LORDS

OF THE

FALLEN


L'eterna lotta tra il bene e il male,
avanti e indietro tra Axiom e Umbral
illuminati dalla fioca luce di una lanterna


Lasciate che vi racconti una storia che, solo in apparenza, assomiglia a tante altre già narrate. Forse troppe. Un’avventura, quella di Lords of the Fallen, che inizialmente mi ha fatto storcere il naso, ma che ha finito col conquistarmi trascorsa qualche ora, appena superato un periodo iniziale che definirei “di adattamento”. Ci vorrà un po’, abbiamo molto di cui discutere, ma ne varrà la pena.

Iniziamo dal pretesto: la trama.

Secoli fa, dopo un’era di crudele tirannia, il dio demone Adyr venne sconfitto dai Giudici, i più potenti tra gli eroi mortali. Come noto, purtroppo le divinità antagoniste hanno questa terribile tendenza a tornare in vita dopo qualche tempo. Per impedire il ritorno di Adyr, le Sentinelle eressero 5 meravigliosi pilastri di luce affinché potessero assorbire la malignità del cadavere del demone dal suolo e si posero a guardia di questi luoghi sacri. Passarono secoli, ma alla fine le Sentinelle cedettero ai lugubri sussurri del perfido dio e la loro corruzione si estese ai fari di cui erano custodi. Ebbe così inizio una guerra che dilaniò le terre dei mortali e ora, trascorsi molti anni, la resurrezione del Male sembra inevitabile. L’ultima speranza dell’uomo risiede nella chiesa di Orius e nella sua reliquia più sacrilega: una lanterna, riscoperta di recente, in grado di perforare il mondo dei vivi e di consentire l’accesso al regno dei morti. Armati di questo potere e di un’innaturale determinazione, spetta ai Dark Crusader il compito di rinunciare alla luce per percorrere le tenebre a fin di bene, purificare nuovamente i pilastri e combattere le armate del dio demone.

Questo soulslike targato Hexworks e distribuito da CI Games mette quindi il giocatore nei panni di un porta-lanterna e lo pone davanti a una coesistenza perenne tra due mondi: Axiom, il regno dei vivi ormai in rovina, e Umbral, l’eterna landa spettrale. La base è piuttosto semplice: se si muore in Axiom, si ha una seconda possibilità in Umbral. È possibile interagire con questi piani dell’esistenza in diversi modi. Ad esempio, alzando la lanterna si può restare tra i vivi e sbirciare solamente dall’altra parte, rivelando una doppia scenografia di grande pregio e, almeno inizialmente, pregna di sorprese. Spesso guardare non basta ed è necessario rinunciare alla vita per proseguire nel cammino tra le tenebre, nella speranza di trovare delle vestigia o un altare che consentano al giocatore di tornare al reame di provenienza. 

In Umbral tutto è più pericoloso, a volte esageratamente. I nemici diventano man mano più forti e, soprattutto, numerosi. Le cure risultano meno efficaci e i pericoli ambientali si moltiplicano. Un rischio elevato per un premio altrettanto ricco: in Umbral si nascondono non solo passaggi che risulterebbero invisibili nel mondo naturale, ma anche tesori, segreti e potenziamenti a cui è difficile rinunciare e per i quali vale la pena rischiare il tutto per tutto. In più sconfiggendo i nemici nel regno spettrale si ottiene più Vigor, la valuta principale del gioco, l’equivalente delle anime nei titoli souls da cui Lords of the Fallen attinge a piene mani, cercando comunque di ritagliarsi una fetta di originalità e unicità. Sono molte le piccole grandi distinzioni che il team di Hexworks tenta di frapporre tra la sua opera e i prodotti di casa FromSoftware, ma questa natura eternamente doppia è sicuramente la più importante.

L’interazione multiplanare tra Axiom e Umbral, che mi ha da subito riportato ai meravigliosi tempi di Legacy of Kain: Soul Reaver, sposta leggermente il combattimento dal centro del ciclo di gioco tipico dei souls e, senza arrivare a spodestarlo, pone un accento più forte del solito sull’esplorazione degli ambienti (sempre dicotomici e spesso sviluppati con grande verticalità). Purtroppo c’è anche da dire che il mondo umbrale perde inevitabilmente di fascino proseguendo nell’avventura. Dopotutto Lords of the Fallen è uno dei soulslike più longevi mai creati (in media ci vorranno ben più di 30 ore per vedere i titoli di coda, anche senza completismo) e alla lunga il pallore immutabile di questa dimensione alternativa potrebbe stancare alcuni giocatori, che immagino smetteranno di guardarsi troppo attorno nell’ultimo quarto di gioco. Idem dicasi per ciò che impreziosisce il level design nel regno dei morti, ovvero scale, piattaforme semoventi, ponti d’ossa, tesori umbratili e anime da strappare per aprire nuove vie. L’esplorazione è un gran piacere (quando la mole spropositata di nemici ultraterreni lascia respirare il porta-lanterna per qualche secondo, un problema sul quale torneremo a breve), ma questi elementi restano sostanzialmente invariati dall’inizio della zona tutorial sino alla sconfitta del final boss e non incontrano neanche un tentativo di evoluzione. A ben pensarci, questo è un tono che si applica al videogioco per intero. Il giocatore ha immediatamente a disposizione moltissime opzioni e tante variazioni in grado di regalare un gameplay fluido e potenzialmente elegante, ma che non evolve granché col passare delle ore. Non è necessariamente un difetto, specie visto il genere di appartenenza, ma la formula “tutto e subito” comporta inevitabilmente luci e ombre.

Facendo invece ritorno in Axiom come il nostro Crociato Oscuro nel corso dell’avventura, ho trovato più pregi che difetti in tutte le altre ambientazioni. La resa magnifica dell’Unreal Engine 5, specie nei giochi di luce e nella draw distance, viene impreziosita da un map design intrigante nel quale molte zone sono interconnesse in maniera intelligente. Inoltre, senza inoltrarmi in spoiler indesiderati, ho riscontrato una distinzione sufficientemente interessante tra biomi di diversa natura. 

La verticalità di alcuni livelli è semplicemente meravigliosa e Lords of the Fallen ben la sfrutta per distinguersi dalla concorrenza, una scelta che risulta vincente se si tiene in considerazione la natura eternamente dicotomica di questi sforzi di progettazione. Purtroppo i nemici interagiscono male con l’ambiente, spesso si incastrano, l’IA non è decisamente tra le più riuscite e nel corso delle mie 50 ore di gioco ho incontrato un numero importante di bug e sporcizie tecniche di vario genere, ma che quasi sempre erano in relazione al comportamento delle creature avversarie. Per finire molti seguaci di Adyr, con abilità o attacchi dalla lunga gittata, tendono a colpire il giocatore anche da distanze assolutamente improbabili, quasi (se non del tutto) fuori dallo schermo, causando morti immeritate o frustranti cadute nel vuoto che vanificano in parte la qualità degli ambienti.

A tal proposito, una piccola postilla: quasi tutti i problemi che ho evidenziato e che metterò nel mirino di questa disamina sono assolutamente risolvibili nel breve termine e in questi giorni il team di Hexworks si è dimostrato estremamente aperto al feedback dei giocatori. Solo nella settimana di stesura della recensione sono state pubblicate 6 patch da oltre 2gb l’una contenenti gli aggiustamenti del caso. Sono certo che in futuro andrà meglio, ma le imprecisioni attuali sono tante, hanno sicuramente un impatto importante sul risultato finale e meritano quindi di essere portate alla luce. Occasionalmente la mappa può risultare confusionaria, a volte tende a privilegiare l’effetto sorpresa a scanso della leggibilità per l’utente. Un portone fatiscente può dimostrarsi del tutto inutile e al contrario un ripostiglio nascosto, al quale un giocatore poco curioso potrebbe non accedere mai, funge da passaggio segreto verso vaste aree di gioco. Molti avventurieri potrebbero bloccarsi e aver bisogno di un piccolo consiglio dal web, nonostante i suggerimenti offerti dalle illustrazioni del diario in-game - anch’esse non limpide di primo acchito - ma illuminanti quando ci si fa l’occhio.

Ora che la visione d’insieme è completa, analizziamo più da vicino le sensazioni che il gioco è in grado di trasmettere gamepad alla mano e, in particolare, il sistema di combattimento.

In questo ambito, la mia personale avventura su Lords of the Fallen è iniziata con grande disappunto e un certo grado di confusione sulle decisioni prese dal team di sviluppo, ma si è conclusa con la scoperta di uno dei miei souls preferiti degli ultimi anni. L’evoluzione che ho sperimentato in queste 50 ore di gioco mi ha convinto di una cosa: Lords of the Fallen richiede un periodo di adattamento. Ciò è dovuto in parte al “tutto e subito” offerto al giocatore (a cui accennavo in precedenza e che potrebbe confondere inizialmente alcuni avventurieri meno navigati), in parte alle peculiari scelte che il team ha adottato riguardo il movimento generale del protagonista e le specificità del sistema di combattimento, che ho trovato stranamente vincenti nel lungo periodo, ma disorientanti sulla linea di partenza. Iniziamo dal movimento: qui la parola chiave è Momentum. Qualsiasi spostamento, attacchi compresi, conserva uno slancio importante, forse senza precedenti in un souls, che da principio porterà a diversi errori di posizionamento, probabilmente fatali. La corsa ad esempio è frenetica, al limite del ridicolmente veloce, molto più nello stile di Nioh che alla Dark Souls. Anche l’esplorazione e l’interazione con gli spazi ricordano più il titolo Team Ninja che non le produzioni FromSoftware. Si cade e si finisce “oltre il bordo” molto spesso nelle prime ore, a prescindere dall’expertise. In particolare le rotolate non sono quelle a cui si potrebbe essere abituati, il roll infatti ricorda addirittura le schivate lunghe di Batman nella serie Arkham e ha lo scopo di disingaggiare quasi totalmente il giocatore dal combattimento o di evitare qualche grosso danno ad area, anziché essere presente per offrire uno strumento di agilità nella mischia. Ci vuole qualche ora, ma una volta afferrata l’importanza della schivata con il passo laterale ci si rende conto che in Lords of the Fallen è il sidestep lo strumento più importante, non la rotolata, e ciò si traduce in danze con gli avversari più eleganti e stilose di quanto avvenga in tanti altri titoli affini.Il combat system, in pieno stile souls, risulta “pesante” anche con le build più agili e il giocatore sa che iniziare un attacco può lasciare scoperti per qualche momento, senza animazioni cancellabili a metà corsa.

Fa tutto parte della ricetta vincente che già conosciamo e anche se alcune armi hanno un tempo di recupero leggermente esagerato, in generale il combattimento ravvicinato di Lords of the Fallen può offrire molto divertimento, purtroppo con una significativa imperfezione di fondo. L’impatto dei colpi, sia nelle animazioni che nella componente audio, risulta a dir poco deludente. La resa del parry nello specifico, che qui si esegue sia con una parata perfetta per mezzo di uno scudo sia con una deflessione perfetta con armi in pugno (stile Sekiro o il più recente Lies of P), non è minimamente appagante. Sembra, ahimé, di assistere a uno scambio tra armi in gomma ed è un peccato perché invece la fluidità nel resto delle meccaniche annesse è assolutamente di grande pregio. Anche qui incrociamo le dita per eventuali modifiche nei prossimi giorni in risposta al feedback della community. Risulta eccezionale soprattutto la fluidità tra attacchi leggeri e pesanti, che il giocatore può alternare a volontà, e la possibilità di variare stance cambiando l’impugnatura dell’arma o passando dal dual wielding alla presa a due mani di un’arma singola. Se si usano due armi totalmente differenti è possibile combinarne i moveset e questo offre un grado elevatissimo di potenzialità, scoperta e divertimento. 

A tal proposito, il “fashion souls” è ai massimi livelli e il gioco offre una gamma vastissima di armi e armature da combinare per le build più disparate. Parliamo di oltre 150 elementi, ognuno con delle peculiarità o, nel caso delle armi, dotati di moveset spesso esclusivi. Una curiosità: alcune importanti informazioni sulla lore del mondo, impresse come sempre su tutto ciò che il giocatore raccoglie nel corso dell’avventura, sono visibili solo se si rispettano determinati requisiti. Ad esempio, un coltello infiammato raccolto dal cadavere di qualche seguace di Adyr potrebbe richiedere al giocatore un livello 25 nella statistica Inferno per essere intelligibile. Una scelta intrigante, forse troppo coraggiosa e sono curioso di vedere cosa ne penserà il grande pubblico.

A volte risulta ancor meno comprensibile il sistema di target lock. Ha sicuramente bisogno di essere rifinito e può capitare che venga agganciato il bersaglio sbagliato (a volte mi sono ritrovato con un obiettivo scelto direttamente alle spalle del Dark Crusader), ma nonostante questo la qualità del combattimento dalla lunga gittata risulta ampiamente superiore alla media dei giochi souls. Ciò si evince facilmente sia imbracciando arco e frecce, sia lanciando a mani nude coltelli e granate. Si possono equipaggiare contemporaneamente munizioni di diverso tipo e con la pressione di un tasto si passa, ad esempio, dalle frecce imbevute di veleno a quelle più pesanti destinate al danno diretto, potendo alternare in gran velocità le varie opzioni per un risultato migliore. Lo stesso discorso si applica all’allocazione e al lancio delle magie, qui divise in tre scuole: Radiant, Inferno e Umbral. Anche lo spellcasting risulta quindi molto più fluido e utile di tanti altri giochi simili, Elden Ring e altri titoli targati FromSoftware compresi. 

La parata non perfetta viene tendenzialmente punita, non esiste infatti uno scudo che abbia un enorme valore di difesa, ma è presente solo una leggera mitigazione del danno. Il tutto gira attorno a un’altra importante meccanica implementata in Lords of the Fallen, ovvero il danno da avvizzimento. In vari scenari (tra cui la parata e il parry) anziché subire un danno pieno e netto, una porzione di vita viene sostituita da una barra grigia, l’avvizzimento per l’appunto, che può essere recuperato attaccando gli avversari, ma che verrà totalmente svuotato dalla fonte di danni successiva, anche se minima. Persino quando si scende in Umbral, per volere o per sconfitta, si cede metà della barra dei punti vita trasformandola in avvizzimento e molte creature spettrali affliggono il protagonista con questa forma di attacco. Oltre ai classici buff e potenziamenti temporanei del nostro armamentario che non starò qui a elencare, l’ultimo strumento di lotta è quello che viene usato anche per l’esplorazione: la lanterna. Sono diversi gli usi che si possono fare di questa reliquia, ma il più avvincente è sicuramente quello di poter strattonare dalla distanza i nemici agganciati, potenzialmente scagliandoli nel vuoto se lo scenario lo consente, o risucchiandone l’anima per un istante. È facile nelle prime ore dimenticarsi di queste possibilità, quando gli strumenti messi nelle mani del giocatore sono così tanti così in fretta, ma con un po’ di attenzione se ne ricava grande soddisfazione.

Dedicando un minuto alla difficoltà generale di Lords of the Fallen, posso dire che gli attacchi nemici, sia nel singolo colpo sia nei pattern più complessi, sono quasi sempre di facile lettura. Gli scherzi scorretti e i colpi sotto la cintura, finte comprese, si contano sulle dita di una mano in tutto il gioco. Trovo che gli uno contro uno siano in media più semplici di quasi ogni altro soulslike, ma il problema vero risiede nel numero (spesso e volentieri spropositato) di nemici presenti in contemporanea nello stretto scenario di gioco, specie quando tra loro si insidiano quelli capaci di attaccare dalla distanza. Il senso di oppressione si accentua di molto in Umbral, mentre le cose restano relativamente sotto controllo in Axiom.

Nel regno dei morti un occhio scrutatore funge da indicatore di pericolosità dei nemici in agguato. Più alto è l’indicatore, maggiore sarà anche il moltiplicatore di Vigor ottenuto uccidendo i nemici. Attenzione però: non esagero quando dico che, aspettando troppo, ci si può ritrovare ad affrontare anche più di venti mostruosità contemporaneamente. Impossibile anche solo immaginare di passargli in mezzo per evitare il peggio, in quel caso. Prima dicevamo che le ambientazioni sono eccezionali, ma spesso la sensazione di avere perennemente più di un pericolo alle calcagna impedisce al giocatore di guardarsi attorno con attenzione e di poter respirare a pieni polmoni l’aria spettrale del regno umbratile, dovendo sfuggire costantemente a qualche affondo. A tal proposito ho trovato a volte esagerata la distanza di runback necessaria per tornare finalmente a fare progressi nel gioco dopo una sconfitta o una morte accidentale. Da un lato Lords of the Fallen attutisce questo problema dando al Crociato la possibilità di piazzare le proprie vestigia in miniatura, una misura temporanea e che consuma semi molto rari e preziosi, ma dall’altra è capitato più volte che anche sfruttando a pieno questo stratagemma non si potesse evitare di correre a perdifiato per minuti interi prima di tornare alla parte divertente dell’esperienza. Non aiutano minimamente in tal senso le moltissime trappole, gli sgambetti a sorpresa da creature nascoste o la presenza di fastidiosi mimic che sostituiscono il loot di gioco più succulento. Sovente queste infide scorrettezze sono posizionate a chilometri di distanza dall’ultimo “falò”. 

Ritengo a malapena sufficiente la varietà di nemici offerti in Lords of the Fallen. Non sono pochissimi e molti tra loro godono di un design interessante, ma il titolo non si esaurisce certo in una manciata di ore e così i cambiamenti riservati ai nostri antagonisti nella seconda metà dell’esperienza non sono in grado di offrire un senso di novità, in alcuni casi arrivando a sembrare più dei reskin che un tentativo di vera rielaborazione.

Capita inoltre che i nemici d’elite vengano presentati con una mini-bossfight dedicata, una scelta che ha sia pregi che difetti e che difficilmente incontrerà i favori del pubblico all’unanimità. Suppongo che per alcuni possa avere addirittura il sapore del riciclo occasionale. Non tratterò in questa recensione le bossfight vere e proprie, poiché si entrerebbe nel territorio degli spoiler e preferisco evitarlo, ma restando sul vago posso solo dire che tre incontri importanti sono stati in grado di dipingere l’estasi sul mio volto, mentre il resto delle battaglie cruciali si attesta spesso poco sopra la sufficienza. Non male comunque, sono piuttosto severo in questo campo, ma si poteva e si doveva azzardare ancora di più, specie potendo sfruttare meglio le meccaniche legate alla lanterna. 

Tocchiamo rapidamente anche un tasto dolente che spero trovi una soluzione a breve: l’audio di gioco. I problemi non sono pochi in questo comparto - per fortuna nessuno gravissimo - ma spiccano per inadeguatezza l’audio spaziale (potremmo sentire a mezzo centimetro dal nostro naso il ruggito di un nemico che si trova invece molto lontano sulla nostra destra, un fastidio che si accentua nelle situazioni concitate), le grida dei personaggi che vengono smorzate o involontariamente ammutolite rovinando scene altrimenti apprezzabili e gli impatti della maggior parte delle armi che, come già accennato in precedenza, hanno quasi il suono della gomma. Alti e bassi anche per quanto riguarda il doppiaggio nelle interazioni dialogate, alcune voci non sono all’altezza del titolo. Le musiche non risultano sempre eccellenti, ma fanno un ottimo lavoro nell’enfatizzare alcuni momenti importanti dell’esperienza di gioco e in qualche occasione arrivano a essere decisamente memorabili, specie nelle ultime ore. Sfortunatamente per me, sono stati altrettanto memorabili anche alcuni enormi problemi a livello di prestazioni su PC, che non posso fare a meno di segnalare poiché hanno spesso interrotto il ritmo di gioco e l’immersione generale.

Non si parla di occasionali cali di frame ed episodi di stuttering, che pur non sono mancati, bensì di problemi più seri e di varia natura, tra cui anche stati di memory leak a seguito di sessioni neanche troppo lunghe. Premesso che la patch prevista per il giorno d’uscita del titolo, in aggiunta alle molte già rilasciate, è destinata alla risoluzione di questi problemi nell’immediato, la mia esperienza su Lords of the Fallen è stata piagata da alcune sezioni seriamente problematiche, a tratti ingiocabili (non solo nella mia configurazione stratosferica completa di RTX 4090, ma anche in altri setup). 

Un’ultima nota, non meno importante e che contribuisce a far splendere di luce propria il titolo di casa Hexworks, è la qualità dell’esperienza in multigiocatore. Nelle poche ore a disposizione per le prove, abbiamo potuto apprezzare una seamless co-op più che godibile, in grado di garantire alle terre di Axiom ed Umbral una rigiocabilità pressoché infinita, a cui si aggiunge un PvP che riceve molta più cura e attenzione di quanto non avvenga di solito. Avrei lodato la stessa premura anche per la gestione di alcuni elementi nei menù e nella loro navigazione, purtroppo mancano a volte informazioni cruciali per l’utente. 

Lords of the Fallen è un gioco che mi ha sorpreso tantissimo, l’ennesimo colpo di scena felice in un 2023 indimenticabile, ma al lancio è tutt’altro che perfetto e alcune sue scelte allontaneranno una parte dell’utenza. Alzando la lanterna è possibile scorgere nel prossimo futuro un soulslike tra i più ambiziosi di sempre, che cerca di affermare la propria unicità in un mondo di cloni senz’anima, ma forse è stato dato in pasto al pubblico con qualche settimana di anticipo e alcuni spunti a metà. Speriamo non si arrivi a comprometterne il successo, l’eterna dicotomia tra Axiom e Umbral merita i riflettori migliori e saprà emozionare i fan del genere

Pubblicato il: 12/10/2023

Provato su: PlayStation 5

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5 commenti

Bella recensione, io a 35 ore di gioco su PS5 lo consiglio a tutti gli amanti del genere. Si ogni tanto ci sono dei cali ma il mondo di giochi ne vale la pena giocarlo.

Messo in evidenza da Andrea Sorichetti

Tra l'articolo scritto, il video su youtube e le live sul twitch, una copertura da parte del Re senza pari.

Mega rece! Complimenti.

u5 è tosto da buildare

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