HOGWARTS
LEGACY
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Revelio!
Luci ed ombre della scuola di magia e stregoneria più famosa del mondo
C’è una scena, in Harry Potter e la Camera dei Segreti, in cui i protagonisti del racconto vengono indirizzati da Hagrid verso la soluzione di uno dei misteri di film. “Seguite i Ragni”, dice il corpulento guardiacaccia. Ron, con l’espressione incredula e desolata di sempre, avanza qualche rimostranza: “Perché i ragni? Non poteva essere seguite le farfalle?” In Hogwarts Legacy, proprio ai margini della Foresta Proibita, ci si può imbattere in piccoli sciami di lepidotteri che conducono verso qualche tesoro, contribuendo al completamento di una missione secondaria che si chiama:
"Segui le farfalle"
Revelio
"Segui le farfalle"
Credo che questo sia l’esempio perfetto per spiegare l’essenza stessa di Hogwarts Legacy. Il gioco abbraccia in maniera convinta una struttura da open world classica e spesso superata, fatta anche di attività microscopiche, ripetitive, da completare meccanicamente spuntando tutte le voci di un’interminabile checklist. Eppure, nel comporre questo lungo elenco di missioni riempitive, nell’architettare le sfide infinitesimali che costellano il mondo di gioco, gli sviluppatori hanno sempre tenuto in considerazione la mitologia del Wizarding World, i momenti più memorabili dei film, gli oggetti più strambi e iconici di quell’immaginario magicamente – e giocosamente – fantasy. Fan service di quello buono, insomma, distillato a partire da un mix di conoscenza, passione e amore per la licenza su cui Hogwarts Legacy si appoggia.
IL PARADISO DEI POTTERHEAD
La domanda a cui ciascuno dovrebbe rispondere, per capire se fiondarsi o meno nell’avventura sviluppata da Avalanche, è se questa cura per il dettaglio, questa atmosfera così attinente alle singolarità del mondo magico, basti a superare i limiti strutturali della produzione. Nel mio caso, quello di un appassionato che non riesce a non definirsi potterhead, è bastata eccome. Eppure c’erano tutti i presupposti perché Hogwarts Legacy potesse annoiarmi molto rapidamente: mal sopporto gli open world che definisco compilativi, e riconosco che negli ultimi anni ci siano state tante produzioni che hanno fatto meglio di Hogwarts Legacy nella scrittura (Red Dead Redempion 2), nel quest design (Horizon: Forbidden West), nella caratterizzazione delle attività (Miles Morales). Avalanche si accontenta invece di stare a metà tra il primo Spider-Man e gli ultimi Assassin’s Creed, puntando sul sicuro e basando molto del suo valore sulla quantità. Molto – appunto – ma non tutto, perché Hogwarts Legacy riesce nella non semplice impresa di digitalizzare una fantasia che da decenni alberga nella testa di chi conosce Harry Potter: quella di esplorare liberamente il Mondo Magico, e anzi di viverlo, senza seguire la storia di qualcun altro – sia esso il prescelto che ha sfidato Voldemort oppure l’autore di Animali Fantastici – bensì scrivendo la propria.
Ecco: sarà forse un moto estremo di soggettivismo critico, ma credo che per ognuno di noi il valore del gioco sia esattamente equivalente al valore di quella fantasia.
Revelio
Ecco: sarà forse un moto estremo di soggettivismo critico, ma credo che per ognuno di noi il valore del gioco sia esattamente equivalente al valore di quella fantasia.
Attenzione però a dire che chi non sente nessuna vicinanza ai personaggi e ai luoghi del Wizarding World non possa guardare con interesse a Hogwarts Legacy: per me il gioco di Avalanche resta un esempio importante di come lavorare in maniera brillante sull’adattamento di una licenza così popolare, e so per certo che c’è già chi sogna un’operazione simile ambientata nella Terra di Mezzo oppure a Westeros. Pochi giochi sono riusciti a digitalizzare in maniera così sfaccettata e convincente un universo narrativo con una sconfinata eredità di storie e immagini (mi viene in mente solo la Gotham di Arkham Knight), a dimostrazione di quanto sia complesso dare una forma interattiva ai mondi che esistono su carta e celluloide.
TRA HOGWARTS E HOGSMEADE
Un altro aspetto che credo debba fare scuola è il labirintico level design del castello di Hogwarts. Si tratta di uno spazio così denso e caratterizzato, così ricco e perfettamente coeso, che risulta impressionante a più livelli: è una meraviglia architettonica fatta di spazi perfettamente interconnessi, piena di sorprese, che non smette di stupire anche dopo decine di ore di meticolosa esplorazione. E non mi riferisco certo agli enigmi da risolvere a colpi di Revelio, ma al rifiorire di dettagli, di stanzette, di quadri in movimento e di curiosità che si trovano in ogni angolo. Rieccolo, il dualismo che sottolineavo all'inizio di questo articolo: da una parte delle attività microscopiche che ti vengono sbattute in faccia quasi violentemente, con elementi che si accendono di un blu elettrico appena agiti la bacchetta. Credo che nessuno possa considerare significativa (emotivamente o ludicamente) l'interazione con l'ennesima porta da aprire risolvendo il medesimo enigma matematico. Dall'altra però c'è un senso di meraviglia che pare inesauribile, sicuramente visivo ma non solo: la sede della Scuola di Magia e Stregoneria è impressionante da esplorare, è misteriosa, è piena di stili in linea con l'esuberante eclettismo del Mondo Magico.
Lo stesso si può dire del borgo di Hogsmeade, che sorge a breve distanza dal castello. Anche in questo caso lo sfoggio produttivo del team, che ha modellato una quantità interminabile di oggetti e interni, rende l'esplorazione molto significativa e ribadisce un impegno non comune nella caratterizzazione di spazi e ambientazioni.
Revelio
Lo stesso si può dire del borgo di Hogsmeade, che sorge a breve distanza dal castello. Anche in questo caso lo sfoggio produttivo del team, che ha modellato una quantità interminabile di oggetti e interni, rende l'esplorazione molto significativa e ribadisce un impegno non comune nella caratterizzazione di spazi e ambientazioni.
Le prime fasi di un'avventura che parte lentamente, prendendosi un bel po' di tempo prima di introdurre scope volanti e creature cavalcabili, si giocano "rimbalzando" fra queste due ambientazioni, inevitabilmente trascinati da un senso di meraviglia che non può conservarsi quando invece ci si spinge oltre. Le aree del mondo aperto che si estendono oltre Hogwarts e Hogsmeade sono più tradizionali, meno diversificate, e zeppe di attività non sempre ispirate e ripetitive. È l'inevitabile destino a cui va incontro la maggior parte degli open world. Solo che Hogwarts Legacy sa come ritardare l'arrivo della stanchezza che incombe minacciosa. Lo fa aggiungendo progressivamente nuovi contenuti che riaccendono l'entusiasmo - o perlomeno la curiosità - dei fan, portandoli prima nella Stanza delle Necessità, poi a "caccia" di Creature Fantastiche da allevare in quattro diversi habitat magici.
UN PASSATO NASCOSTO
Tutte le operose attività a cui è possibile dedicarsi in questi spazi non bastano a cambiare concretamente i connotati del gameplay, e anzi non si integrano - colpevolmente! - con le meccaniche di gioco. L'idea sarebbe quella di produrre piante e pozioni da usare in battaglia e materiali per potenziare l'equipaggiamento, ma non funziona quasi nulla: l'effetto in combattimento di intrugli e mandragore è a dir poco marginale, e il sistema di sviluppo di mantelli e completi è semplicemente desolante. Quest'ultimo aspetto è per me il più sbagliato e deleterio dell'intera produzione, forse anche perché conserva un meccanismo di livelli e rarità che sembra uscito da un game as a service invece che da un'avventura con una spruzzata di gioco di ruolo. Chissà se Hogwarts Legacy, così come Gotham Knights, ha attraversato una fase dello sviluppo in cui un Game as a Service lo è stato davvero, e chissà se a far rinsavire il publisher è stato l'infausto destino verso cui sembrano correre tutti gli esponenti della categoria. Personalmente mi infastidisce anche solo un residuo di quell'impostazione ossessivamente concentrata sul loot.
Eppure, dicevo, il momento in cui si mette piede per la prima volta nella Stanza delle Necessità e tutta la fase di personalizzazione che segue di lì a poco, riescono invece a tenere alta l'attenzione del giocatore, che sente di avere ancora, dopo decine di ore, nuove cose da scoprire.
Revelio
Eppure, dicevo, il momento in cui si mette piede per la prima volta nella Stanza delle Necessità e tutta la fase di personalizzazione che segue di lì a poco, riescono invece a tenere alta l'attenzione del giocatore, che sente di avere ancora, dopo decine di ore, nuove cose da scoprire.
Messe da parte pozioni e creature, il momento della noia sopraggiunge inesorabile. Lo fa anche seguendo la parabola discendente del sistema di combattimento, un insolito mix fra il free-flow tipico delle produzioni di Warner (con tanto di contrattacchi e colpi che vanno automaticamente a segno) e un action basato sugli elementi e sulle combo magiche. Le battaglie hanno un bel dinamismo, risultano sufficientemente spettacolarizzate e sfidanti quel tanto che basta per non prendere sotto gamba nessuno scontro. Ogni volta che a scuola si apprende un nuovo incantesimo si sperimenta qualche combinazione inedita, per capire come le magie possono interagire fra loro o con specifici avversari. Eppure sulla lunga distanza anche il combattimento perde mordente, le battaglie si affrontano in maniera meccanica e le buone idee si stemperano nella ripetitività. Sarà che in tutto il gioco le tipologie di nemici si contano sulle dita di una mano, e che quasi non ci sono boss fight a sottolineare i momenti più importanti dell'avventura.
IL TRUCCO DEL CASTELLO
Ormai avrete capito quale sia il "trucco" di Hogwarts Legacy, o forse sarebbe meglio dire "la sua magia". Il gioco sceglie, forse per parlare ad un pubblico più esteso possibile, di non osare su nessun fronte: adatta sistemi e strutture già rodate alle atmosfere del Wizarding World, abbraccia a più riprese quella sfumatura da prodotto "mangiatempo" che troppi open world hanno fatto propria. Eppure, prima che i limiti (se non addirittura le crepe) di questa impalcatura si manifestino, ammalia il giocatore con l'abilità di un incantatore, che tira fuori dal suo cilindro oggetti sempre nuovi.
E allora, a differenza di tanti altri prodotti della stessa risma, magari fiaccati pure da una serializzazione ossessiva che in questo caso (ancora?) non c'è, si arriva alla fine dell'avventura con leggerezza... piacevolmente, senza patemi. Giusto in tempo, fra l'altro, per riscoprire gli ultimi guizzi di un racconto che si è mantenuto neutro per troppo tempo, ossessivamente diluito per durare una ventina di ore. Alla fine la storia non è brutta, o insipida, ma è solo troppo stiracchiata. Nell'aderire ai canoni del racconto adolescenziale che caratterizzano anche i libri, anzi, lancia un messaggio non banale, ragionando sulla necessità di convivere con il dolore, perché anche le cicatrici emotive fanno parte di noi e della nostra anima.
È proprio una morale di quelle che potrebbero esplicitarsi alla fine di un anno scolastico a Hogwarts, prima dell'assegnazione della Coppa delle Case, e a dirla tutta è pure un "insegnamento" che non è inutile "ripassare" da adulti.
Revelio
È proprio una morale di quelle che potrebbero esplicitarsi alla fine di un anno scolastico a Hogwarts, prima dell'assegnazione della Coppa delle Case, e a dirla tutta è pure un "insegnamento" che non è inutile "ripassare" da adulti.
Concluse le missioni principali e secondarie (tra le quali si trovano un paio di storie intriganti e tante altre invece molto più superficiali), ho messo da parte Hogwarts Legacy senza difficoltà, soddisfatto e satollo. Ci sarebbero ancora tante cose da fare, nei borghi e nelle contee che si estendono oltre i confini del castello, ma sono cose tutte uguali e credo di aver già imparato la lezione... oltre ad aver sviluppato una certa repulsione per uno specifico incantesimo che forse è meglio non citare ulteriormente.
Revel
Mi porterò dietro bei ricordi, un po' di nostalgia, la certezza che i giochi su licenza possano far coesistere la loro natura commerciale con un po' di passione, la speranza che in futuro decidano di osare di più. Dovrebbe essere chi ha le spalle larghe e la certezza di arrivare al pubblico, a non accontentarsi di percorrere sentieri già tracciati. Per fortuna, questa volta, i sentieri di Hogwarts Legacy sono pieni di magia e di lustrini, quel tanto che basta a suscitare la meraviglia di chi conosce o adora il Mondo Magico. Come un grande parco a tema in cui perdersi per un po'... giusto fino al tramonto.
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