BECOMING SAINT
Ovvero, di come sono diventata santa in un giorno d’estate
È una mattina come tante altre. Almeno così credo fin a quando non esco dalla porta di casa, prendo le chiavi dalla borsa e mi accorgo che sul pianerottolo condominiale c’è qualcosa di nuovo. No, non soltanto nuovo: direi anche inaspettato. E pure irritante. I miei vicini avevano deciso che fosse cosa buona e giusta piantare un chiodo nel muro e appendere un quadretto che ha scatenato i miei strali più feroci. “Viviamo in un Paese laico!”, tuono, nella speranza che i due anziani (in realtà un po’ duri d’orecchi) mi sentano, escano dal loro appartamento e abbiano con me un confronto serrato sull’accaduto. “Articolo sette della Costituzione!”, continuo. E via così. Ma non arriva nessuno, e lui e io rimaniamo soli sul pianerottolo.
Nei giorni e nelle settimane seguenti, abbiamo continuato a osservarci. Ho l’impressione che lui mi fissi, con quella sua aria un po’ beffarda di superiorità, il saio, il crocifisso di legno in mano. E io fisso lui di rimando. Il nostro confronto è silenzioso, e finora non mi è mai capitato di incrociare i due anziani vicini che certamente sono stati autori dell’iniziativa. Sì, siamo sempre lui e io. Poi ho deciso di fare quel che mi viene meglio: studiare. Partendo da una semplice informazione: il suo nome – il nome del figuro ritratto nel quadretto incriminato – è San Gerardo. Ma che storia ha, San Gerardo, e come è finito là dentro?
Scopro che Gerardo fa Maiella di cognome e, da abruzzese, mi ammorbidisco un po’ (la Maiella è la nostra montagna sacra. Niente con cui scherzare). Nasce a Muro Lucano nel 1726. È un bambino dalla salute cagionevole, ma avverte chiara e forte la chiamata del Signore e tenta in ogni modo di essere ammesso in uno dei tanti ordini religiosi cattolici dell’epoca. La sua qualità migliore è indubbiamente la modestia: un bel giorno decide di aderire alla Congregazione del Santissimo Redentore contro il parere della sua mamma, e allora scappa di casa calandosi dalla finestra con un lenzuolo, non prima di aver lasciato a casa un biglietto con scritto “Mamma, perdonami, vado a farmi santo” (!). Finalmente qualcuno con le idee chiare! Pare che già in vita sia dedito a compiere miracoli di vario genere, dalla moltiplicazione dei viveri, alla guarigione, passando per l’estasi e la bilocazione (che non conoscevo prima di studiare la vita di San Gerardo: si tratta della presenza contemporanea di una persona in due luoghi diversi). Nel tempo libero, salva dei marinai facendosi il segno della croce e camminando sulle acque agitate del golfo di Napoli. Poi moltiplica le derrate per salvare la popolazione di Caposele da una carestia. Negli ultimi anni della sua vita, si dedica all’elemosina, poi muore di tubercolosi ad appena ventinove anni. Oggi è ricordato come protettore delle donne incinte: pare che abbia regalato un fazzoletto a una bambina, e poi questa, da adulta, ricordatosi del pezzetto di tessuto mentre soffriva per le doglie di un parto difficile (che memoria!), se lo fa poggiare aperto sul pancione e puff, ecco che senza difficoltà nasce il suo primo figlio.
Le fonti canoniche fanno notare che la sua causa di beatificazione inizia un po’ tardi, a ben ottant’anni dalla sua morte. Ma la fama di santità di Gerardo Maiella si fa strada: Leone XIII (immediato predecessore, quanto al nome, dell’attuale Papa Leone XIV) lo dichiara beato nel 1893, mentre Pio X lo canonizza santo nel 1904. Ecco come un giovane magro magro e malaticcio è arrivato a decorare il pianerottolo del condominio un cui abito. Ed ecco come, per pura combinazione, è nata la mia sfida a colpi di santità con Gerardo Maiella. Sì, perché a poche settimane di distanza dall’avvento del quadretto della discordia ho avuto l’occasione di dimostrare a Gerardo che anche io posso diventare santa. Di più: posso diventare santa mentre sono ancora viva.
Assisi, 1349. Una giovane ha la visione di una fede rinnovata. Ne vede il frutto: l’estensione del movimento ai quattro angoli dell’Italia, il raggiungimento della Redenzione... E perché no, magari, un giorno, la santità. È il momento di agire e di trasformare le visioni in Regole. È questo l’incipit di Becoming Saint, roguelike strategico in tempo reale sviluppato dallo studio italiano Open Lab Games, che ha già all’attivo Football Drama (2019) e Roller Drama (2023). Torniamo ad Assisi: la mia giovane Giulia deve scegliere le prime Regole da dare ai suoi seguaci. Animale da compagnia? Sarà naturalmente il gatto. La promessa fatta ai seguaci? Trovare ogni risposta ai misteri della vita, dell’universo e di tutto quanto. Il rapporto con i beni terreni? Beh, diciamo che la donazione dei beni al movimento è fortemente incoraggiata... Il ritratto iniziale di Giulia è quello di una personalità contraddittoria, con elementi anarchici, capitalisti e integralisti (ma ha anche dei difetti). Nel corso dell’avventura, la scelta di nuove Regole potrà spostare l’orientamento, con conseguenze concrete sul tipo di fedeli che spingeremo a unirsi al movimento (le unità iniziali sono Suore maldicenti e Alchimisti: non potevo chiedere di meglio), sulla politica e le relazioni con papato e impero, sulla produzione di cibo, ma anche sul carisma della protagonista e sulla capacità di mendicare (e, quindi, raccogliere cibo) dei sottoposti.
A questo punto, si apre una mappa che contiene le quarantasei città italiane che possiamo convertire. Ventitré di queste sono seggi cardinalizi: se mai tenteremo di diventare Papessa di Roma (e io ci riuscirò, fosse l’ultima cosa che faccio) avere il controllo della maggioranza nel conclave sarà un passo necessario per il successo. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, bisogna scegliere la prima città da convertire: ognuna è contraddistinta da un livello di difficoltà. Decido di partire da Spoleto, che ha l’indubbio vantaggio di essere vicinissima ad Assisi: sarà necessario poco cibo per sfamare i miei seguaci nel corso del viaggio.
E qui entra in gioco l’elemento chiave di Becoming Saint. Si potrebbe pensare che, in un videogioco in cui si interpreta la guida di un movimento religioso, l’indicatore principale da tenere d’occhio sia quello della fede dei seguaci. Non è così: il nemico più acerrimo di Giulia e di tutte le aspiranti sante di Assisi è la fame. I seguaci vanno sfamati prima di avviare i confronti in ciascuna città (ora ci arriviamo) e poi una volta tornati tutti insieme ad Assisi, prima di ripartire alla volta di un altro territorio da conquistare. E se non c’è cibo per tutti, l’effetto sarà catastrofico: la guida perderà carisma e, al raggiungimento dello zero, la partita si concluderà. Perché più che di discettare sul sesso degli angeli, ai seguaci interessa avere un tetto sopra la testa e del cibo. Così è stato, e così sempre sarà: gli aspetti pratici della vita di tutti i giorni vengono prima di tutto il resto.
Ciò introduce degli elementi tattici interessanti. Nelle mie prime partite, tendevo a sfamare in abbondanza i seguaci per guadagnare carisma prima di ogni confronto. I confronti sono le battaglie non letali, strategiche e in tempo reale che si svolgono per conquistare ogni città. Ciascun tipo di unità ha affinità e debolezze specifiche rispetto alle tipologie di avversari che vengono schierati sul campo di confronto, rappresentato come una griglia di sei riquadri per cinque. Perché ci tenevo tanto a guadagnare carisma? È presto detto: spendendo carisma, è possibile maledire le unità avversarie (indebolendole) o benedire i seguaci (ripristinando la loro fede e il loro coraggio). Solo che mi è capitato più volte di ritrovarmi senza cibo sufficiente per sfamare tutti una volta tornati ad Assisi, con risultati catastrofici: una perdita massiccia di carisma e un’emorragia di seguaci delusi dalla mia cattiva gestione delle risorse a nostra disposizione.
Ho così imparato che per curare un gregge è necessario padroneggiare l’arte del compromesso. Prima di ogni confronto, ho spesso rinunciato a un boost di carisma in favore di un utilizzo più moderato di pane, visto il catastrofico malus in caso di insufficienza di cibo una volta tornati ad Assisi. Sono così riuscita a mantenere le redini del potere più a lungo, conquistando a una a una le città della penisola, da Ariminum a Ravenna, passando per Bologna e Papia, fino ad arrivare a Mediolanum e Taurinorum e strutturare sempre di più le mie Regole. Finché non è accaduto un fatto imprevisto: il Papa è morto. E si sa che morto un Papa se ne fa un altro. Anzi, un’altra. Ho deciso di sostenere pubblicamente l’elezione di una Papessa e ho abbandonato ogni indugio: ho deciso di conquistare la città più potente di tutte, Roma. Dopo aver studiato attentamente le unità impiegate dai suoi difensori, ho scelto le più adatte per avviare un confronto. E ho vinto. Più tardi, ho ottenuto la maggioranza dei seggi cardinalizi e vinto la mia sfida con San Gerardo: sono diventata santa in vita, che poi è l’obiettivo più ambizioso di Becoming Saint.
Come e in quanto tempo il giocatore ci riuscirà dipende molto dalle circostanze. Il gioco offre due livelli di difficoltà (normale e facile) e la sua struttura roguelike, unita alle numerosissime variabili generabili scegliendo Regole diverse, favorisce la rigiocabilità in maniera fortissima. E si impara sempre qualcosa. Ho trovato Becoming Saint perfetto da giocare su Steam Deck, su cui è interessato da occasionali cali di frame rate nei confronti più concitati, ma nulla più. Il PC portatile di Valve si conferma, una volta in più, come la mia indie machine d’elezione.
Ho pochissimi rilievi critici da muovere al lavoro di Open Lab Games, contraddistinto da una scrittura vivace e piena d’ironia che mi ha tenuta incollata alla lettura di ogni descrizione delle unità a mia disposizione, senza contare l’interesse e le riflessioni scatenate a ogni scelta di nuove Regole per il mio movimento. L’accompagnamento musicale è composto da un numero ridotto di tracce: lavorando maggiormente su questo aspetto, le tante partite che ho giocato a Becoming Saint sarebbero state ancora più godibili. E sono stata la prima a sorprendersi di quanto ho apprezzato il mio tempo trascorso nell’Italia medievale: non sono una appassionata di strategici in tempo reale. Eppure, il mix creato dallo studio è stato perfetto, anche grazie alla possibilità di scegliere tra una modalità Autobattler, in cui le unità schierate si muovono in autonomia, e una modalità di Movimento manuale, in cui i seguaci vengono controllati dal giocatore. Ho giocato Becoming Saint in italiano, notando giusto alcuni errori minori (in particolare, traduzioni non inserite per alcuni prompt), ma nulla che non si possa rapidamente correggere con una piccola patch. Anzi, magari chi giocherà all’uscita già non troverà più queste smagliature.
Becoming Saint è un viaggio potenzialmente infinito nelle sfumature di pensiero che stanno alla base di ogni movimento religioso. Senza dimenticare che, alla fin fine, quel che conta è mangiare a fine giornata. Ha anche cambiato il mio rapporto con il nuovo inquilino sul mio pianerottolo. Ora ci guardiamo con aria complice, consapevoli di aver condiviso un percorso impegnativo. Perché diventare sante non è mica uno scherzo. San Gerardo Maiella lo sa e sorride sornione dal suo quadretto.
Pubblicato il: 14/07/2025
Provato su: PC Windows
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