FORZA MOTORSPORT

Di luci, ombre, dubbi e rinascite a 300 km/h

Ho aspettato a lungo e con trepidazione l’arrivo di Forza Motorsport. Da amante dell’automobile come oggetto culturale e dell’automobilismo in tutte le sue forme non poteva che essere così. È stata poi Microsoft stessa a caricare il nuovo titolo di Turn 10 Studios di un’importanza anche simbolica enorme, sia con le roboanti presentazioni sia con il gesto eloquente di aver rimosso la numerazione dal titolo per sottolineare il nuovo inizio per la serie che l’azienda riconosce in questa sua ultima produzione. Forza è figlio di quella foga che guidò Microsoft all’assalto di un settore da poco orfano di Sega e che rischiava, secondo Bill Gates, di diventare un duopolio giapponese nelle mani di Sony e Nintendo. La risposta americana a quel giapponesissimo Gran Turismo che all’epoca dominava le classifiche di vendita di tutto il mondo con la sua formula rodata e perfettamente funzionante.

Il primo Forza tentò di imporsi da subito sul mercato come il racing game pistaiolo per eccellenza, padrino della competizione ad alti ottani tra i cordoli dei tracciati più famosi del mondo, e da lì la serie vide una crescita inarrastabile fino al quarto capitolo che ancora oggi è considerato l’apice assoluto delle creazioni di Turn 10 Studios (i parallelismi con Gran Turismo, in questo, si sprecano). Da Forza Motorsport 5 in poi, però, è iniziato un periodo buio, costellato di titoli semplicemente non all’altezza dei fasti raggiunti nel primo corso della serie e tenuti a galla dalla grande popolarità dell’allora serie minore Forza Horizon. Per uscire dal tunnel seriva un nuovo inizio, e questo nuovo capitolo rappresenta almeno idealmente la risposta a tanti anni di confusione di un brand che sembrava non riuscire a trovare la direzione da seguire per rialzarsi. Dopo le tante ore passate in sua compagnia, però, non posso che registrare un leggero senso di parziale incompiutezza per Forza Motorsport, oltre all’essere sinceramente preoccupato della sua tenuta nel tempo.

Il gioco si apre con una dichiarazione d’intenti chiara ed eloquente: Forza Motorsport è un racing game a trazione americana e ci tiene a sottolinearlo catapultando il giocatore a bordo della nuova Chevrolet Corvette E-Ray prima e della Cadillac V.Series R del campionato WEC poi in due eventi costruiti appositamente per flettere i muscoli e mettere in mostra le bellezze del RayTracing e dell’illuminazione dinamica. Vedere la luce filtrare dolcemente tra le foglie d’acero ai lati del circuito di Maple Valley e le fredde luci al neon riflettersi sulle superfici lucide degli edifici nella notte di Hakone è una festa per gli occhi, uno splendido biglietto da visita perfetto per far salivare i più impazienti e per accoglierli coi sinuosi e morbidi giochi di riflessi sulle curve delle carrozzerie. Una volta entrato nel vivo del gioco, non ho potuto fare a meno di registrare un certo appiattimento estetico, emanazione diretta della sua nuova veste grafica che privilegia il colpo d’occhio in situazioni di illuminazione particolari come albe e tramonti a scapito delle ordinarie giornate di sole in cui tutto sembra leggermente monotono. Gusti personali, sia chiaro, però avrei preferito forse una cura maggiore per l’ordinario anziché un tale “accanimento” sulle situazioni in cui mettere in mostra il RayTracing.

Non mi metterò a parlare approfonditamente di tecnica, per quello c’è Digital Foundry che fa un lavoro estremamente migliore di quanto non possa fare io. Mi limiterò a dire che il lavoro fatto sui riflessi è a tratti spaventoso e incomparabile con quanto visto finora nel settore (soprattutto per quanto riguarda il mercato console), però non sopporto chi tratta i racing game come dei colossali benchmark a pagamento e vorrei sottolineare ancora una volta quanto questa tendenza possa essere lesiva per il genere. Lo ammetto, è stato sbalorditivo vedere il cielo di Barcellona riflettersi perfettamente sulle linee del cofano della mia Mercedes 190 Evo II o la silhouette verde-arancio della Mazda 787B rimbalzare sull’asfalto dell’Eau Rouge bagnato dalla pioggia belga, però quello che mi si è parato davanti agli occhi non mi ha trasmesso quel senso di rivoluzione a cui Microsoft ha fatto riferimento più e più volte negli ultimi anni. Forza Motorsport è bello, a tratti bellissimo da guardare, ma non rappresenta un salto quantico nel futuro, soprattutto se rapportato all’impatto spaventoso che ebbi con Forza Horizon 5 la prima volta che lo vidi girare su un PC di alta fascia. I racing game, però, non vanno solamente guardati, altrimenti saremmo uguali a quelli che comprano hypercar da milioni di euro per lasciarle marcire in mezzo al deserto di Dubai; i racing game vanno giocati. Sembra esserselo dimenticato pure Turn 10, purtroppo.

Il modello di guida di Forza Motorsport riflette la filosofia del passato, che puntava molto sul trasmettere al giocatore il peso dei veicoli e che brilla soprattutto nella gestione dei trasferimenti di carico nelle varie situazioni di gara. È stata migliorata la fisica degli pneumatici, che ora sono davvero progressivi nell’evoluzione in gara, anche se il feeling di guida (almeno per me) rimane un po’ meno immediato rispetto a quello di Gran Turismo 7, che sarà forse un pelo più orientato verso l’arcade per certi versi ma anche più soddisfacente nel complesso. Gusto personale, sia chiaro. Ad essere un po’ strano, però, è il comportamento delle vetture più performanti, soprattutto di quelle che dovrebbero avere tanto carico aerodinamico come i prototipi da Endurance, che spesso sembrano però leggerissime a differenza dei modelli stradali e risultano molto artificiose nella resa complessiva. 

Ciò in cui Forza Motorsport eccelle (ed eccelle davvero) è però la sua abilità nel trasmettere un incredibile senso di velocità in qualsiasi situazione grazie alla gestione della telecamera e all’altissima qualità del motion blur. La camera di Motorsport mi ha ricordato - finalmente! - una versione più elegante di quella già vista in Race Driver: Grid, con continue vibrazioni, scossoni e piccoli tilt che generano una piacevolissima tunnel vision estremamente soddisfacente sia che ci si trovi a bordo di una MX-5 stock sia che ci si trovi su un prototipo CanAm da 800 cavalli. Nel mondo dei simcade tutto questo è diventato una rarità da quasi un decennio, quindi bravi davvero in Turn 10 per aver finalmente invertito la rotta e per aver capito quanto sia importante tutto questo in un racing game in cui la maggior parte del parco auto è composto da veicoli ordinari e non solamente da mostri di potenza e prestazioni disumane.

È però arrivato il momento di parlare dei contenuti, ed è qui che Forza Motorsport mostra il fianco ad una lunga ed inattesa serie di difetti e mancanze che mi hanno davvero stupito in negativo. La carriera single player ruota attorno all’inedita Builders Cup, una raccolta di campionati tematici completamente incentrata sulla messa a punto dell’auto e volta a premiare i più abili nell’elaborazione delle auto stock. Una volta acquistata l’auto scelta per prendere parte ad un campionato, infatti, bisogna partecipare alle prove per prendere confidenza col circuito e testare i limiti dell’auto, che nel frattempo guadagna punti esperienza in base alla precisione con cui la si guida tra i cordoli o quando si sorpassano gli avversari. All’aumentare di livello dell’auto si sbloccano gradualmente dei potenziamenti con cui migliorarla per poi riportarla in pista per una nuova sessione di prove, riavviando il loop fino a fine campionato. Sentire l’auto crescere tra le proprie mani dopo averla accudita a lungo è una sensazione favolosa perché restituisce molto bene quel feeling da amatori con la voglia di sporcarsi le mani propria di tanti appassionati di questo mondo. Se lo ricorderanno in pochi perché ebbe davvero poca fortuna, ma tanti anni fa Konami tentò di contrastare lo strapotere di Gran Turismo con un suo simcade, Enthusia Professional Racing, che aveva un sistema di progressione interna molto simile (e più riuscito per quanto fosse decisamente arcade) a quello di Forza Motorsport.

Il problema, infatti, è che il sistema coniato da Forza Motorsport da un lato è controintuitivo e artificiale, mentre dall’altro è anche poco stimolante a lungo andare. Ha poco senso che si possa cambiare la mescola degli pneumatici solo dopo aver portato un’auto a livello 12 (cosa che succede verso i due terzi di un singolo campionato, mediamente composto da cinque gare), così come è strano poter agire sull’aerodinamica solamente dopo aver accumulato abbastanza esperienza per sbloccare i potenziamenti dedicati. Il lato peggiore di tutto questo sistema a livelli è che si pone come una celebrazione dell’atto di costruire un’auto attorno al proprio stile di guida quando in realtà nega categoricamente la creatività del singolo nel suo approccio alla messa a punto. Ogni auto sblocca gli stessi aggiornamenti allo stesso livello di tutte le altre, creando un frustrante appiattimento che obbliga di fatto a ripetere di continuo lo stesso pattern di crescita del veicolo dall’inizio alla fine, peraltro in maniera del tutto irrealistica ed innaturale. Ci sono stati momenti in cui sapevo di dover agire sul differenziale per migliorare il comportamento in uscita di curva, ma mi sono ritrovato impossibilitato a risolvere il problema fino al raggiungimento del livello richiesto per poter modificare il pezzo in questione e regolarlo.

A questo si aggiunge uno spiacevole senso di vuoto dovuto al fatto che dopo aver speso tempo e denaro per perfezionare un’auto fino a farle raggiungere il suo potenziale nascosto si è costretti ad abbandonarla per passare ad un nuovo campionato. Per partecipare ad un campionato dedicato alla piccola roadster marcata Mazda, per esempio, ho acquistato una MX-5 stock lenta ed imprecisa; col tempo ho imparato a conoscerla, isolando i suoi difetti e limandoli con aggiornamenti dedicati fino a renderla perfettamente compatibile col mio stile di guida aumentandone le prestazioni. Arrivato a fine campionato sapevo di avere ancora grandi margini di miglioramento, ma una volta esaurite le gare in calendario l’ho abbandonata a prender polvere nel garage perché, molto semplicemente, non mi serviva più. Una volta passato al campionato successivo sono ripartito da zero con una nuova auto a cui è toccato lo stesso destino poco dopo. È un sistema frustrante e, soprattutto, noioso a lungo andare, anche perché, per poter offrire al giocatore la possibilità di migliorare l’auto scelta, Forza Motorsport lo obbliga a partecipare ad una sessione di prove in cui bisogna tassativamente completare almeno tre giri prima di ogni singola tappa di ogni singolo campionato. Le prove sono skippabili, ma farlo va contro la filosofia stessa del gioco. Il risultato è che la modalità carriera di Forza Motorsport è lenta, lentissima.

Non fraintendetemi, apprezzo e rispetto davvero la voglia di Turn 10 Studios di puntare tutto su un’idea così identitaria e - paradossalmente - anticommerciale, però la formula del single player avrebbe avuto bisogno di molto più lavoro per funzionare davvero. Anche perché, come dicevo poco fa, il piacevole senso di crescita dell’auto cozza terribilmente con una modalità carriera decisamente poco stimolante, data anche dalla totale assenza di campionati dedicati alle auto da competizione (che rappresentano una parte sostaziosa del parco auto a disposizione al lancio) dalla Builders Cup o a grandi traguardi da raggiungere un evento alla volta. Ha senso, perché sarebbe stato troppo strano mettersi al volante di un prototipo LMDH senza poter regolare la rigidità delle barre antirollio prima di aver accumulato abbastanza punti esperienza, però tutto questo rimuove il senso di crescita costante che spesso basta a far funzionare modalità carriera più semplici e striminzite di questa. Non c’è un campionato GT che si staglia all’orizzonte per ingolosire i più competitivi, ci sono solo competizioni ordinarie che dopo un po’ cominciano ad assomigliarsi tutte e che una volta portate a termine premiano il giocatore solamente con una manciata di crediti e nient’altro.

Se smaniate dalla voglia di mettervi al volante di leggende dell’endurance come la Toyota GT One, di una Formula 1 degli anni ‘60 o di una moderna GT3 lo potrete fare nelle sole gare personalizzate o nella modalità multiplayer, che invece sembra essere stata pensata meglio. Forza Motorsport prevede infatti che nelle sessioni online si possa prender parte a degli eventi tematici simili per filosofia a quelli della modalità carriera ma dedicati alla sola competizione con piloti virtuali di tutto il mondo. In alcuni di essi, per fortuna, è possibile partecipare anche con le auto utilizzate nel corso del single player, riproponendo così una forma di competizione che vada a premiare anche modifiche ed assetti migliori. Siamo lontani sia dalla seriosità della modalità Sport di Gran Turismo sia dalla piacevole caciara delle lobby di Forza Horizon 5, e il mio timore è che questo stare nel mezzo possa allontanare il grande pubblico se non motivato a restare. 

Questo, ovviamente, ce lo potrà dire solo il tempo, però in questa fase ho trovato quest’impostazione decisamente più divertente e coinvolgente di quella del single player, anche perché allo stato attuale delle cose ci sono parecchi aspetti da rivedere per quanto riguarda l’IA degli avversari, che se da un lato spicca per la naturalezza con cui si adatta ad ogni situazione di gara dall’altra si comporta in maniera davvero strana. Nello specifico Forza Motorsport rifiuta categoricamente l’effetto elastico tipico di tanti racing game - e questo è un bene - ma ha questa tendenza a “spegnere” la competitività degli avversari nonappena li si supera affossando un po’ le possibili bagarre in pista. Capita spesso, infatti, di trovarsi a seguire un’auto rivale per due o tre giri faticando a stare al passo o cercando di costruirsi un’occasione per superarla, salvo poi vederla sparire dagli specchietti nel giro di tre curve una volta sorpassata. È una tendenza che viene tamponata solamente ai livelli di difficoltà più alti, seppur in maniera poco consistente, ma che mi ha fatto storcere il naso molto di frequente.

Forza Motorsport è un gioco strano, un titolo che vorrebbe segnare la rinascita di una serie iconica e importantissima per il pedigree di Microsoft che però inciampa troppo spesso su degli errori di concetto evidenti, forse figli di una pianificazione insufficiente o sintomo di uno sviluppo complicato. Certe scelte sono incomprensibili, come quella di impedire una personalizzazione completa dell’esperienza permettendo per esempio di abilitare la simulazione completa dei danni senza rinunciare ai rewind per correggere gli errori più grossolani in gara; altri aspetti sono da rivedere in toto come la guida sul bagnato, spesso incorniciata da una resa meravigliosa degli scenari di tempesta (lanciarsi a 330 km/h sull’Hunaudiéres a bordo di una LMPH per credere) ma insufficiente dal punto di vista della fisica di guida, che cambia - incredibilmente - davvero pochissimo rispetto a quella sull’asciutto. 

Insomma, quello di Turn 10 Studios è un reboot che prova in tutti i modi a ricostruire l’immagine un tempo gloriosa del franchise, a riposizionarlo al centro delle strategie comunicative di Microsoft e a ricucire lo strappo che si è creato negli anni con la sua fanbase. Al netto di una resa tecnica notevolissima, il risultato finale è molto distante dalla perfezione e ho avuto la netta impressione di essermi trovato al cospetto di un videogioco che avrebbe avuto bisogno di - paradossalmente - altro tempo per affinare le sue idee. Sono curioso di vedere come evolverà nel tempo e quale sarà la risposta del pubblico, ma per il momento la sensazione è quella di non star parlando del capitolo della rinascita.

Pubblicato il: 04/10/2023

Provato su: PC Windows

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2 commenti

Forza Motorsport se ne è sentita molto la mancanza e sono contento che sia finalmente ritornato. Andrea ottima analisi

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