AS DUSK FALLS - RECENSIONE
Un racconto interattivo che rinuncia quasi del tutto all'interazione per focalizzarsi sulle scelte morali. La storia di due famiglie e del loro dramma inaspettato.
“Interior/Night” è una di quelle indicazioni che si trovano nelle sceneggiature dei film, all'inizio di ogni scena. È un'informazione essenziale, una traccia esile, utile a dare una collocazione sfumata e generale... a stuzzicare l'immaginazione. Ancora prima che gli scenografi assemblino stanze e panorami, che il casting arrivi a dare un volto ai personaggi, tutto quello che serve per “collocare” una storia, mentre si cerca di capire se funzioni o meno, è un appunto breve e laconico. Mi piace molto che sia questo, il nome che il team fondato da Caroline Marchal – un tempo lead designer di Heavy Rain e Beyond: Two Souls - ha deciso di darsi: perché in maniera indiretta ci ricorda che ogni tanto è importante usare la fantasia per riempire i vuoti di un testo, e perché comunica d'un colpo quale sia la finalità principale dello studio, ovvero quella di creare giochi focalizzati soprattutto sul racconto, sulla scrittura. As Dusk Falls è un prodotto ancora meno interattivo delle avventure moderne di Quantic Dreams, o di quelle episodiche di Dontnod o Telltale: più che un film interattivo si potrebbe definire un fotoromanzo con scelte multiple, una visual novel occidentale.
Non c'è mai un momento in cui il giocatore controlla direttamente i personaggi, li fa muovere all'interno di uno spazio, ne orienta la visuale. La storia procede anzi attraverso quadri statici disegnati al rotoscopio, con una scelta stilistica inusuale per un videogame. Il risultato, a livello visivo, è simile a quello di A Scanner Darkly, ma “a singhiozzi”. Invece che ridisegnare su ogni singolo frame del filmato originale, realizzato con attori in carne e ossa, il team ha selezionato pochissimi momenti-chiave, come a voler individuare le vignette di un fumetto. È una scelta strana, atipica e probabilmente costosa a livello produttivo, ma alla fine mi sento di dire che ha pagato. Perché lo stile di As Dusk Falls lo riconosci subito, ad una prima occhiata: guardi un'immagine tra le schermate del GamePass, intravedi un trailer tra i suggerimenti di YouTube e hai già capito di che gioco si tratta, anche se magari non ricordi il nome. “Quello che si era visto al Tribeca Film Festival, dai, lui!”.
Questo rotoscoping a intermittenza - a proposito di rapporto fra cinema e videogioco - ha anche il pregio di valorizzare la performance degli attori che interpretano i personaggi del racconto. In qualche maniera nei disegni filtra la loro espressività, e la recitazione diventa un valore importante; ed ecco perché conviene mettere da parte il doppiaggio italiano, realizzato con competenza ma incapace di replicare le sfumature, le inflessioni e il trasporto dei dialoghi originali.
D'altro canto mi è parso che in alcune situazioni la scelta stilistica del team arranchi, faticando per esempio a rappresentare scene d'azione, o ancora scontrandosi con l'idea stessa dei quick time event, largamente impiegati come prove di abilità e spesso fondamentali per l'esito di certe azioni. Sebbene la loro presenza aggiunga un briciolo di sfida, impartire i comandi mentre si guarda una schermata statica, senza avere riscontri nelle azioni e nei movimenti dei personaggi, fa un effetto un po' straniante: persino nella preistoria dei videogame – se non in Shenmue che poi li ha canonizzati in ambiente 3D – i quick time event di Dragon's Lair erano legati a sequenze più dinamiche e dal grande impatto scenico.
«Abbiamo capito subito quanto importanti fossero le espressioni facciali. Dal momento che le storie che volevamo raccontare erano molto mature, era importante veicolare una vasta gamma di emozioni sfumate. Il nostro mantra è stato "Ogni frame è come un quadro"»
Mike Bambury, Art Director
Tra alti e bassi, in ogni caso, l'estetica di As Dusk Fall se la cava, anche se non riesco a togliermi dalla testa l'idea che fosse stata pensata per un altro approdo. Sono convinto che INT./NIGHT (anche nelle sceneggiature, così come nel logo del team, si scrive maiuscolo e abbreviato) volesse portare le avventure interattive su mobile, riducendo la complessità del sistema di controllo per rendere il prodotto più universale possibile.
L'interfaccia, la presenza di una companion app che permette di avviare una partita co-op, mi sembrano chiari indizi che la destinazione finale di As Dusk Falls sarebbe dovuta essere diversa. Ben venga però il supporto di Microsoft e l'inclusione nel catalogo del GamePass, che deve aver fatto cambiare in corsa anche le strategie di pubblicazione.
Al di là delle questioni produttive, dovrebbe interessarci capire se la storia del gioco funzioni bene, se lasci il segno e coinvolga a livello emotivo. La prima parte del racconto, dopo un breve antefatto, si svolge all'interno di un solitario motel dell'Arizona, dove i destini di due famiglie si intrecciano. Da una parte ci sono gli Walker, in fuga da una brutta batosta lavorativa e – forse – anche da un matrimonio in crisi.
Dall'altra gli Holt, il prototipo dei redneck americani, cresciuti senza radici e senza valori, rabbiosi e approfittatori. Sono proprio i tre fratelli Holt che a seguito di una rapina finita male si asserragliano nel motel, tenendo in ostaggio la famiglia Walker e il personale della struttura.
L'idea di base funziona: la situazione di tensione fra fuggitivi e polizia è soltanto una cornice, il contesto per mettere sotto pressione i personaggi, farli scontrare. Il palcoscenico di questo dramma familiare ha i lineamenti di un thriller, il retrogusto di un hard boiled di frontiera, ma non è questo che conta. Contano invece i valori dei protagonisti, il modo in cui i loro rapporti si incrinano o addirittura si piegano per trasformarsi.
Nonostante il racconto proceda lungo binari ben tracciati, spesso rivelando che le scelte del giocatore hanno pochissima influenza sulla direzione generale degli eventi, ho avvertito quella che potrei definire una buona “libertà interpretativa”.
In pratica le scelte possono cambiare il profilo etico dei personaggi e di conseguenza le loro relazioni, arrivando anche a provocare momenti di estrema tensione e situazioni potenzialmente fatali.
A dodici anni dall'uscita di Heavy Rain e a diciassette da Fahrenheit, sarebbe però ora di ammettere che l'idea di avere in mano la sorte dei vari personaggi, di poterli condurre alla salvezza o alla morte, è sì affascinante ma anche un po' svalutata. Soprattutto se nella maggior parte delle situazioni ci si sente invece imbrigliati, messi di fronte a troppe opzioni che non hanno un effetto veramente concreto e direttamente percepibile. Il momento in cui questo tipo di narrazione interattiva funziona davvero, mi viene da pensare, non è quando ti mostra – attraverso un diagramma presentato alla fine di ogni capitolo – quante diramazioni è possibile trovare, ma invece quando ti chiede di fare scelte che ti mettono personalmente in difficoltà. Scelte che ti spingono a guardarti dentro, a capire qual è il tuo rapporto con l'autorità, con il potere, con le ingiustizie. Voglio citare a tal proposito Road96, un'avventura dal tema profondamente politico, che funziona alla grande proprio perché ti chiede di prendere parte, di schierarti eticamente. Anche in As Dusk Falls ci sono un paio di situazioni che hanno proprio questo effetto: si tratta di scelte squisitamente umane, alle volte apparentemente triviali e quotidiane. Sono i momenti che ti prendono di più, che ti restano dentro... e che purtroppo si possono contare sulle dita di una mano, circondati invece da altri bivi ben meno sentiti, meno sottili o sfumati. Il vero problema della sceneggiatura di As Dusk Falls, però, è la coesione, la congruenza. Disseminati a intervalli regolari lungo l'avventura spuntano alcuni eventi poco credibili, alcune circostanze un po' forzate, e situazioni che si innescano con il solo scopo di far progredire il racconto, sbloccando uno stallo altrimenti insormontabile. Ironia della sorte Caroline Marchal ha lavorato proprio ai due giochi di Quantic Dream che più risultano problematici nella gestione dei colpi di scena e nella coerenza interna, e questi problemi si ritrovano, seppur con intensità più moderata, anche in As Dusk Falls.
Chiudendo un occhio su un paio di scene poco credibili, i due “libri” in cui è suddivisa la produzione riescono comunque a scorrere lisci, mettendo fra l'altro a segno due o tre colpi diritti alla bocca dello stomaco. Niente che raggiunga l'intensità del primo The Walking Dead di Telltale, o la poesia lisergica di Virginia, o ancora la forza dirompente di What Remains of Edith Finch. As Dusk Falls, anche quando cambia registro e si trasforma in un racconto on the road (tutto il secondo atto, che include gli ultimi tre episodi), resta un gioco modesto con qualche guizzo memorabile. Alla fine del racconto viene comunque da chiedersi quando ci verrà consegnato il terzo libro: sebbene gli eventi abbiano una conclusione forte e tutto sommato soddisfacente il titolo si chiude con un cliffhanger che rimanda esplicitamente al futuro, promettendo di approfondire la storia di un certo personaggio in un diverso orizzonte temporale. Sarebbe giusto che il team annunci i piani per la distribuzione del prossimo episodio, ma la verità è che forse INT./NIGHT sta giusto tastando il terreno per capire come, se e quando estendere la produzione.
Per ora, quindi, concentriamoci su quello che c'è. Ovvero un onesto titolo di esordio, con qualche leggerezza di troppo e una sperimentazione stilistica efficace a metà. Per far evolvere il discorso sul racconto interattivo si può e si deve fare di meglio, e a dirla tutta c'è chi l'ha già fatto. Mentre giocavo a As Dusk Falls, in un paio di occasioni, mi sono venuti in mente i primi cinque minuti di Firewatch. Giocando con le parole, con i suoni, cercando di arrivare a una pura e sconvolgente essenzialità, quei cinque minuti ti raccontano una vita, le sue difficoltà, i suoi drammi. Chissà se qualcuno riuscirà mai a farlo con la stessa intensità; rimuovendo il superfluo, concentrandosi sulle piccole cose, sui sentimenti piani e triviali di un pomeriggio indolente; sull'umanità delle persone, senz'altri fronzoli.
Nel titolo di INT./NIGHT serpeggia questa intenzione, affiora a tratti: si percepisce che vorrebbe emergere, esplodere. Ma in fondo non ce la fa mai pienamente, e deve accontentarsi ancora una volta di restare in ombra, tagliata da una luce obliqua. Come al tramonto.
Pubblicato il: 09/10/2022
Provato su: Xbox Series X|S
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