ANIMAL WELL

L'INATTESA GIOIA DI PERDERSI

Negli ultimi anni il concetto di agency del giocatore si è fatto largo serpeggiando tra le recensioni e il dibattito sul videogioco, ritagliandosi uno spazio sempre più grande nell’ampio lessico che utilizziamo per raccontarci questo medium. Il merito è principalmente degli ultimi Zelda 3D (ma anche di Elden Ring e Dragon’s Dogma II, tanto per citare un altro paio di nomi illustri), che hanno esposto un pubblico enorme alla possibilità di decidere in quasi totale autonomia l’ordine e le modalità con cui affrontare le sfide proposte dall’avventura con cui si è chiamati a interfacciarsi. Il risultato di questa grande pluralità di approcci possibili è la sensazione di star plasmando la storia del gioco in maniera del tutto personale, portando così ad un chiacchiericcio inarrestabile di persone che non vedono l’ora di condividere tra loro le proprie esperienze uniche e non sovrapponibili tra loro. Quello della player agency è un concetto tipicamente associato alle Immersive Sim e agli open world in generale, tendenzialmente molto più complesso da applicare in un contesto puramente bidimensionale, tantomeno ad un genere regolato in maniera così stringente come il metroidvania. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il metroidvania ha uno schema di risoluzione fisso basato su un ordine preciso con cui raccogliere oggetti chiave e power up per aggirare gli ostacoli della mappa. Spesso si limita a illudere il giocatore di star risolvendo enigmi e superando ostacoli in maniera del tutto autonoma, ma se li si guarda dalla giusta angolazione è sempre possibile scorgere la mano invisibile degli sviluppatori che guidano il giocatore verso la direzione corretta.

Poi è arrivato Animal Well. E io Animal Well l’ho odiato a morte per almeno un’ora prima di innamorarmene perdutamente.

Il gioco si apre con la schiusa di un bozzolo, da cui fuoriesce una piccola sfera del tutto indifesa; da lì si dipana una gigantesca quantità di bivi e deviazioni che mi hanno lasciato in balia della mia totale indecisione. Seguire quello strano scoiattolo scappato verso il bordo destro del quadro o tentare la scalata verso l’alto? Esplorare lo strano cunicolo nascosto nell’angolo o puntare la grande stanza in cui si aggirano indisturbati due grandi aironi dall’aspetto spettrale? Tutta questa enorme libertà di approccio mi ha terrorizzato, imbottendomi il cervello di dubbi. Da amante dei metroidvania ho fatto fatica a capire cosa il gioco si aspettasse da me, lasciandomi alla disperata ricerca di un segnale che mi rassicurasse del fatto che fossi effettivamente sulla strada giusta. Poi, però, ho capito.

Animal Well non si aspettava niente da me, anzi mi stava come osservando, curioso di capire come avrei sfruttato la mia libertà di muovermi a tentoni nella sua mappa aggrovigliata su sé stessa.

La scintilla è scattata quando mi sono confrontato con altre persone che stavano giocando all’opera di Billy Basso e ho realizzato che ognuno di noi aveva affrontato il percorso in maniera anche drasticamente differente. Il primo power-up che ho raccolto i altri non l’avevano nemmeno mai visto, così come io stesso non avevo idea dell’esistenza di certi oggetti in cui altri si erano imbattuti gironzolando per la mappa. Player agency in tutto il suo spaventoso e frustrante splendore.

l merito non è solamente del level design libero da vincoli e da percorsi preimpostati, ma anche (e soprattutto) dell’aura di mistero che emana Animal Well. Non c’è nemmeno l’ombra di una linea di testo, non una spiegazione né un obiettivo troppo chiaro da perseguire: bisogna lasciarsi andare al brivido di sperimentare soluzioni creative con gli strumenti con cui si è entrati in contatto, siano essi strani frisbee, bacchette sparabolle o improbabili yo-yo. Non è un caso che abbia deciso di citare proprio gli ultimi Zelda in apertura: l’approccio agli innumerevoli enigmi di Animal Well è del tutto sovrapponibile a quello dei sacrari di Breath of the Wild e Tears of the Kingdom, che rifiutano categoricamente l’idea che esista uno e un solo modo di superare un dato ostacolo. 

Quando ho fatto pace con quest’idea mi sono fatto letteralmente rapire dai misteri di Animal Well, la cui risoluzione ha infestato i miei pensieri per giorni anche e soprattutto a console spenta, nei momenti in cui ho potuto ragionare con distacco immaginando le possibili soluzioni di certi enigmi su cui mi sono bloccato. La realtà dei fatti è che è un gioco in cui è facilissimo perdersi, ma se all’inizio tutto quel vagare apparentemente a vuoto può essere un’esperienza frustrante, dopo poco diventa una vera gioia. Un dolce naufragar nei mille pericoli disseminati in giro per la mappa.

Quelli di Animal Well, tra l’altro, sono alcuni tra gli ambienti più inquietanti in cui mi sia imbattuto recentemente. La sensazione è quella di essere un’anomalia all’interno di un sistema perfettamente autosufficiente, un disturbo in un (eco)sistema altrimenti perfetto, in cui tutto è potenzialmente letale ma che mette in soggezione soprattutto perché gli abitanti di quei biomi sembrano sostanzialmente infischiarsene della nostra insignificante presenza. Si è alla guida di un esserino minuscolo e del tutto incapace di combattere in un mondo in cui vige la legge del più forte, in cui è possibile diventare la cena di strambi camaleonti giganti, la preda di uno strambo gatto spettrale (che è peraltro una chiara quanto inaspettata citazione ad Hausu di Nobuhiko Obayashi) o l’oggetto della curiosità di un capybara che ci osserva guardingo dalla sicurezza della sua tana buia. Il feeling a volte è proprio quello dei vecchi survival horror, in cui l’unica opzione praticabile per sopravvivere ad uno scontro è la fuga. 

Il mondo animale, dopotutto, funziona esattamente così.  

Oltre a tutto questo, però, Animal Well è anche un ritorno alle origini del videogioco. Lo è sia nella sua estetica, benedetta di default da un filtro CRT che sul piccolo schermo di Switch risulta anche parecchio godibile, sia nella sua ostinata riproposizione di una matericità d’altri tempi, infarcito com’è di oggetti “analogici” come i già citati frisbee e yo-yo che rimandano al giocattolo e ad un senso di scoperta molto "infantile". Ogni quadro contiene un puzzle o una sezione platform, si salva interagendo con dei telefoni a disco e ogni singolo oggetto nasconde un suo funzionamento segreto che va svelato facendo infiniti tentativi o – se preferite – sperimentando giocandoci. La sua magia sta tutta qui, nel fatto che ogni scoperta accende la morbosa curiosità di scoprire se quel nuovo e insperato utilizzo di un dato oggetto possa effettivamente rivelarsi utile ad aggirare un ostacolo abbandonato dalla parte opposta della mappa. Girovagando per il pozzo e risolvendo i suoi tanti enigmi si viene poi ricompensati con delle uova, ma anche qui Animal Well tiene fede al proprio voto di silenzio: non è dato sapere a cosa servano, né da dove arrivino o dove portino. È ancora una volta la curiosità del giocatore a dover svelare l’arcano, ed è per questo che ho tentato il più possibile di evitare di raccontare nello specifico le meccaniche e le sorprese di Animal Well.

Prima di arrivare in fondo è necessario perdersi, venire divorati, incastrarsi nella risoluzione di un enigma e attraversare più e più volte la mappa (a proposito: ricordatevi SEMPRE di appuntarvi la posizione di oggetti e ostacoli nel corso del vostro playthrough, vi salverà la vita). Animal Well premierà il vostro impegno con piccole e decise scariche di dopamina e conseguenti boost di autostima ogni volta che tornando sui vostri passi riuscirete ad arrivare dove fino a poco prima pensavate fosse impossibile arrivare. Dopo i credits (che si raggiungono in circa sei o sette ore, ma ad occhio potreste metterci sia molto meno che molto di più) si aprirà poi un mare sconfinato di possibilità che faranno la gioia di tutti i completisti ossessivi, arrivando così – stando a quello che si dice in giro – a più che triplicare il tempo che è possibile passare nei meandri di questo strano e inospitale pozzo misterioso alla ricerca di tutti i suoi collezionabili. 

Alla fine avrete una storia bellissima da raccontare. Bellissima perché sarà vostra e vostra soltanto, e sarà accompagnata dalla sensazione di esserci riusciti solamente con le vostre forze, senza interferenze esterne.

Animal Well, in questo, è realmente un piccolo e preziosissimo capolavoro.

Pubblicato il: 13/05/2024

Provato su: Nintendo Switch

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15 commenti

lo sto giocando in questi giorni. te e simo mi avete messo tanta voglia di giocarlo e come al solito ogni gioco che consigliate finisco per amarlo. questo si prende sicuro il miglior indie, ma per me rientra pure tra i goty

wow Sori, me l'hai venduto

E' stata una sorpresa, preso a scatola chiusa ancora di più. Detto questo, bellissima recensione!

Assurdo quanto il gioco in realta sia profondo. Un gioco che nasconde al suo interno cosi tanti segreti (alcuni veramente assurdi, e no, non si tratta semplicemente di una chest nascosta), scopribili solamente da chi ha un occhio veramente attento. U …Altro... Assurdo quanto il gioco in realta sia profondo. Un gioco che nasconde al suo interno cosi tanti segreti (alcuni veramente assurdi, e no, non si tratta semplicemente di una chest nascosta), scopribili solamente da chi ha un occhio veramente attento. Un gioco che nasconde letteralmente dentro di se un altro gioco. Il paragone piu' simile che mi viene da fare è Tunic, un altro piccolo capolavoro. Super consigliato per chi gioca da anni e vuole qualcosa che lo stupisca. Unica pecca è che il vero gioco si apra praticamente una volta raggiunto il "fondo del pozzo" (metaforicamente parlando). Ah e sicuramente come disse anche lo sviluppatore, passeranno anni prima che vengano trovati tutti i segreti di questo piccolo capolavoro

Comprendo lo smarrimento ed è quello che ho provato io. Ciò che però mi ha spinto a mollarlo subito è la grafica. L'ho giocato su PlayStation collegata ad un TV molto grande e forse è questo il problema. A volte non capisco se c'è una superfici …Altro... Comprendo lo smarrimento ed è quello che ho provato io. Ciò che però mi ha spinto a mollarlo subito è la grafica. L'ho giocato su PlayStation collegata ad un TV molto grande e forse è questo il problema. A volte non capisco se c'è una superficie o altro. Probabilmente dovrei concedergli più tempo. Ci riproverò. Grazie per la recensione.

Lo sto giocando su Switch, ho avuto la stessa sensazione: un senso di smarrimento iniziale, per poi godere dopo qualche ora nel riuscire a superare una fase platform particolarmente difficile e che non perdona il minimo errore. Alle volte spietato, o …Altro... Lo sto giocando su Switch, ho avuto la stessa sensazione: un senso di smarrimento iniziale, per poi godere dopo qualche ora nel riuscire a superare una fase platform particolarmente difficile e che non perdona il minimo errore. Alle volte spietato, oltre alla necessità di inserire i segnalini sulla mappa per evitare di perdersi pezzi, è anche opportuno salvare più spesso possibile onde evitare di dover ripetere dei lunghi tratti dopo una morte prematura.

Incredibile, ho fatto un articolo al riguardo e praticamente ho descritto, sebbene in maniera differente, le stesse sensazioni e le stesse impressioni e di come il gioco ti spinge a interagire con lui.

L'unica cosa che non mi convince, nonostante sia il punto del gioco, è che guardando anche qualche gameplay mi sembra fin troppo dispersivo. Spero sia solo una mia impressione perché è un titolo che attendevo ormai da molto tempo, prima o poi si r …Altro... L'unica cosa che non mi convince, nonostante sia il punto del gioco, è che guardando anche qualche gameplay mi sembra fin troppo dispersivo. Spero sia solo una mia impressione perché è un titolo che attendevo ormai da molto tempo, prima o poi si recupera in ogni caso.

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