SHIN MEGAMI TENSEI V
VENGEANCE
Partirò col dire che sono sempre stato un grande detrattore della filosofia “moderna” di Atlus, che ha visto l’azienda pubblicare riedizioni rivedute e corrette dei suoi titoli di punta a prezzo pieno a poco tempo dalle rispettive versioni vanilla. Certo, si è quasi sempre trattato di miglioramenti corposi che andavano a ritoccare anche la struttura stessa di quei videogiochi, ma è una pratica predatoria nei confronti di un fandom estremamente fedele e appassionato che ha portato più volte ad operazioni commerciali poco rispettose del tempo e del portafogli del pubblico. Pare che quell’epoca stia finalmente giungendo al tramonto (Episode AIGIS è “solo” un DLC di Persona 3 Reload e non ha portato ad una nuova versione del gioco come sarebbe successo anche solo un paio d’anni fa), ma credo sia importante precisare che Shin Megami Tensei V Vengeance va necessariamente inquadrato in maniera diversa dal solito.
Prima della pubblicazione di Shin Megami Tensei V, il director Kazuyuki Yamai rilasciò un’intervista a Famitsu in cui parlava del fatto che il gioco si sarebbe occupato di raccontare le ansie del mondo moderno, arrivando a citare la paura del terrorismo, delle armi nucleari, della disoccupazione e l’angoscia di un mondo che sta invecchiando troppo in fretta. Non mi aspettavo una narrazione diretta, non da un titolo mainline di una serie famosa per essersi appoggiata ad una scrittura eterea, rarefatta e metaforica, ma rimasi profondamente deluso quando nel gioco non ritrovai nulla di quanto raccontato da Yamai. Oggi sappiamo che lo sviluppo di SMTV è stato a dir poco travagliato, costellato di deadline che il team non è riuscito a rispettare e a una quantità enorme di problemi legati ad essere stati costretti a ultimare il gioco nel pieno della pandemia, ma certi aspetti della scrittura dei personaggi erano assolutamente sottotono. Atlus ha dimostrato di essere cosciente del fatto che, nonostante Shin Megami Tensei V fosse un videogioco per certi versi pazzesco a livello di gameplay, la sua opera era deficitaria in certi aspetti: ne hanno parlato apertamente durante le presentazioni di Vengeance, ammettendo una scrittura claudicante e dichiarando ufficialmente di aver voluto rimettere mano al gioco per portarlo al livello a cui puntavano in origine. Detto, fatto: Shin Megami Tensei V non è solo una versione ampliata dell’originale, è un’opera ibrida che al suo interno racchiude sia la versione vanilla (chiamata Canon of Creation) che una nuova storyline (Canon of Vengeance) che parte dallo stesso incipit per arrivare ad un finale nuovo e per certi versi drasticamente diverso. Per intenderci: avete presente il rapporto che esiste tra Neon Genesis Evangelion e la serie dei Rebuild of Evangelion? Ecco, le intenzioni di Vengeance sono esattamente quelle.
Per l’occasione Atlus ha comunque deciso di rimetter mano anche all’originale, implementando delle novità sia per quanto riguarda il combat system sia per esplorazione e quality of life, ma il cuore di questa riedizione è proprio il canone della vendetta, che presenta una quarantina di nuovi demoni reclutabili, nuove missioni secondarie (anche piuttosto corpose) e una nuovissima mappa esclusiva legata interamente alla trama di Vengeance. Non mi sperticherò in inutili liste di migliorie e comparazioni con il gioco base, sarebbe macchinoso e anche poco interessante (e un video YouTube qualsiasi sarebbe più esaustivo e immediato di qualsiasi testo scritto). Mi limiterò a citare le prestazioni nettamente migliori – ma è anche vero che ho giocato su PS5 e non su Switch – e l’apprezzabile pienezza delle texture, oltre all’aggiunta della possibilità di salvare ovunque e all’introduzione delle ferrovie magatsuhi che espandono ulteriormente il meraviglioso level design di Shin Megami Tensei V.
Arriviamo a noi e andiamo al punto: Quanto e come è cambiata la narrativa di Shin Megami Tensei V Vengeance? Beh, tanto, ma mi ha particolarmente stupito trovarmi al cospetto di un titolo che per la seconda volta non tratta i temi menzionati da Yamai ma ha deciso invece di seguire una nuova direzione. Ho avuto la netta sensazione che Vengeance abbia cambiato natura più volte tra il 2021 e oggi, quasi come se si sia partiti con un’idea in mente che nel frattempo si è evoluta diversamente rispetto alle previsioni iniziali.
DIO È MORTO
Stecchito, andato. Kaput.
Ha governato il mondo, ha imposto le sue regole e ha generato disparità fra i suoi sottoposti, arrivando peraltro a scindere per legge la forza dei demoni e la conoscenza degli umani, e la sua uccisione ha portato ad una lunga e sanguinosa guerra fra divinità e demoni vogliosi di prendere posto sul trono vacante e dare la propria impronta al mondo innescando un nuovo ciclo. Vengeance – esattamente come faceva SMTV in origine – parla di questo, calandoci canonicamente nei panni di un Nahobino, ovvero un essere perfetto dal corpo demoniaco e dall’intelletto umano, il cui potere viene conteso da tutte le fazioni in campo. Shin Megami Tensei V parla anche delle menzogne di dio e dei suoi adepti, di una fazione ciecamente fedele a un leader che è stato deposto e che si è dimostrato non all’altezza del suo compito nonostante abbia plasmato il mondo secondo il proprio volere. Dopotutto lo ha fatto scontentando molti. Vengeance ricama su questa premessa, lo fa introducendo il personaggio di Yoko Hirohime che serve sia come miccia per innescare il nuovo corso narrativo del canon of vengeance sia come figura utile ad approfondire la trama del gioco e i vecchi personaggi.
In passato il cast è rimasto schiacciato da una scrittura decisamente troppo orientata verso un finale canonicamente più “giusto” degli altri, qui l’intenzione è stata chiaramente quella di dare più respiro a tutti i personaggi secondari per orientare meglio le scelte del Nahobino. Ichiro Dazai era in assoluto il comprimario più riuscito, con un arco evolutivo forse troppo netto ma comunque ben costruito, e per fortuna tutto questo è stato mantenuto in Vengeance, che però dona una rilevanza notevole sia a Tao Isonokami che a Yoko Hirohime, il cui rapporto è fondamentale per approfondire i dettagli e le sfumature dello scontro fra la Bethel fedele a dio e le armate di Lucifero. Trova un po’ di spazio extra anche l’accoppiata Koshimizu/Yuzuru, ma lo stesso non si può dire di Miyazu, ufficialmente messa da parte nonostante sia sempre stata un personaggio dal potenziale enorme e sprecatissimo. Peccato anche per Nuwa e Yakumo, fondamentali per il neutral ending di SMTV e messi evidentemente da parte in Vengeance. Insomma, Atlus ha provato a mettere una pezza dove serviva e ci è riuscita solo in parte.
Però a dirla tutta Vengeance funziona, perché nonostante gli inciampi di questa grande operazione di riscrittura ora ha una direzione decisamente più chiara in quello che vuole raccontare: i dialoghi tra i personaggi sono molti di più, e il ruolo di Yoko in particolare è fondamentale per dare finalmente corpo ad una narrazione in origine troppo rarefatta e intangibile. Ci sono ancora dei momenti in cui il build-up di certi avvenimenti sembra troppo frettoloso, ma i continui interventi della nuova coprotagonista permettono una comprensione maggiore dei motivi che muovono le fazioni di Vengeance. A questo aggiungo però un inedito quartetto di villain – le Qadistu – che ho apprezzato davvero tantissimo: si divorano la scena ogni volta che appaiono a schermo, e tutto ciò che concerne il loro ruolo all’interno di Vengeance oscura le piccole sbavature di una trama che ancora non è possibile considerare perfetta.
Il fatto è che a SMTV bastava poco per trasformarsi in un’opera più riuscita; il gameplay era già incredibilmente soddisfacente, la vena “zeldiana” dell’esplorazione delle sue mappe funzionava a meraviglia e in generale le atmosfere e la colonna sonora erano da primo della classe. Vengeance ha tappato i buchi che serviva tappare, senza limitarsi ad offrire una nuova storyline (che in definitiva considero molto più interessante dell’originale) ma riuscendo a rifinire ulteriormente ogni altro aspetto del gioco fino a fargli raggiungere un livello irraggiungibile da molti altri JRPG dell’epoca moderna. Un plauso va fatto a Masayuki Doi, che qui ha raggiunto un livello altissimo per quanto riguarda il monster design (al punto che non ho davvero sentito la mancanza di Kazuma Kaneko al timone del comparto artistico), e a Ryota Kozuka che ha arricchito la già splendida colonna sonora del gioco con più di quaranta nuove tracce. Fidatevi se vi dico che mi è venuto spontaneo bloccarmi durante una delle ultime bossfight del gioco per godermi una OST che si appoggiava inaspettatamente su sonorità jungle e drum ‘n bass che sembra uscita dai primi anni di PlayStation.
Se non avete ancora giocato l’originale Vengeance è la versione perfetta per entrare in contatto con questo capitolo: il canon of creation permette a tutti di esperire l’originale con una lunga serie di migliorie pratiche e tecniche che ne innalzano il valore, mentre il canon of vengeance rappresenta la forma ultima di un’opera che merita molta più riconoscenza di quanta non ne abbia ricevuta negli ultimi anni. Il Press Turn System è ancora il miglior sistema di combattimento che sia mai stato concepito nel campo dei JRPG a turni, e qui da davvero il meglio di sè: è spietato e meno immediato di tanti altri sistemi, ma una volta apprese le sue meccaniche è impossibile non innamorarsi della sua natura strategica e dinamica. Capita spesso di trovarsi di fronte a una bossfight apparentemente ingiocabile, ma quando si realizza di avere già in mano tutti gli strumenti utili a superarla non si può che rimanere estasiati dall’intricato incastro delle sue meccaniche e dall’estrema soddisfazione che si prova nel cavalcare i loop di gameplay dei combattimenti principali. Il segreto è la dedizione al Press Turn System, che ad oggi è ancora l’unico nel genere a non avere appendici inutili: buff, debuff, oggetti, resistenze e debolezze sono tutti elementi fondamentali per sfruttare appieno il gameplay.
Insomma, faccio fatica a considerare Vengeance una semplice espansione: siamo di fronte ad un gioco rivisto in tutto e per tutto, con una nuova trama che si distacca dall’originale per arrivare ad una conclusione corposamente differente. Certo, i finali del canon of vengeance sono solo due e pare non essercene uno segreto come succede per il canon of creation, ma li ho apprezzati entrambi. C’è ancora un bias evidente nei confronti di tutto ciò che rappresenta la Bethel, ma le ragioni di tutti gli adepti del creatore vengono approfondite decisamente meglio rispetto al passato, rendendo l’allineamento Law decisamente più comprensibile.
Al netto di qualche problema intrinseco alla sua genesi travagliata, quindi, Vengeance è davvero un JRPG splendido, capace come pochi di capitalizzare su un combat system meravigliosamente stratificato. Il mio consiglio è di sfruttarlo come punto d’ingresso in una serie importantissima, spietata quanto estremamente soddisfacente.
Pubblicato il: 02/07/2024
Provato su: PlayStation 5
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