BOTANY MANOR
I fiori dimenticati di Arabella Greene
Stavo rovistando nei meandri di internet per cercare informazioni su Balloon Studios e sono capitato sull’annuncio per la selezione del 2021 dei BAFTA Breakthrough, un riconoscimento nei confronti di quelle che vengono individuate come stelle future nel campo del cinema, della televisione e del videogiochi. Di quell’elenco faceva parte Laure De Mey, che da qualche mese aveva lasciato il suo impiego presso ustwo Games per dedicarsi a tempo pieno alla gestione, per l’appunto, di Balloon Studios. Ora, sorvolando (anche se in realtà non sto sorvolando) sulla fitta al cuore e sul senso di anzianità che mi ha dato leggere nella sua biografia di quando a quattro anni osservava suo padre giocare a Tomb Raider, Laure ha iniziato nel settore lavorando su alcuni progetti VR, per poi entrare come programmatrice nello studio famoso soprattutto per Monument Valley, dove fra le altre cose ha lavorato su Alba: A Wildlife Adventures. Ma parallelamente al suo lavoro “diurno”, ha iniziato a occuparsi di progetti più personali, tant’è che la mia opera di rovistaggio nella rete mi ha permesso di riesumare un’intervista del 2020 in cui già veniva menzionato Balloon Studios come sua occupazione nel tempo libero. E dopo quasi quattro anni di stabilità, Laure ha deciso di lasciare ustwo per dedicarvisi a tempo pieno, fondando un vero e proprio studio con una rete di collaboratori e lanciandosi nel titolo d’esordio Botany Manor.
Tutta questa premessa è, credo, importante per sottolineare il coinvolgimento personale di Laure De Mey in un progetto che parte da una direttrice molto chiara, ovvero il desiderio di creare giochi rivolti a un pubblico poco “servito”, di cui poi lei stessa fa parte. Basta scorrere il suo profilo sul sito di BAFTA o esplorare la pagina di Balloon Studios per leggere che De Mey ritiene il pubblico delle videogiocatrici incompreso, poco assecondato, e che desidera creare giochi pacifici, accoglienti, capaci di trasportare in mondi altri e in ambientazioni storiche. Insomma, da un lato Botany Manor è innegabilmente figlio di un lavoro collettivo a cui ha partecipato una decina di persone, fra cui spicca forse il nome di Kitt Byrne, che ha a CV The Mermaid’s Tongue, Gibbon: Beyond the Trees e il BAFTA Breakthrough 2023. Dall’altro, non mi sento in difetto a considerarlo l’opera di Laure De Mey, un’autrice vera che, oltre ad aver fondato lo studio, nei titoli di coda figura come direttrice creativa, art director, level, game e narrative designer, programmatrice e così, per abbondanza, pure alla voce “tech art”.
Ma che cos’è, Botany Manor? È un’avventura/puzzle game in prima persona che fa vestire i panni di Arabella Greene, una botanica impegnata ad esplorare il suo maniero vittoriano, un edificio gigantesco circondato da un parco lussureggiante. Arabella sta lavorando per completare un manoscritto dedicato a una serie di fiori “dimenticati”, piante immaginarie dalle caratteristiche affascinanti, nella speranza di riuscire a ottenere un contratto di pubblicazione. La sua storia viene raccontata dal gioco in maniera molto lieve, sostanzialmente attraverso una serie di lettere e messaggi del tutto facoltativi che è possibile reperire in giro per i vari luoghi e che includono lettere personali, scambi con editori, comunicazioni da possibili datori di lavoro, tratteggiando il purtroppo classico ritratto di un ambiente scientifico ostile, che in quegli anni osservava con sufficienza le donne interessate a una carriera scientifica. Insomma, signora mia, la scienza è una cosa seria: se proprio le interessano le piante, si diletti con qualche fiorellino insieme ai suoi figli.
Al di là della narrazione, che comunque ha un ruolo importante sul piano tematico, ma molto secondario su quello dell’interattività, il cuore del gioco è strutturato attorno al libro che Arabella sta scrivendo. Nei suoi vari capitoli, che scandiscono la progressione del gioco stesso, sono elencati dei fiori che bisogna capire come far sbocciare, in modo da poterne completare la descrizione nel manoscritto. Botany Manor prevede proprio un sistema per cui, partendo dai materiali presenti nei vari banchi da lavoro, si prende un vaso, lo si riempie di terra, si pianta il seme, si innaffia e… e poi bisogna applicare le metodologie previste dalla singola pianta. Metodologie che, però, Arabella non conosce a memoria e deve ricomporre mettendo assieme vari indizi sparsi per il maniero.La natura enigmistica del gioco ruota proprio attorno al recuperare questi indizi e interpretarli nella maniera giusta. A volte sono istruzioni precise ma molto più spesso sono brani di lettere, pagine di testi scientifici, ritagli di giornale, fotografie, cartoline, calendari, risultati di studi sul campo, anche oggetti, in un gran guazzabuglio di spunti che bisogna raggruppare nell’apposito menu (una pagina del libro) e interpretare. In più di un caso, tra l’altro, capire cosa serva al fiore non basta, perché magari non abbiamo a disposizione gli strumenti adatti e bisogna inventarsi metodi alternativi per ottenere lo stesso risultato. Inoltre, col procedere del gioco, la situazione viene complicata dal fatto che ci si ritrova a lavorare su tre o quattro piante in contemporanea e bisogna quindi capire a quale fiore si riferisca il tal indizio.
Gli enigmi non ruotano quindi, se non veramente in minima parte, attorno alla combinazione di oggetti, allo spostamento di scatoloni o alla ricerca di gioielli con cui aprire porte, per citare qualche cliché videoludico del passato più o meno recente. Si tratta di interpretare testi scritti, notare gli elementi di collegamento fra un indizio e l’altro, cogliere i riferimenti che permettano di tracciare una linea con la pianta giusta e poi interpretare l’insieme per capire cosa fare. Come approccio, mi ha ricordato gli enigmi più fantasiosi di certe avventure grafiche classiche Sierra, a cominciare dai Gabriel Knight, o magari cose più recenti tipo The Excavation of Hob's Barrow, e devo ammettere che è un tipo di approccio al design degli enigmi che amo molto. Mi sembra però il caso di puntualizzare che il target di riferimento non sono gli appassionati di avventure punta e clicca che amano trascorrere settimane (mesi?) incastrati su un enigma senza sapere cosa fare. Per chi ha un minimo di esperienza con il pensiero laterale, Botany Manor scorre via abbastanza semplicemente, con magari giusto un paio di situazioni che richiedono quel pizzico di sforzo e di intuizione in più. Il gioco di Balloon Studios vuole soprattutto regalare una bella esperienza, cosa che penso gli riesca appieno, grazie alla narrazione riuscita, alle scelte stilistiche ficcanti e ricche di personalità, all’atmosfera accogliente e a un design dei puzzle riuscito.
E a tal proposito, mi sembra giusto chiudere l’articolo raccontando in due righe quale sia stata la mia, di esperienza. Il mio primo incontro con Botany Manor risale alla Game Developers Conference 2023, dove provai l’inizio del gioco e scambiai due chiacchiere con Laure De Mey. A circa un anno di distanza, subito prima di partire per la GDC 2024, mi è stata data l’opportunità di richiederne una copia e mi ci sono gettato, intenzionato a parlarne nel mio podcast. Ho deciso di giocarci assieme a mia figlia di otto anni, perché ero certo che le sarebbe piaciuto: le ho fatto vedere il trailer e ha accettato con entusiasmo. Abbiamo fatto i turni su mouse e tastiera a seconda di chi avesse voglia in quel momento, di chi aveva l’intuizione giusta e anche del fatto che dopo un po’ lei si stancava, con le sue manine piccole. Per le cinque ore e mezza impiegate a raggiungere i titoli di coda, ci siamo divertiti tantissimo ad esplorare, a giocare con le piante e a discutere su come collegare gli indizi, su quali parole facessero capire cosa fosse collegato a che, e a risolvere gli enigmi. Alcuni erano un po’ complessi per lei e ho avuto un paio di momenti di gloria in cui ho capito cosa fare, sono corso a farlo e mi sono sentito dare del genio, ma ho per lo più cercato di spingerla nella direzione giusta, darle suggerimenti vaghi e sorridere tutto contento quando capiva più o meno da sola cosa fare. Le ho dato qualche direttiva per capire meglio cosa raccontasse la storia ed è stato adorabile vederla innervosirsi di fronte a certi temi che venivano affrontati.
Nel mentre, anche mia moglie si è intrigata. Non è una videogiocatrice, anche se quando le mostro cose che penso potrebbe apprezzare ne rimane sempre affascinata, e in più soffre di motion sickness, cosa che le ha reso problematico osservarci giocare a un’avventura in prima persona. Ma era talmente attratta dallo stile visivo, dalla natura degli enigmi, dall’ambientazione e dal nostro entusiasmo che si è fatta tirare dentro e abbiamo giocato tutti assieme ai momenti finali dell’avventura, commuovendoci pure un po’ sull’ultimo twist. E mia figlia è andata avanti per giorni a ribadire quanto le fosse piaciuto il gioco. Voglio dire, ne è stata talmente colpita che abbiamo rinviato l’acquisto di Princess Peach Showtime, e non è poco. Alla fine ero talmente preso dall’entusiasmo che ho sentito il bisogno di (1) scrivere una email a Laure De Mey per raccontarle più o meno i due paragrafi che avete appena letto e ringraziarla e (2) propormi per scrivere questa recensione su Final Round.
Anche perché sì, certo, la maniera in cui ci ho giocato “in famiglia” ha sicuramente contribuito al piacere dell’esperienza, ma Botany Manor è veramente un gioco delizioso, che consiglio a chiunque apprezzi un certo tipo di avventure grafiche e, in generale, a chi avesse trovato anche solo qualche spunto interessante in questo articolo probabilmente troppo lungo. Lo trovate dal 9 aprile su PC, Switch e Xbox, anche incluso nel Game Pass, e tra l’altro il gioco è localizzato in italiano e include tutta una serie di opzioni per l’accessibilità e per andare incontro a chi ha problemi di motion sickness.
Dategli una chance, se la merita.
Pubblicato il: 08/04/2024
Provato su: PC Windows
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