CRYMACHINA
COSA SIGNIFICA ESSERE UMANI?
Intervistato sul perché Neon Genesis Evangelion fosse così pieno di riferimenti visivi alla cultura cristiana, Hideaki Anno rispose che, molto semplicemente, quei riferimenti li ha inseriti nella sua opera perché al pubblico giapponese sarebbero risultati esotici e per questo affascinanti. Anno è un autore e come tutti gli autori mente sulle proprie creazioni, eppure nella sua ingenua risposta un fondo di verità c’è: il pubblico giapponese subisce eccome il fascino esotico della cultura occidentale, e certe produzioni lo dimostrano ampiamente. Yoko Taro ha pescato a piene mani dalla filosofia europea, Hidetaka Miyazaki (e un’infinità di altri autori come lui) ha rielaborato l’estetica medieval fantasy del vecchio continente, Anno ha flirtato con l’immaginario cristiano. Crymachina, action-RPG fantascientifico sviluppato da FuRyu e Aquria, si inserisce nello stesso filone di opere esplicitamente ispirate dalla cultura, religione e filosofia occidentale.
Non so bene cosa mi aspettassi da Crymachina sinceramente, ma quello che ho trovato dopo i titoli di testa mi ha spiazzato parecchio. C’è un passaggio dell’anteprima di Crymachina scritta da Kiyan Mullen per rpgfan.com che secondo me sintetizza perfettamente l’impatto che ho avuto con l’incipit del gioco: “the start of the game is kind of like learning how to swim at the Olympics”. Il gioco vomita sullo schermo una quantità spropositata di informazioni relative alla narrativa, alle sue parametrie e alle sue meccaniche, costringendo chi si trova dall’altra parte dello schermo a venire sommerso di concetti e idee da introiettare il più in fretta possibile per comprendere contesto e direzione del gioco. Il mondo è finito e gli esseri umani si sono estinti a causa di una sindrome misteriosa e di una guerra mondiale nucleare che ha apposto la parola fine alla vita sulla terra. Poco prima di esalare il suo ultimo respiro, la specie umana ha lanciato nello spazio una nave spaziale “abitata” da otto Dei ex Machina, intelligenze artificiali a cui ha affidato il compito di ricreare la vita e di trovarle un nuovo posto da abitare nell’universo, solo che dopo due millenni l’equilibrio delle otto IA si è incrinato scatenando una guerra fratricida che le vede divise in fazioni in conflitto. Se anche voi state ripensando ad Horizon Zero Dawn e alle sue IA impazzite non state sbagliando, il background narrativo di Crymachina è pericolosamente vicino a quello dell’opera di Guerrilla Games.
La coscienza digitalizzata di Leben, la protagonista di Crymachina, si risveglia all’interno di un avanzatissimo corpo meccanico per volere di Enoa, l’ottavo Deus ex Machina, che in lei vede la personificazione della speranza di ridare vita all’umanità. Leben entra a far parte dell’”armata” di Enoa, composta da Mikoto e Ami, altre due coscienze umane digitali installate in corpi sintetici, al fianco delle quali combatte per supportare la causa di Enoa nella speranza di riavere il proprio corpo e di riportare in vita la sorella deceduta poco prima della guerra. Per farlo, però, ha bisogno che il concilio di macchine che presiedono la navicella spaziale (ormai diventata una sfera di Dyson che si autoalimenta parassitando una stella) la riconosca come umana al 100%. Da qui scaturiscono un'infinità di elucubrazioni su cosa significhi davvero essere umani e su chi altro ci sia lì fuori nell'universo infinito.
È da queste riflessioni, che in Crymachina sono esposte con i soliti toni esagerati tipici di certi anime, che germogliano i migliori momenti del gioco, primo su tutti l'incontro con un Deus ex Machina completamente impazzito per lo sconforto causatogli dall'osservare ogni giorno l'universo sconfinato conscio del fatto che l'umanità probabilmente non tornerà mai più. "E allora morte, morte a tutti", direbbe Asuka Soryu Langley. Cosa divide l'uomo dalle macchine in un mondo in cui le coscienze possono essere digitalizzate? Come eliminare i bias che gli umani che hanno progettato le IA al comando della nave hanno lasciato in eredità alle proprie creazioni? Crymachina non fa che chiedersi tutto questo, seppur in maniera del tutto sbilenca.
Crymachina non è un bel videogioco. Ognuna delle parti di cui è composto è traballante, spesso fatica ad esporre la sua trama in maniera chiara, il combat system funziona a metà e la sua componente narrativa è a dir poco tediosa. Eppure qualcosa che brilla flebilmente in lontananza c’è. Succede di rado, ma ci sono dei momenti in cui la storia delle tre compagne d’armi che si battono con le unghie e con i denti per autodeterminarsi in quanto umane fa emergere dei piccoli guizzi di grande introspezione e sensibilità. Non siamo neanche lontanamente di fronte al nuovo NieR:Automata (anche se a FuRyu e Aquria piacerebbe moltissimo), ma l’approccio così esageratamente shojo alla fantascienza nasconde delle microsoddisfazioni che a distanza di circa tredici ore dal primo avvio non mi hanno fatto sentire di aver sprecato il mio tempo.
Certo, non si può soprassedere su un combat system decisamente troppo confusionario sulle prime e poco responsivo in generale (per quanto coreografato in maniera abbastanza stilosa), né è in alcun modo facile far pace con le sue lentissime e spesso superflue sezioni narrative in stile Visual Novel o con l’estrema ripetitività del suo game design, però ogni tanto i pianeti di Crymachina si allineano e in qualche modo riescono a far funzionare il tutto. Il merito, forse, è il fascino che suscitano in me le opere giapponesi che tentano di rivendermi la mia stessa cultura filtrata da lenti artisticamente e filosoficamente molto lontane da quelle con cui guardo il mondo tutti i giorni. Come per il pubblico di Hideaki Anno i riferimenti cristiani e cabalistici possedevano una carica immaginifica potentissima, anche per me il modo che hanno certi autori giapponesi di ripensare la fantascienza moderna in chiave così esplicitamente nipponica a volte è sufficiente per tenermi incollato allo schermo per più di qualche ora. Di fatto non rigiocherei mai Crymachina, ma il tempo che ho passato in compagnia di Leben, Mikoto, Enoa e Ami è stato tutto sommato piacevole, per quanto sbilenco e ingenuamente ripetitivo sia stato il playthrough.
È un po’ come quella storia che si racconta sulla struttura alare del bombo che non sarebbe fisicamente adeguata a farlo volare ma lui non lo sa e vola lo stesso: Crymachina è un videogioco che sbaglia quasi tutto, eppure non so ancora spiegarmi perché ma qualcosa da raccontarmi lo ha avuto.
E a volte questo mi basta.
Pubblicato il: 25/10/2023
Provato su: PlayStation 5
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