C'è anche un'altra possibilità, che ci viene data ogni volta che una diramazione della trama arriva alla fine: quella di rimanere sulla stazione, su quell'occhio siderale sospeso nel cosmo. Alcuni amici si allontanano, ci tendono la mano per portarci con loro, e noi decliniamo l'offerta: restiamo lì, a indagare ancora, lavorando faticosamente contro il lento declino del corpo e della società. Alla fine, dopo aver salutato tutti quanti - dopo aver rifiutato passaggi clandestini, e fughe rocambolesche, e dissoluzioni digitali - ci si ritrova soli, completamente mescolati alla gorgogliante (dis)umanità della stazione. Siamo diventati suoi cittadini. 

Ecco: io credo che questo non-finale sia il più significativo e importante di Citizen Sleeper. Del resto, per stessa ammissione dell'autore, il gioco mette in scena un'avventura ambientata tra le rovine di un capitalismo fallito. Eppure – dice Martin – le rovine non sono qualcosa che non esiste più; sono anzi tangibili, concrete. Una struttura crollata lascia vuoti e detriti, e non si può far finta che non ci siano. Bisogna lavorare per sgomberare gli spazi, per liberarsi dei resti ingombranti delle vecchie strutture sociali; bisogna scegliere se fra quelle rovine c'è qualcosa da salvare, frammenti preziosi da recuperare e a cui dare nuove funzioni. Il finale non-finale di Citizen Sleeper è quello che preferisco perché è una grande lezione di resistenza e di dignità. E fa di tutto per spiegarci che per quanto fallato e imperfetto sia il mondo in cui ci troviamo, per quanto spietata sia la società che ci circonda; per quanto fragili e fallibili e insignificanti ci si possa sentire, vale sempre la pena di lottare. E di resistere, alla ricerca di un nuovo equilibrio... di un'altra vita.

Pubblicato il: 03/10/2022

Provato su: PC Windows

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11 commenti

Recensione, ma soprattutto spunti di pensiero davvero di interesse. L'avessi conosciuto tramite il solo trailer, probabilmente non avrebbe fatto breccia, però dopo forse queste righe una chance su Switch potrei dargliela!

Questa recensione é forse più bella del gioco stesso? Capiamo.

Gioco molto interessante, ma purtroppo, per essere il punto centrale dell'esperienza, la narrazione è troppo banale e forzata, per quanto intrigante in alcune idee e scritta in uno stile molto suggestivo (ma spesso troppo verboso). Il gameplay poi, …Altro... Gioco molto interessante, ma purtroppo, per essere il punto centrale dell'esperienza, la narrazione è troppo banale e forzata, per quanto intrigante in alcune idee e scritta in uno stile molto suggestivo (ma spesso troppo verboso). Il gameplay poi, è coinvolgente nelle prime ore, ma ben presto il sistema a cicli diventa più un modo per rallentare il tutto che una vera dinamica di gioco, il tutto si riduce al perdere un dado ogni tanto per mangiare o accumulare denaro per comprare gli stabilizzatori.

Titolo da tenere al calduccio per nuove esperienze videoludiche :)

Leggendo questa recensione viene una gran voglia di provare questo gioco, che credo debba essere lo scopo di ogni recensione "positiva", a prescindere che la tipologia del gioco recensito sia tra quelle che il lettore preferisce!
Ne hai parlato ieri …Altro...
Leggendo questa recensione viene una gran voglia di provare questo gioco, che credo debba essere lo scopo di ogni recensione "positiva", a prescindere che la tipologia del gioco recensito sia tra quelle che il lettore preferisce!
Ne hai parlato ieri nella diretta twitch, quindi credo di farti un favore, Francesco, evidenziando 3 punti dove manca lo spazio: "le poche azioni adisposizione", "magari scegliendo disviluppare", "non si può far fintache". Complimenti per il nuovo progetto, vi seguirò con molto interesse!

Ottima recensione, bravo Fossa. Spero di vedere più #indiegames qui ;)

In bocca al lupo a tutti!

Un gioco speciale.
L'unico punto che ho trovato poco a fuoco è la curva di difficoltà negativa; il gioco, tramite nuove meccaniche, diventa via via sempre più facile e si perde un po' quella sensazione di pericolo e incertezza sul come sopravvive …Altro...
Un gioco speciale.
L'unico punto che ho trovato poco a fuoco è la curva di difficoltà negativa; il gioco, tramite nuove meccaniche, diventa via via sempre più facile e si perde un po' quella sensazione di pericolo e incertezza sul come sopravvivere.
Forse l'intento era far intendere come, costruendo una rete di contatti umani, l'ambiente diventi pian piano meno ostile, ma ho davvero un po' "sofferto la non sofferenza" delle ultime ore di gioco.

Bois ma un bel punto chiaro ad inizio articolo per capire le console per la quale il gioco è disponibile?

Messo in evidenza da RoundTwo

Perla scoperta grazie ad un tuo consiglio.
Condivido la preferenza verso quello che hai chiamato non-finale, anche per il senso di affezione verso l'Eye che si sviluppa con il susseguirsi delle varie storyline (e la conseguente difficoltá nel lasci …Altro...
Perla scoperta grazie ad un tuo consiglio.
Condivido la preferenza verso quello che hai chiamato non-finale, anche per il senso di affezione verso l'Eye che si sviluppa con il susseguirsi delle varie storyline (e la conseguente difficoltá nel lasciarselo dietro).
Ne approfitto per ringraziarvi per il lavoro che fate sul canale e augurarvi un bocca in lupo per questo nuovo progetto.

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