RISE

OF THE

RONIN

Fa molto strano vedere associato il marchio PlayStation a un prodotto con tutti i problemi di Rise of the Ronin

Lo so bene che il gioco non è stato sviluppato da un team interno di Sony, e arriva invece dagli studi del Team Ninja di proprietà di Koei-Tecmo, ma è indubbio che PlayStation l’abbia trattato – a livello di comunicazione e posizionamento – in modo particolare. Forse per riempire il vuoto pneumatico della sua line-up di questi primi mesi del 2024, Sony lo ha considerato al pari di un second party, come si dice in gergo: un gioco prodotto da una software house esterna che ha un forte legame contrattuale con il produttore di hardware, a cui tocca occuparsi del marketing e della distribuzione. Per intenderci: questo approccio, lo stesso che fra qualche mese interesserà Stellar Blade, è ben diverso da quanto è successo ad esempio con Final Fantasy VII Rebirth... che pure è un’esclusiva PlayStation 5, ma che per esempio non è marchiata col bollino PlayStation Studios. 

E il punto è proprio qui: se fino ad oggi questa “firma digitale” aveva rappresentato una garanzia di qualità e aveva trasmesso l’idea di alti valori di produzione, Rise of the Ronin sconfessa questo assioma.

Al gioco non manca soltanto una grafica d’impatto e una messa in scena sontuosa (anche se il comparto grafico è uno dei problemi più vistosi), ma anche il coraggio, l’ambizione, il tiro estetico e creativo che le produzioni a marchio PlayStation hanno più o meno sempre avuto. Si salva, lo dico prima che qualcuno possa pensare a un disastro integrale, il sistema di combattimento, ma non sono affatto sicuro che questo basti a redimere un prodotto evidentemente mediocre.

Alcuni elementi di interesse si manifestano comunque nelle prime ore, quel tanto che basta per mitigare l’impatto con un gioco un po’ fuori dal tempo. L’idea di focalizzarsi sul Giappone moderno, per esempio, è affascinante: Rise of the Ronin non racconta del periodo medievale e si concentra invece sulla fine del Sakoku, la politica isolazionista fortemente voluta dallo shogunato Tokugawa. Partendo dal 1858 per poi andare avanti di qualche anno, la storia racconta il Bakumatsu e quindi la fine del periodo Edo: la caduta, insomma, del sistema feudale nipponico e la conseguente occidentalizzazione del Paese. 

Seppur in versione potentemente romanzata, dentro Rise of the Ronin appaiono politici dell’epoca, donne e uomini che hanno cambiato il volto della nazione, e una serie di riferimenti che possono spingere i più curiosi a sondare la Storia (quella con l’iniziale maiuscola) del Giappone moderno. Visto il numero cospicuo di giochi che scelgono il Paese del Sol Levante come cornice per le proprie trame, vi suggerisco spassionatamente seguire questa curiosità, perché su questo fronte Rise of the Ronin è davvero diverso, a suo modo. 

L’altro aspetto che mi ha incuriosito per un po’ è la volontà del team di sbattersene delle regole, ignorando molte delle sovrastrutture che di solito si trovano negli open world contemporanei. Sulle prime Rise of the Ronin sembra non soffrire di quella asfissiante bulimia di contenuti che invece caratterizza moltissimi altri titoli a mondo aperto, e appare quindi come un prodotto… moderato, che lascia al giocatore una placida sensazione di controllo. Poche attività secondarie, qualche avamposto da liberare, alcune missioni più fantasiose che raramente distolgono l’attenzione dalla storia principale.

Questi elementi, assieme al sistema di combattimento, controbilanciano una grafica che non riesco a non definire disastrosa. Da questo punto di vista Rise of the Ronin è inaccettabile, soprattutto se paragonato allo standard di questa generazione, ma anche evidentemente peggiore degli altri lavori del team. Non amo dilungarmi troppo su questioni di carattere tecnico, eppure è impossibile non citare i modelli poligonali poco convincenti, le animazioni legnose, le texture poco brillanti e soprattutto un’illuminazione dalla piattezza desolante. Non si salva niente, ed è evidentemente un problema: perché il gioco vorrebbe - disperatamente vorrebbe! - innescare lo stesso senso di meraviglia che si prova di fronte alle distese fiorite di Ghost of Tsushima, oppure osservando le architetture cittadine di un qualsiasi Assassin’s Creed; eppure il tentativo fallisce clamorosamente. Per questioni tecniche ma anche estetiche: l’unico momento in cui mi sono sinceramente entusiasmato, in oltre trenta ore di gioco, è stato di fronte all’imponente Sensoji, il tempio buddista nel distretto di Asakusa a Edo, con una planimetria e un impatto scenico ricordano moltissimo quelli dell’edificio reale. È forse questa la testimonianza che, lavorando sull’aspetto artistico, pure un motore non proprio prestante può sfociare in un rendering espressivo; il problema di Rise of the Ronin è che non lo fa quasi mai.

La componente del gioco che funziona davvero, dicevo, è il sistema di combattimento. Che è un buon mix fra quello di NiOh e quello di Wo-Long, gli ultimi due lavori del Team Ninja. 

Rise of the Ronin è un gioco d’azione molto dinamico, abbastanza intenso e incredibilmente violento, con un combat system sufficientemente tecnico e stimolante. 

In fase di attacco bisogna gestire il Ki, in fase difensiva deflettere col giusto tempismo i colpi dei nemici, nel tentativo di sbilanciarli e poterli così trafiggere con un colpo letale. Non ci sono le posizioni come in NiOh, ma diversi stili di combattimento che cambiano le mosse per ogni arma. Ci sono armi da fuoco per ripulire a distanza gli accampamenti e la possibilità di sfoltire le fila nemiche con un po’ di stealth. In questo caso può essere utile il rampino, che ravviva anche l’esplorazione e gli scontri tradizionali, garantendo al protagonista una piacevole mobilità. Nonostante queste introduzioni e alcune trovate per rendere il gioco più accessibile, quello di Rise of the Ronin non è un gameplay del tutto nuovo, non è un gameplay originale... ma è un gameplay che funziona.

L’avventura conserva la sfida pronunciata delle altre produzioni del team, ma c’è anche un selettore della difficoltà: scegliendo l’opzione più facile si procede a testa bassa, falcidiando rapidamente qualsiasi nemico; scegliendo quella più ardua l’esperienza si avvicina all’idea di “masocore”, termine con cui lo stesso Team Ninja ha in passato identificato il suo NiOh. Fatto sta che Rise of the Ronin si lascia giocare piacevolmente, probabilmente anche da chi ha trovato troppo punitivi i vecchi titoli della software house.

Purtroppo il sottile equilibrio che il gioco riesce a costruire nelle prime ore si rompe irrimediabilmente col passare del tempo. Un po’ perché Rise of the Ronin comincia a strafare per quel che riguarda la quantità di contenuti: le icone sulla mappa si moltiplicano, le distanze si allungano e inevitabilmente i ritmi si allentano. Scatta quella tendenza degli open world di riproporre le stesse tipologie di attività ancora e ancora e ancora, e tutto diventa un po’ iterativo, monocorde, a tratti esplicitamente noioso. Si esaurisce troppo in fretta il senso di scoperta e il fattore novità: ci sono avversari tutti uguali, con strategie d’ingaggio sostanzialmente identiche, in aree che non brillano per design o complessità strutturale. 

Sembra quasi, da un certo punto in poi, che Rise of the Ronin sia un gioco votato esclusivamente all’accumulo: di gatti sperduti, di pezzi d’equipaggiamento, di missioni in copia carbone, di alleati, di statistiche. Questa ossessione per il numero, per la massa fuori misura, arriva a contaminare ogni aspetto, persino quello narrativo. Rise of the Ronin infila nel suo racconto una serie sconfinata di personaggi, di nomi, di politici e guerrieri, rendendo gli eventi un po’ troppo complessi e intricati, difficili da seguire. Mentre la storia principale resta comunque interessante, tra cospirazioni fallite e trattati imposti con la forza, diverse attività secondarie che pure riguardano le figure storiche e politiche dell’epoca sono superficiali al punto da essere del tutto insipide. Non aiutano i dialoghi un po’ meccanici e il doppiaggio che non sempre ha l’inflessione più appropriata alla situazione.

Andando avanti, mentre si continua a vendere o smontare centinaia di armi e armature tutte uguali, si scopre che anche la struttura di gioco scricchiola un po’. Rise of the Ronin alterna diverse zone aperte (prima i dintorni di Yokohama, poi quelli della capitale Edo, per poi arrivare a Kyoto), completamente scorrelate tra loro, a delle missioni molto più guidate e lineari, ambientate piccole zone ulteriormente separate da tutto il resto. Questi incarichi sono in certi casi fulminei, e molto spesso gli manca il respiro e persino la qualità del level design che c’erano ad esempio nelle missioni di NiOh o di Wo-Long. Dimenticatevi le scorciatoie e il senso di scoperta, perché non li troverete in nessuna delle aree di gioco, per larghi tratti neppure in quelle principali. 

Al gioco manca il senso di possente coesione che ha per esempio l’Interregno, ma pure senza scomodare il capolavoro di From Software (a cui comunque Rise of the Ronin concettualmente si ispira) è difficile trovare un open world così disorganico e… disordinato. Vi basti pensare che a un certo punto del racconto, se si vuole visitare una zona abbandonata in precedenza, bisogna tornare “indietro nel tempo” meditando di fronte a una pergamena che tramanda le gesta del protagonista. Una soluzione che, esattamente come il resto della progressione, ho trovato poco elegante, e che dimostra come Rise of the Ronin sia un gioco assemblato in fretta, sviluppato e pensato senza la cura per il dettaglio e l’attenzione che invece hanno caratterizzato gli altri lavori recenti del team.

E insomma, avrete capito, il già flebile entusiasmo per Rise of the Ronin svanisce in fretta, dopo circa una decina di ore, sostituito prima del previsto da una sensazione di noia un po’ logorante. Ripetitivo al pari di Ghosts of Tsushima, anche se con un gameplay più violento, tecnico e sfidante, resta l’esclusiva PlayStation più debole di questa generazione. Al di là della scelta operata sul contesto storico (interessante ma alla lunga non sviluppata al meglio), il gioco non ha elementi di originalità, una struttura un po’ frammentata, e praticamente nessun guizzo a livello estetico e visivo. Sulle strade di Edo e di Kyoto, affacciate su una nuova era di progresso e occidentalizzazione, tramonta lentamente un sole obliquo; in un crepuscolo immobile, sbiadito, che non lascia traccia.

Pubblicato il: 21/03/2024

Provato su: PlayStation 5

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9 commenti

A me è piaciuto molto...me l'ho goduto e platinato in 62h.
Ha tanti difetti e imperfezioni ma se questo è un gioco brutto ci meritiamo una vita di Hellblade II che è una demo di 5h,dai su...per favore

Io invece dopo 40 ore di Gioco non riesco a staccarmi, il combact system riscatta tutto. Bellissimo

Lontano dagli standard dei PlayStation studio ma gradevole soprattutto il combact system.

Come sempre l'impaginazione è spettacolare, ma venendo alla recensione spiace vedere come Tecmo Koei e più nello specifico Team Ninja si siano ormai adagiati su un modello di sviluppo così ripetitivo e sempre concettualmente uguale a sè stesso. Q …Altro... Come sempre l'impaginazione è spettacolare, ma venendo alla recensione spiace vedere come Tecmo Koei e più nello specifico Team Ninja si siano ormai adagiati su un modello di sviluppo così ripetitivo e sempre concettualmente uguale a sè stesso. Questo sembra un gioco nato per fare cassa con poco sforzo rivolgendosi agli appassionati del genere e non ci sarebbe nulla di male in fondo se non fosse che anche Wo Long dava la stessa impressione, un peccato considerando che con poco sforzo in più potrebbero fare molto meglio a cominciare dalla narrativa che nei loro giochi è sempre meno che mediocre.

Avrei tanto voluto giocarlo, anche perché è vero che ci sono tanti giochi ambientati in Giappone, ma nessuno è ambientato a fine 1800. Il miscuglio tra Assassin's Creed, Sekiro, Elden Ring e Ghost of tsushima sulla carta a me piace, peccato che no …Altro... Avrei tanto voluto giocarlo, anche perché è vero che ci sono tanti giochi ambientati in Giappone, ma nessuno è ambientato a fine 1800. Il miscuglio tra Assassin's Creed, Sekiro, Elden Ring e Ghost of tsushima sulla carta a me piace, peccato che non è riuscito. Lo aspetterò in sconto oppure sul plus

Provo sempre un po' di amarezza quando vedo fallire un titolo, peccato per Team Ninja, speriamo possano rifarsi in futuro. Di certo rimane la curiosità di provare il sistema di comabattimento. Comunque apprezzo tantissimo la schiettezza di queste re …Altro... Provo sempre un po' di amarezza quando vedo fallire un titolo, peccato per Team Ninja, speriamo possano rifarsi in futuro. Di certo rimane la curiosità di provare il sistema di comabattimento. Comunque apprezzo tantissimo la schiettezza di queste recensioni, bravi.

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