BLOOMTOWN
A DIFFERENT STORY
Di corgi battaglieri, dadi e demoni fuori controllo
Penso di avere una fantasia piuttosto fervida, ma non ricordo di aver mai pensato alla possibilità di un crossover tra la serie videoludica Persona e le avventure tutte pazze di Stranger Things.
Cosa che è venuta in mente ai dev di Lazy Bear Games e Different Sense Games, invece. Che, dopo aver avuto questa pensata, si sono detti: perché non aggiungere una spruzzata di Disco Elysium, Eastward e Stardew Valley? Ecco, allora, le ispirazioni principali che con ogni probabilità si celano dietro a Bloomtown: A Different Story, JRPG narrativo con combattimenti a turni ed elementi life-sim. È un prodotto composito, complesso, dalle anime che non sempre si amalgamano alla perfezione, ma al contempo ricco di suggestioni e pieno di carattere.
Protagonisti sono i fratelli Emily e Chester, arrivati a casa del nonno nella ridente cittadina statunitense di Bloomtown per l’estate. Siamo negli anni ’60 e tutto sembra assolutamente sereno... Se non fosse per le misteriose sparizioni di alcuni bambini. Emily e Chester decidono di indagare, e di notte la piccola viene visitata da Lucifero in persona: a quanto pare alcuni demoni fuori controllo si celano dietro gli eventi di Bloomtown, e per combatterli i due avranno bisogno di un supporto decisamente fuori dal comune.
Nel corso dei combattimenti, i quattro membri del party – Emily, Chester, l’amica Ramona e il corgi (!) Hugo – si avvalgono dell’aiuto di quattro differenti Guardiani, ciascuno dotato di distinte abilità. Non tutte hanno carattere strettamente offensivo, ed è essenziale sfruttare adeguatamente le debolezze dei nemici agli status alterati e le loro vulnerabilità elementali per avere la meglio. Sono rimasta abbastanza sorpresa dalla quantità di pensiero strategico necessaria per prevalere anche nelle battaglie contro gli avversari più banali presenti nell’Underside, sede di demoni di tutte le fogge e varietà. È molto azzeccata la scelta di stratificare il campo di battaglia su più piani, con conseguenze di grande peso: i nemici dotati di poteri curativi o di attacchi a distanza vengono “coperti” da mostri che si collocano in prima fila per attaccare il party da vicino. Diventa così fondamentale disattivare le magie di cura infliggendo mutismo al mago di turno, bersagliandolo nel frattempo con colpi di pistola o fucile, e attaccare i nemici più vicini all’arma bianca.
Va detto, però, che il sistema presenta alcune falle evidenti. Gli attacchi, sia fisici che magici, mancano il bersaglio molto di frequente – anche se portati con armi ad alta precisione – con il risultato di prolungare eccessivamente la durata delle battaglie, in particolare quelle contro i boss. Poco dopo l’inizio del gioco, inoltre, si acquista da Lucifero l’abilità di sacrificare i demoni catturati per potenziare il livello e le abilità dei Guardiani; peccato che catturare i mostri risulti diabolicamente difficile: bisogna isolare il bersaglio, uccidendo tutti gli altri compagni nella sua squadra, e portarlo in uno stato di debolezza utilizzando attacchi dell’elemento a cui è debole – e no, non contano i danni passivi che si subiscono per bruciature e simili. A questo punto, il caso torna a giocare un ruolo di primo piano: sarà il tiro di un paio di dadi a decidere sulle sorti della cattura. Purtroppo, nelle prime ore di gioco si hanno a disposizione attacchi diretti esclusivamente del tipo ghiaccio, con una forte limitazione delle tipologie di demoni che è possibile irretire in battaglia. Senza contare che la scelta delle abilità quando i Guardiani salgono di livello risulta una prova di memoria, perché nella finestra apposita si vedono soltanto quelle che possono essere acquisite, e non quelle già apprese dal demone.
Non c’è dubbio che il sistema risulterà (fin troppo) familiare per gli appassionati della serie Persona; per tutti gli altri, sarà necessario un po’ di tempo per acclimatarsi. Tempo che non mancherà, dato che per completare l’avventura in ogni sua parte saranno necessarie circa quaranta ore. Per quanto mi riguarda, ho temperato un po’ della frustrazione derivante dagli innumerevoli colpi mancati nel corso delle battaglie ammirando il design dei nemici, originalissimo in molti casi, e ascoltando le musiche, brillanti in particolar modo nelle fasi di combattimento. Non ho sempre ritrovato quella follia visiva che ho tanto amato in Eastward, ma tanti dei demoni presenti in Bloomtown sono presenze fuori di testa, e anche combattere nei panni di un muscoloso corgi, in fondo, ha il suo fascino.
Oltre alla missione principale, sono molte le attività che possono essere portate avanti a Bloomtown e nell’Underside. Si va dal giardinaggio, alle fetch quest per dare una mano ai cittadini, fino alla pesca e a veri e propri lavoretti nei negozi locali per guadagnare qualche spicciolo da investire in armi e armature. Ogni attività comporta lo scorrere del tempo: personalmente, mi sono trovata a dare priorità a quelle condotte insieme a singoli membri del party, in modo tale da poter innalzare il livello della relazione di Emily con loro. Facendo amicizia con Ramona, ad esempio, la ragazza può guadagnare la chance di non spendere punti magia per lanciare un incantesimo. In altre parole, le fasi life-sim si interlacciano in maniera significativa con i combattimenti nell’Underside, e non fanno mai percepire le passeggiate a Bloomtown come uno stacco obbligato rispetto ai momenti più prettamente action. Rispetto a prodotti come Stranger Things, però, ho notato una certa incapacità del team di scrittura nel “mimare” il livello linguistico e le reazioni emotive che sarebbero tipiche di un gruppetto di bambini di circa dieci anni: Emily, Chester e Ramona sembrano fin troppo adulti, e spesso sembra di assistere a conversazioni tra adulti, e non tra pre-adolescenti alle prese con le forze del male.
C’è poi il discorso relativo alle caratteristiche GDR di Bloomtown. Emily è dotata di caratteristiche diverse (intelligenza, fascino, competenza...) utili per compiere determinate azioni e per portare avanti con successo particolari opzioni di dialogo. Spesso entra in gioco il lancio dei dadi, le cui probabilità di outcome positivo sono influenzate dai parametri di cui sopra. Anche in caso di insuccesso, si guadagnano punti che vanno a incrementare la caratteristica utilizzata: un sistema presente in numerosi videogiochi di ruolo. Nulla di troppo complesso, intendiamoci, ma si tratta di un tocco piacevole e capace di rendere l’avventura molto personale, con vari snodi a seconda delle scelte che si compiono e dei risultati delle stesse.
Concludo con un appello a tutti i designer: nel 99% dei casi, per quanto riguarda le interfacce visibili a schermo è vero il vecchio adagio “less is more”. La splendida pixel art di Bloomtown è costantemente sporcata da indicazioni di carattere non diegetico, particolarmente invasive nella parte bassa dello schermo: al giocatore viene costantemente ricordato il pulsante da premere per accedere alla mappa e al menu, oltre alla possibilità di attivare o disattivare la prosecuzione automatica dei dialoghi e di saltare completamente le scene d’intermezzo. Penso che gli sviluppatori avrebbero potuto nutrire una maggiore fiducia nelle capacità mnemoniche dei giocatori e rendere Bloomtown decisamente più pulito da vedere. In questo senso, l’essenzialità assoluta di titoli come Inside – appartenenti a un genere completamente diverso, certo – appaga occhio e cuore come pochissime altre cose al mondo.
Bloomtown: A Different Story è una costante ricerca di spiragli di novità tra molteplici influenze e fonti d’ispirazione. E va detto che è possibile trovarne, sia nell’Underside che nella soporifera cittadina che ne cela i segreti, anche se a volte Bloomtown indossa troppo in evidenza le meccaniche prese in prestito ad altri titoli – la serie Persona, innanzitutto – come se fossero splendidi vestiti usati d’alta moda. Bellissimi da vedere, certo, ma non sempre abbinati a dovere. È comunque uno sforzo notevole e di grande complessità nel panorama dello sviluppo indipendente, e sa regalare grandi soddisfazioni, soprattutto dal punto di vista artistico. Non sarà una storia completamente diversa dalle altre, ma di sicuro ha il suo perché.
Pubblicato il: 02/10/2024
Provato su: Nintendo Switch
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