EVERHOOD 2

COME (NON) SVILUPPARE IL SEQUEL DI UN CAPOLAVORO

Esistono pochi videogiochi che mi hanno fatto sentire come mi fece sentire Everhood. Il titolo d’esordio di Foreign Gnomes fu per me un’autentica folgorazione, di quelle che nella vita se ne hanno davvero poche e che rappresentano tra le esperienze più preziose nell’esistenza di un videogiocatore. Credetemi se vi dico che non sto esagerando: quando ho avviato per la prima volta Everhood sulla mia Switch mi sono sentito come se stessi stringendo tra le mani un tesoro di inestimabile valore, al punto che ho più volte pensato di aver dissotterrato forse l’unico videogioco in grado di poter guardare negli occhi Undertale senza temere più di tanto il confronto. Ne sono rimasto ossessionato, ne ho parlato ad amici e colleghi in maniera così insistente da sembrare un pazzo e ho reagito ad alcuni feedback negativi come se quella assurda idea di gameplay l’avessi partorita io stesso. Everhood era ed è ancora oggi un’idea assolutamente geniale, una creazione nata dalla mente di chi ha davvero visto oltre il matrix e si è reinventato la ruota mescolando la narrazione lisergica di videogiochi come Mother e Moon RPG ad un approccio inedito al rhythm game per le sue fasi di combattimento.

È la storia del mondo di gioco di un RPG morente in cui gli NPC sono rimasti intrappolati e stanno marcendo; di un burattino a cui è stato rubato un braccio e che lotta con tutte le proprie forze per non farsi strappare via l’anima; di un universo psichedelico in cui si combatte danzando psytrance e metal su una plancia simile a quella di Guitar Hero in cui però le note vanno schivate e non suonate. Al cuore dell’esperienza c’è il bisogno squisitamente umano di ricercare il proprio posto nel mondo, di chiedersi chi siamo e quale sia il nostro ruolo all’interno del cerchio della vita e, soprattutto, se c’è qualcosa di più grande di noi a cui rispondere nel momento in cui saremo chiamati a passare dall’altra parte. Sono ancora profondamente innamorato dell’opera di Chris Nordgren e Jordi Roca, al punto che ancora oggi mi dispiaccio per la sua reputazione quasi inesistente anche tra i più attenti al mondo dello sviluppo indipendente. 

Non ho mai sentito il bisogno di vedere espanso quel mondo, ma immaginate la mia espressione di fronte al trailer di annuncio del suo seguito diretto. Immaginate l’eccitazione che posso aver provato nel momento in cui l’ho avviato per la prima volta. Immaginate anche quanto possa aver sofferto quando mi sono reso conto del fatto che Everhood 2 è un videogioco terribile e del tutto incapace di costruire sulle fondamenta imbastite nel 2021.  

Ho sofferto. 

Il gioco si apre con una smitragliata di domande di ogni tipo rivolte al giocatore, che vanno da “hai mai giocato a Fortnite?” e arrivano fino a “credi esista un’entità superiore?”. Il mood sembra essere quello del primo capitolo ma potenziato nella sua acidità di fondo, ma è bastato poco a rendermi conto che dell’eccezionale struttura dell’originale è rimasto ben poco. Everhood 2 riparte dalla plancia musicale del primo capitolo e la evolve, trasformandola nello sfondo di un vero e proprio combat system ritmico. Le note rappresentano ancora i colpi del nemico, ma anziché schivarle il gioco invita ad assorbirne abbastanza dello stesso colore da poter caricare un attacco da schiantare contro la barra degli HP del nemico. Sì, Everhood 2 si è trasformato in un action RPG in tutto e per tutto, con tanto di equipaggiamenti, incontri casuali sulla mappa e punti esperienza da incamerare per salire di livello scontro dopo scontro. I colori associati alle note rappresentano degli attributi elementali da sfruttare contro i nemici, che possiedono affinità e debolezze ai colori degli attacchi. Quello imbastito, inoltre, è un sistema di combattimento che chiede di bilanciare rischi e ricompense, perché il protagonista ha diverse categorie di attacchi da poter utilizzare, tutte caratterizzate dalla quantità di note assorbite prima di poter scatenare il contrattacco. Se si viene colpiti o si assorbe una nota di un colore differente rispetto a quelle già raccolte il caricamento degli attacchi viene azzerato, e questo spinge il giocatore a tenere sempre d’occhio la plancia e ad imparare quali sezioni delle canzoni possono essere quelle più indicate al caricamento degli attacchi più potenti senza correre troppi rischi.

Sulle prime l’ho trovata un’idea molto interessante, salvo poi ricredermi una volta realizzato che la nuova struttura incentrata sugli scontri casuali ha introdotto un problema insormontabile: la ripetitività ossessiva degli scontri. Ogni tipologia di mostro possiede una sua canzone distintiva e ogni area ne contiene tendenzialmente al massimo un paio alla volta, portando così le battaglie ad essere tragicamente tutte uguali fra loro. È sparita la componente camaleontica di Everhood, che la sua plancia simil Guitar Hero l’ha utilizzata come base per potersi reinventare continuamente (c’era un momento in cui si trasformava addirittura nella pista di un simil Super Mario Kart o nel campo di una partita di tennis a 8bit). Di quella meravigliosa e folle creatività non è rimasto nulla, ogni scontro si svolge nello stesso identico modo senza variazioni di alcun tipo se non per alcuni dei glitch che corrompono lo schermo costringendo ad un approccio lievemente diverso ad alcune boss fight. Ho avuto la netta sensazione che Foreign Gnomes non sia stata in grado di comprendere cosa rendesse Everhood un autentico capolavoro weird e che abbia di conseguenza lavorato solamente sulla forma e non sulla sostanza.

Arriviamo, però, al vero tasto dolente dell’opera. Everhood ebbe un impatto incredibilmente potente su di me proprio grazie alla commistione di idee geniali di gameplay e alla sua musica incredibile (fidatevi di me: provate a mettere su “Frogs are Friends” o “You Want Gnomes” per capire che intendo), ma a rapirmi completamente fu la sua scrittura. Ci sono stati dei momenti in cui ho dovuto spegnere la console perché stremato dalla grandezza di alcune delle domande che mi stava ponendo. Mi ha fatto paura in un modo che non è tipico di come intendiamo la paura nei videogiochi, simile a quello che trovato in opere piccolissime come Exo One e Lorn’s Lure (giocateli, vi prego) o a quelle che mi raccontate essere presenti in Outer Wilds (che ancora non ho recuperato per sincera paura, ma vi prometto che prima o poi succederà). Mi ha costretto a guardarmi dentro e a chiedermi cose sul senso stesso dell’esistenza che mi hanno turbato nel profondo. In Everhood 2, di questo, non c’è neanche l’ombra. O meglio, sì, qualcosa c’è, ma è sommerso da una scrittura che nel migliore dei casi è delirante (e non in senso buono) e che nei peggiori è semplicemente noiosissima.  

La passeggiata in giro per i vari “regni” raccontati in Everhood 2 è stata estenuante, perché il gioco è infarcito di una quantità di situazioni e dialoghi che non sembrano portare assolutamente a nulla nella stragrande maggioranza dei casi. Forse sono io che non possiedo abbastanza punti intuizione per dedurre il messaggio nascosto dietro certi momenti della trama, ma giuro che di fronte al momento in cui ho dovuto prendere parte dell’assalto del castello dei pomodori assieme a un gatto ladro e a un ratto modellato ad immagine e somiglianza di Hunter S. Thompson per rovesciare il regime delle verdure ho fissato lo schermo con occhi vacui e disperati. Mi sono annoiato terribilmente passando da un mondo all’altro in cerca di qualcosa che riuscisse a parlarmi comunicandomi quale fosse l’idea di Foreign Gnomes, ho sbuffato di fronte agli scontri tutti uguali tra loro ed è finita che a un certo punto ho rinunciato – scocciato –  a farmi andare bene questa tortura nella speranza di trovare qualcosa (che alla fine arriva eh, ma è come guardare ventitrè episodi insopportabili di una serie solo perché il ventiquattresimo vi raccontano essere una figata estrema).

Insomma, sono afflitto dallo stato in cui versa Everhood 2. Non ne sentivo il bisogno ma sin dal giorno dell’annuncio ho sperato di trovarmi di fronte ad un videogioco che fosse in qualche modo in grado di raccogliere l’eredità di quel meraviglioso primo capitolo. La realtà dei fatti è che sembra quasi che Roca e Nordgren abbiano sviluppato questo sequel più per dovere che per piacere, e il risultato è un videogioco spaventosamente privo di idee e di qualsivoglia mordente.  

Che peccato e che sofferenza, mamma mia.

Pubblicato il: 05/03/2025

Provato su: PC Windows

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4 commenti

Mi trovo abbastanza in disaccordo con questa recensione che secondo me non fa per niente giustizia ad un buon indie, ma che sembra più una presa di parte data delusione iniziale rispetto ad una visione del 1 che come scritto nella recensione stessa, …Altro... Mi trovo abbastanza in disaccordo con questa recensione che secondo me non fa per niente giustizia ad un buon indie, ma che sembra più una presa di parte data delusione iniziale rispetto ad una visione del 1 che come scritto nella recensione stessa, di per sé non aveva bisogno di un sequel (opinione più che condivisibile, per carità); nonostante ciò Everhood 2 prende l'elemento di gameplay visto nel primo e come giocabilità e lo rende molto "giocoso".

Anche come recensione in sé sembra davvero scritta prendendo "at face value" le prime cose che capitano nel gioco; nonostante ci siano spunti su cui convengo, come la storia di livello inferiore rispetto al primo o la lunghezza che potrebbe portare ad alcuni ad annoiarsi, credo che semplicemente con questo capitolo si siano più incentrati nel creare un sequel che aprisse le porte ad un universo narrativo più grande (che non è comunque una scusa per una narrazione inferiore e soprattutto "monca", per carità) e da quel punto di vista di LORE non hanno per niente fallito, grossi richiami all'1 che riescono ad ampliare quest'ultimo.

Nonostante ciò posso capire la delusione da un certo punto di vista, ma per magari in futuro giocherà everhood 1 e poi 2, questo dislivello di qualità presentato sarà praticamente non presente, salvo aver traslato delle qualità su altri lidi.

Everhood è uno dei miei videogiochi preferiti di sempre. Che gran peccato.

Vedere che il seguito di everhood non è al livello del primo mi mette un sacco di amarezza.

Non lo ho mai considerato un capolavoro indie, un paio di finali stroppiavano e il finale "principale" ai tempi lo trovai un poco ruschato, ma rimaneva u …Altro...
Vedere che il seguito di everhood non è al livello del primo mi mette un sacco di amarezza.

Non lo ho mai considerato un capolavoro indie, un paio di finali stroppiavano e il finale "principale" ai tempi lo trovai un poco ruschato, ma rimaneva un gioco con grandissimi guizzi creativi stimolanti, il tipo di gioco che fa pensare "ora che i creatori hanno ottenuto un po' di consapevolezza con il primo gioco, tra qualche anno ci buttano fuori un capolavoro indie di quello che rimangono indelebili nel cuore di chi li gioca"

È davvero triste che si siano concentrati solo sull'assurdità del gioco (pensando forse che, in quanto l'aspetto assurdo del primo capitolo fu il suo aspetto più riconosciuto e popolare, spingendo solo su quello sarebbero riusciti a sfondare come non riuscirono mai con primo capitolo?).
Pure nel marketing, i trailer si concentrano principalmente a comunicare "hey, noi siamo quelli del gioco psichedelico, ti ricordi? Quello che sembrava da drogati lol 😂😂😂"
La catchphrase del trailer di lancio è "it's not weed!"... Mi sembra che si tratti di un triste caso di gamedev indie che sbagliano completamente il tiro e investono un sacco di risorse dalla parte sbagliata.

Ciononostante, i guizzi creativi di everhood 1 mi fanno sperare comunque in un capolavoro indie, magari tra qualche anno.

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