SUPER MARIO
BROS.

Tutto mi sarei aspettato, a quasi quarant’anni dalla prima apparizione della storica mascotte Nintendo, tranne di poter dire senza timor di smentita:

“voi un Mario così non l’avete mai visto!”

L’immaginario del Regno dei Funghi è del resto uno dei più “consumati”, soprattutto quando si parla degli episodi bidimensionali. A parte qualche power-up inedito tutti sanno più o meno cosa aspettarsi quando si avvicinano a un nuovo platform della serie: un rifiorire di Pianta Piranha, di piccoli Goomba, di tubi idraulici e di Pallottolo Bill. Al massimo qualche timida variazione tematica, come la febbre dell’oro che aveva contaminato New Super Mario Bros. 2, ma senza grandi stravolgimenti, che più frequentemente interessano i capitoli 3D, comunque molto attenti ad attingere dal canone classico. 

E invece eccolo qui, Super Mario Bros. Wonder. Un episodio pensato esattamente per spazzare via tutto quello che è consueto, abituale, rispondendo con un’elefantiaca spernacchiata a tutti quelli che si ostinano a dire che “Nintendo fa da decenni gli stessi giochi”.

Super Mario Wonder (lo chiamerò così per brevità) dichiara fin dal titolo di voler puntare tutto sul senso di meraviglia, sulla sorpresa e sull’inaspettato, giocando con le aspettative dell’utente per sovvertirle, cambiarle, infrangerle fragorosamente con un inatteso colpo di testa. 

Lo voglio dire però fin da subito: se questo suo obiettivo immaginifico è stato centrato in pieno, non si può dire che Wonder spinga con altrettanta efficacia sul fronte del level design, del senso di sfida, e insomma della qualità dell’esperienza… platformica (spero che possiate passarmi questo ardito neologismo). Insomma Wonder non è certo uno dei capitoli più riusciti in termini ludici, di gameplay e di ritmo: è piuttosto una celebrazione dell’inventiva e dell’estro creativo di un’azienda che dopo tutti questi anni ha ancora voglia di osare e di promuovere il nuovo.

La meraviglia di Wonder è suscitata da diverse caratteristiche del gioco. Da una parte, ed è forse questo l’aspetto più curioso, c’è l’incontro con un immaginario tutto nuovo, un’iconografica inedita che ci presenta una fauna mai vista prima. Del resto l’avventura non si ambienta nel Regno dei Funghi ma in quello dei Fiori, governato dal minuto Principe Florian, un sorridente bruchetto che accompagna Mario e soci lungo tutta l’avventura. Nel Regno dei Fiori ci sono anzitutto nuove creature, che è bello osservare e utilizzare ai propri scopi. I Biceratopi, per esempio, sono dinosauri col pallino del jogging, che corrono a desta e a manca e possono essere facilmente cavalcati. Ma poi si incontrano anche grosse sogliole voraci che presidiano i livelli sottomarini, ippopotami gommosi, lumache dal guscio rosa, e pesci che si gonfiano fin quasi a scoppiare prima di svolazzare per aria come palloncini impazziti. 

Dall’inizio alla fine Super Mario Wonder riesce a stupire con questo nuovo “catalogo” di creature, oggetti e meccanismi, anche se solo raramente le meccaniche di gioco associate ai bizzarri comportamenti delle nuove bestiole sono fresche o brillanti. Mi viene da citare, per fare un esempio virtuoso, delle creature da cui pende una lunga liana, che possono essere usate per oscillare e darsi lo slancio, in una serie di salti da calcolare con massima attenzione. Nella grande maggioranza dei casi, invece, non c’è nulla che alteri in maniera consistente o estrosa le meccaniche classiche dei platform.

Un altro degli aspetti divertenti del Regno dei Fiori è che pure la funzione e i comportamenti degli elementi classici vengono costantemente alterati. Può quindi succedere che i tubi solitamente inamovibili possano invece essere spostati, che i Pallottolo Bill si allunghino fino a diventare siluri da “surfare”, e che le Piante Piranha si mettano a camminare o cantare a squarciagola. È impressionante sia l’inventiva con cui sono state decostruite le regole della tradizione, sia la quantità di oggetti e creature inventate per questo capitolo. Il senso di scoperta e di meraviglia, tra l’altro, viene ottimamente sostenuto da una cura maniacale per i dettagli e da una grafica quasi incredibile per l’hardware di Switch: gli sfondi degli stage sono caratterizzati in maniera sopraffina, gli elementi poligonali sono modellati allo stato dell’arte, e lo studio delle animazioni è impeccabile. Bastano ad esempio due colpi di proboscide e la buffa animazione che si verifica quando prova ad infilarsi in un tubo per rendere il nuovo Mario-Elefante una trasformazione potentemente iconica, fin dal primo stage. 

La voglia di stupire non si limita ovviamente a un lungo elenco di creature, ma interessa anche la struttura dei livelli. E quella del mondo di gioco, a dirla tutta. Persino la mappa del Regno dei Fiori e delle sue macro-aree è a suo modo insolita. Il modello potrebbe essere riconducibile a quello di un Super Mario World, e anzi sono convinto che pure la scelta di Wonder come titolo del gioco parta proprio da lì, prendendo le prime lettere di un sottotitolo classico e poi invertendo bruscamente la rotta. Solo che tutti i sei “mondi” che compongono il principato di Florian sono a loro volta insoliti: miniere che sprofondano in verticale verso pozze di magma, cascate dorate che si trasformano in un dojo dove testare le proprie abilità, foreste fungine che nascondono turpi segreti e oasi nel deserto in cui gli stage appaiono come flebili miraggi. In ogni mondo c’è un elemento caratterizzante, o un dettaglio che in qualche modo prova a dare un carattere timidamente narrativo alla progressione.

Mi rendo conto, man mano che vado avanti nella scrittura, che questa recensione è composta da molti elenchi. Credo che sia abbastanza inevitabile, di fronte a un gioco ricco come Super Mario Wonder, che vuole farsi percepire come inesauribile e per questo punta anche sul numero e sulla quantità: di situazioni bizzarre, di oggetti stravaganti, di momenti sopra le righe. 

Le cose non cambiano parlando dell’ultimo e più importante elemento da cui scaturisce questo pervasivo “sense of Wonder”, ovvero i Fiori Meraviglia presenti in ogni stage. Alle volte collocati in bella vista, alle volte nascosti attentamente dentro blocchi invisibili o alcove isolate, i Fiori Meraviglia hanno su Mario lo stesso effetto di una droga psicoattiva: sbloccano i Chakra, alterano le percezioni, risvegliano strane allucinazioni. Nel linguaggio dei platform questo si traduce in un mutamento repentino di regole e o prospettive: alle volte Mario cambia forma per trasformarsi in chissà quale elemento (una sfera, una gelatina, un Goomba impacciato); in altri casi invece la progressione del livello diventa improvvisamente verticale, e nei momenti più insoliti tutto lo stage si altera irrimediabilmente, ora invaso da orde trottanti di nemici, ora trasformato nel palcoscenico di un improbabile musical. Non c’è davvero limite alla fantasia, tanto che può persino capitare di dover rispondere, nel bel mezzo di uno stage, a un quiz a risposta multipla.

Dall’inizio alla fine del gioco – e per altro di un gioco con un gran numero di livelli, di piccoli intermezzi e di sfide segrete – gli sviluppatori di Super Mario Wonder si sono dati un unico obiettivo: quello di stupire. E hanno lavorato efficacemente per portarlo a termine nel migliore dei modi. 

Mi dispiace che sull’altare del nuovo e forse anche dell’accessibilitàsi sia sacrificata un po’ di quell’eccellenza nel level design su cui invece si appoggiano i migliori episodi 2D di Mario. Complessivamente mi è mancato un po’ il senso di sfida, l’appagamento per una meccanica capace di mettere davvero alla prova il giocatore. Certo, Wonder ha una buona manciata di livelli memorabili e gli stage del mondo segreto sono di una cattiveria inenarrabile, ma nella maggior parte dei casi a dipingerti un sorriso sul volto è più che altro una svolta inattesa degli eventi, e non una sequenza di salti da manuale. 

Non aiutano, per come la vedo, neppure le spille, dei modificatori che possono alterare la fisica dei salti, concedendoti tra le altre cose l’abilità di planare o quella di sparare un eccentrico rampino vegetale. Sono curiose variazioni che possono addirittura facilitare l’attraversamento degli stage, e solo in pochi casi aggiungono un po’ di pepe all’esperienza.

Non c’è dubbio, in ogni caso, che Super Mario Bros. Wonder me lo ricorderò per molto tempo, forse per sempre, come l’episodio 2D più esuberante e pazzo della serie. Quel capitolo, racconterò fra molti anni, in cui Nintendo ha deciso di inventarsi un nuovo immaginario, come per dimostrare che alle volte è necessario riscrivere, e non solo iterare. 

Voglio chiudere questa recensione proprio con un parallelo che spero possa risvegliare, nei più attempati di voi, qualche dolce ricordo. Nel primo mondo di Yoshi’s Island, il mio platform preferito di sempre, c’è uno stage che si chiama Touch Fuzzy, Get Dizzy. In questo livello fluttuano delle strane spore vaporose, che gli Yoshi possono ingurgitare per scatenare un dirompente effetto lisergico: la musica rallenta, il mondo di gioco inizia a oscillare, i colori e le percezioni si alterano. In tutto Yoshi’s Island 2 quella strampalata meccanica non c’è più: i Fuzzy sono creature “ad uso e consumo” di quel singolo stage, e proprio per questo motivo sono così “speciali” per gli anziani adoratori del gioco. Ecco: Super Mario Bros. Wonder è un platform interamente costruito su questa sensazione... sull’amore per il bizzarro, sull’imprevisto, sull’importanza di ciò che è inatteso se non addirittura impensabile. In un mercato che punta sempre più sul sicuro e fatica a osare, Nintendo lo fa con una convinzione e una naturalezza tali da ricordarci perché continuiamo ad amarla così tanto.

Pubblicato il: 18/10/2023

Provato su: Nintendo Switch

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10 commenti

Recensione bellissima. L’ho letta con il gioco appena acquistato in mano mentre sono in metro, non vedo l’ora di arrivare a casa per iniziarlo e dopo questa recensione ho ancora più voglia.

Recensione e impaginazione fuori scala. Pazzesche!

Imponente è l'illustrazione che apre la recensione, il titolo del gioco scritto con il font del sito ma con la parola "Wonder" lasciata nello stile originale, quasi a preparare il lettore alla stravagante formattazione del testo che sta per leggere. …Altro... Imponente è l'illustrazione che apre la recensione, il titolo del gioco scritto con il font del sito ma con la parola "Wonder" lasciata nello stile originale, quasi a preparare il lettore alla stravagante formattazione del testo che sta per leggere.

Le parole evidenziate nei vari paragrafi sono di colori diversi, alternandosi tra il rosa e il celeste, le 2 tonalità identificative del gioco.

I vari paragrafi sono divisi da immagini del gioco (un po' piatte senza particolari cornici) e da lunghi tubi verdi, iconici protagonisti dei livelli di Super Mario, dai quali spuntano delle Piante Piranha.

La recensione si conclude con un Fiore Meraviglia.

7/10

Tutto fantastico, ma non riesco a decifrare un "eccentrico rampino vegetale". In che senso? si veste di viola e giallo? si arrotola su se stesso quando lo lanci? /s

È più bella la recensione o l’impaginazione? Impossibile capire

Gran bella recensione Fossa!

Recensione meravigliora... in tutti i sensi! Grazie Fossa!

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