FAST FUSION
La puntualità tedesca di un gioco che somiglia a F-Zero, ma non vuole esserlo: torna la serie Fast.
La storia di Shin’en Multimedia è sempre la stessa, eppure è piena di momenti interessanti. La software house tedesca ha lanciato Fast Fusion nello stesso giorno di lancio di Switch 2 e così facendo ha rispettato una sua tradizione le cui origini risalgono a vent’anni fa. Quando Nintendo DS venne lanciato in Europa, a marzo del 2005, Shin’en Multimedia era lì, con Nanostray, uno sparatutto 3D di discreta caratura. Quella dello studio con sede nella Baviera sembrerebbe uno schema già conosciuto nel settore dei videogiochi e che tende a premiare i primi giochi per una nuova console con una particolare attenzione della stampa, non sempre direttamente proporzionale ai meriti del gioco stesso. Ma quelli di Shin’en, di solito, sono sempre lavori degni di nota.
Fast Fusion è la quarta uscita di una serie di giochi di corse futuristiche, che non si vergogna di aver imparato molto da F-Zero e giusto qualcosa da WipEout. L’edizione precedente, Fast RMX, venne pubblicata nel giorno di lancio di Switch, nel 2017 (e l’elenco dei giochi “da day one” di Shin’en su console Nintendo non si esaurisce qui). Come molti altri lavori degli stessi autori, che peraltro sono numericamente davvero pochissimi, anche Fast Fusion fa di una scintillante realizzazione tecnica il proprio vanto. “Quando realizziamo un videogioco, i nostri obiettivi sono utilizzare al meglio l’hardware a disposizione e proporre un sistema di gioco coinvolgente”, c’è scritto ai piedi del sito di Shin’en. Un sito web che per essenzialità e struttura deve essere rimasto sostanzialmente fermo alla sua prima versione, quella del 2002. Si vede che a Monaco, tra le scrivanie degli ex Abyss (che si erano fatti notare nella demo scene degli anni Novanta), non c’è mai stato tempo per pensare a qualcosa di più compiuto. Che probabilmente non gli sarebbe nemmeno servito.
Su Switch 2 Fast Fusion è uno dei giochi che si possono acquistare senza preoccuparsi di aver sprecato i propri soldi. Intanto perché il costo, 14,99 euro, è relativamente contenuto e poi perché l’impatto dovrebbe già ripagare dell’investimento. Con “impatto” si intende quello generato dalla realizzazione tecnica del gioco, che è di nuovo di ottimo livello. Con Shin’en succede spesso, fin da Iridium, uno shoot’em up 3D per il Game Boy Advance proposto al lancio della console (e rieccoci), quando tutti erano impegnati a trattarla come un Super NES portatile.
Di strano, Fast Fusion, ha che l’effetto più convincente lo si ha quando Switch 2 è inserito nella base e si gioca collegati al televisore. In questo caso la risoluzione a schermo raggiunge i 4K e la fluidità dell’aggiornamento rimane impassibile a 60 quadri al secondo. Le configurazioni sono comunque svariate, addirittura troppe per un videogioco su console. Ma qui sto toccando un argomento che non possiamo iniziare ed esaurire, tantomeno all’interno dell’analisi di un singolo gioco. Sta di fatto che c’è la libertà di dimezzare i frame al secondo, ma di attivare una serie di lavorazioni dell’immagine che rende Fast Fusion ancora più spettacolare. Il punto di equilibrio che riesce a tenere assieme la risoluzione 4K e i 60 fps, comunque, è di gran lunga quello preferibile. In un aggiornamento post-lancio Shin’en ha anche aggiunto la modalità Pure, che schiva ogni forma di potenziamento artificiale della risoluzione o del frame rate, offrendo il render “puro” dell’immagine che viene spedita su schermo. Per chi non si mette a contare i pixel a mano, non è una faccenda particolarmente interessante, ma intanto c’è. Va segnalato per completezza la risoluzione in modalità portatile, che è per forza di cose “blindata” da quella del pannello di Switch 2: 1080 punti verticali e i soliti 60 frame al secondo.
Il fascino di Fast Fusion è tutto tecnologico, perché il sistema di gioco è canonico e la realizzazione non può contare su particolari guizzi. Non c’è nulla che faccia di Fast Fusion un gioco da studiare e dentro cui entrare una gara alla volta. Essere un videogioco di corse che non riscrive alcuna regola non condanna il lavoro di Shin’en all’anonimato. Privato di un carattere forte, Fast Fusion finisce per farsi forza della precisione e dell’affidabilità con cui interpreta il ruolo assegnato. Come la serie ha già fatto in passato, anche in Fast Fusion si modifica con un pulsante l’aura di colore che avvolge la navetta e che deve essere sincronizzata con quello degli acceleratori a terra (sempre che si sia interessati a ottenere il boost di velocità). Premendo L si può effettuare un salto in totale autonomia: è la variante più evidente apportata al gameplay della serie da Fast Fusion. Ecco, quando si mettono assieme le due cose, i boost di velocità e il salto, è probabile che si finisca schiantati contro un qualche pezzo dello scenario o una struttura che circonda o sovrasta il tracciato. Tale è la velocità del gioco, che ogni salto va calibrato con un tempismo quasi perfetto.
Non sarà Frogger o un Super Mario, ma saltare è importante anche in Fast Fusion. Solo così si possono raggiungere alcune delle strade alternative, che in qualche caso sono disseminate di gettoni o acceleratori a terra (per quanto spesso non siano delle scorciatoie che facciano risparmiare tempo in maniera così palese). Il track design di Fast Fusion non è male e anche questi percorsi alternativi da scovare sono solitamente ben pensati. Ma non si vede una progressione significativa rispetto a quanto già apprezzato nei capitoli precedenti del gioco. I gettoni citati poco sopra permettono di ricaricare la barra da svuotare premendo un pulsante che genera altre accelerazioni aggiuntive, e in effetti sono i gettoni a fare il track design e a portare a spasso l’esperienza di gioco di Fast Fusion. Un dato di pubblica utilità: le piste sono 12, con altre tre che si sono aggiunte dopo il lancio (riprese dal passato della serie).
Quello di Shin’en non è un racing game in cui restare dentro alla pista sia poi particolarmente complicato, almeno nei primi due dei quattro livelli di difficoltà (con buona probabilità gli unici che verranno affrontati dalla grande maggioranza del pubblico). La soddisfazione di giocare a Fast Fusion non arriva dalla capacità di anticipare i curvoni, di gestire il “gas” per farsi accogliere da una serie di tornanti e tagliarli al meglio, limando qualche centesimo. Questo principalmente perché è molto raro che la conformazione delle piste renda necessario rallentare significativamente per evitare di schiantarsi. Il modello fisico che supervisiona il comportamento delle navicelle rende sempre morbide le entrate in curva e il terrore di rigare tutta la fiancata contro i guardrail dei secoli venturi è quasi inesistente. E allora, almeno nelle gare con gli altri concorrenti, in Fast Fusion il gioco consiste nel ricordarsi dove sono tutti gli acceleratori e come sono disposte le file di gettoni: solo mantenendo uno stato di quasi perenne accelerazione “extra” (che a quel punto non diventa più “extra”, ma non perdiamoci in queste cose), si può completare con successo ognuna delle competizioni presenti.
L’attenzione del gioco, rispetto a un’interpretazione più classica del genere, viene quindi spostata dall’abilità nel gestire i movimenti e la velocità della navicella, alla memorizzazione della posizione dei bonus, per così dire. Funziona, ma il risultato che si ottiene potrebbe essere lontano da quello che solitamente si cerca in un gioco di corse (e di guida).
L’idea della fusione tra due navicelle, che dà il nome al gioco, è implementata in maniera confusa e anche concettualmente solleva qualche dubbio. A patto di avere in tasca i soldi richiesti dall’operazione, è sempre possibile unire le caratteristiche di due navicelle che si sono acquistate precedentemente. Molto velocemente, però, si arrivano ad avere veicoli che sfiorano il massimo delle performance in ogni ambito (accelerazione, velocità di punta, resistenza, etc.). Selezionarne una piuttosto che un’altra, dà spesso la sensazione di una semplice scelta estetica. Nonostante questi limiti e un’interpretazione che fanno di Fast Fusion un gioco differente da quello che ci si potrebbe aspettare, le sessioni di gioco sono spesso godibili e a tratti esaltanti. Succede perché la sensazione di velocità è molto appagante, lo spettacolo tecnico pure, il sistema di controllo è più che affidabile e le opzioni per il multiplayer non mancano (tra cui Game Share, con cui inviare l’immagine a un secondo Switch - in questo caso le modalità grafiche tra cui selezionare vengono limitate).
Fast Fusion non è F-Zero, pur avendone lo stesso commentatore, e neppure WipEout. Ha trovato un altro modo per fare all’incirca la stessa cosa. Un modo che non gli permette di mettersi sullo stesso gradino dei due mostri sacri, ma le alternative sono davvero poche. E, per una volta, il rapporto qualità/prezzo non può essere ignorato.
Pubblicato il: 15/07/2025
Provato su: Nintendo Switch
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