Gamescom 2025 Opening Night Live: la guerra del rumore

Novanta secondi di breve gloria non si negano a nessuno.

Sul palco del padiglione 1 della fiera di Colonia Geoff Keighley utilizza più volte l’abbreviazione “ONL”, che sta per Opening Night Live. Sono le due ore di show che aprono tre giorni di esibizioni in fiera, l’appuntamento più frequentato dell’anno dei videogiocatori. Forse lo ha fatto anche un anno fa, ma quando sento Keighley ripetere “ONL” mi viene il dubbio che stia provando a imporre anche quella formula, come se fosse un brand di cui occuparsi. O meglio, forse dovrei dire che Keighley sta cercando di venderci anche questa nuova sigla. Una volta resa riconoscibile e collegabile a un determinato tipo di esperienza, diventerebbe un prodotto da replicare e mettere sugli scaffali anche altrove. Ma forse è un problema mio, che di fronte alla Opening Night Live della Gamescom 2025 ho esaurito in fretta le speranze. 

Se c’è un atteggiamento che mi infastidisce è quello di chi sceglie di lamentarsi sempre, di spiegare al mondo cosa ci sia di sbagliato nel suo gioco preferito. Cerco di non farlo, giuro, ma le serate condotte da Keighley iniziano ad andare oltre il mio naturale e trascinante ottimismo. Mentre prendevo appunti sulla sequenza di trailer mostrati a Colonia, mi sono imposto di soffermarmi in questo articolo solo su quelli che mi hanno davvero convinto, lasciandomi intravedere qualcosa di diverso o di particolarmente notevole rispetto agli altri. “Basta con quegli articoli di opinione burberi e lamentosi, a che servono?”, mi sono detto. E lo penso ancora, lo confermo: solo che di giochi diversi o particolarmente notevoli, ne ho riconosciuti un paio.

Potrebbe non essere nemmeno colpa dei giochi, che peraltro non abbiamo visto, ma della formula. Diciamo che sono certo che la formula non aiuti. La formula è quella del mega-tramezzino farcito di trailer, della poke delle dimensioni di una piscina olimpionica colma di montaggi apparentemente esagerati e schizofrenici, ma ormai ridotti a prevedibile consuetudine. Forse ci sono molte cose degne di essere scoperte e giocate, dietro alla tempesta che per due ore ha attentato alla vita di chi soffre di epilessia fotosensibile… ma è difficile accorgersene se quei giochi non li vedi. Come mi è già capitato di scrivere, ma riferendomi al non-E3 che è il (la?) Summer Game Fest, i trailer non sono il formato più adatto a raccontare e spiegare i videogiochi, ma ci siamo tutti fatti convincere che lo sia. Probabilmente perché la comunicazione nel settore, che è mediamente noiosa e ripetitiva (tratto che non è specifico dei videogiochi, figurarsi), ha abituato tutti a pensare che sia il modo più efficace per venderli. 

Assorbiti in sequenza i circa 50 trailer, e non giochi, presentati alla Opening Night Live della Gamescom 2025, sono rimasto sul divano stanco, intontito e vagamente deluso. Vedete, se non avessi avuto delle sincere speranze e se non fossi stato mosso da un onesto ottimismo, non mi sarei potuto dire deluso. E invece eccomi qua. Lo show alla Koelnmesse mi ha perciò ricordato la “loudness war” che si è combattuta nel mondo della musica, quando le etichette discografiche hanno pensato che provare a rendere più forte, rumoroso e compatto il suono delle canzoni in vendita, avrebbe aiutato a farle svettare su quelle della concorrenza. Con il prevedibile esito che tutte quante sono finite a fare la stessa cosa, a discapito della naturale ampiezza della gamma dinamica. Le differenze tra quello che viene sussurrato o detto e quello che viene gridato, non ci sono più. È COME SE TUTTI PASSASSIMO IL TEMPO A URLARCI NELLE ORECCHIE, NON È PIACEVOLE.

Anche alla comunicazione dei videogiochi manca il dinamismo, manca cioè la voglia di farli vedere mentre sono dei videogiochi e non dei montaggi furiosi, con le solite colonne sonore che hanno mandato a memoria i lavori di Hans Zimmer da Inception in avanti o che ripescano dal cestone del discount del nu-metal. 

Voglio comunque citare i due giochi vicino a cui ho disegnato un piccolo cuore, ma intanto vi ho appena detto che sono solo due: Unbeatable e Moonlighter 2. Sono due giochi dall’estetica evidentemente indie, ma non è questo il motivo per cui li ho scelti. Sia Unbeatable che Moonlighter 2, nei rispettivi trailer, mi sono sembrati spiccare sulla massa di giochi con direzioni artistiche piuttosto anonime, almeno per quanto mi è stato concesso di vedere e capire. Da. Trailer. Tutti. Molto. Spezzettati. E. Pieni. Di – pausa – pathos!

La Opening Night Live sembra una confezione famiglia di gelatine Tuttigusti+1 di Harry Potter, perché chiunque deve poterci trovare qualcosa. Chi come me è abituato ad associare a questi eventi la presentazione di materiale utile per la stampa di settore, probabilmente dovrebbe lasciare perdere. Se dentro le due ore di trasmissione ci finiscono le presentazioni di serie televisive a tema, come quelle di Sekiro e Fallout, un gran numero di aggiornamenti ed espansioni di videogiochi già disponibili e pure il momento musicale ispirato a Clair Obscur: Expedition 33 (anticipato dai conduttori un numero imbarazzante di volte), allora il senso ultimo di una serata simile non è quello di far conoscere qualcosa, ma di vendere infiniti scampoli di future promesse

Di promesse, oltretutto, Keighley se ne intende. I due giochi da cui probabilmente ci si aspettava di più, almeno considerato il peso dato nei giorni precedenti dallo stesso Keighley, erano Hollow Knight: Silksong e Resident Evil 9: Requiem. Sono i due giochi che hanno aperto e chiuso lo show, in maniera alquanto dimessa. Di Silksong, un gioco diventato meme senza volerlo, si sono viste poche sequenze di gioco e l’invito a seguire altri canali nei giorni della Gamescom. Resident Evil 9 Requiem: si è limitato al compitino del trailer narrativo, con due suggestioni di interfaccia di gioco che hanno provato a illuderci di aver assistito a più di quanto non ci fosse realmente.

Cosa resterà di questa Opening Night Live allora? Quanti dei quasi cinquanta giochi verranno pubblicati? Quanti riusciranno a trovare un loro pubblico? Quanti dimostreranno di avere almeno un’unghia della grandezza cianciata nei loro trailer e poi servilmente ribadita dai presentatori sul palco, i cui “wow” espressi con fare meccanico non si contano? Questi party organizzati da Keighley tendano a masticare e sputare giochi/trailer, guardando sempre avanti e scordandosi quanto appena visto (e detto sul palco) dopo il minuto e mezzo del video successivo. Mi chiedo anche quanto si possa dire rappresentativo del settore uno show simile, in cui i due leader, Sony e Nintendo, scelgono di comparire rispettivamente con un gioco di ormai prossima uscita (Ghost of Yotei) e il nulla assoluto. A mancare sono stati altri grandissimi editori: Electronic Arts, Take-Two, Ubisoft e, volendo, anche THQ Nordic. Mi è parso molto sottorappresentato anche il mondo dello sviluppo indipendente, o percepito come tale, tolte poche eccezioni. Nulla a che vedere con lo spazio che si sono ritagliati, rispettando i listini di Keighley, gli editori cinesi, che perlomeno hanno provato a dare un senso alla serata con il teaser “one more thing” del secondo episodio della serie Black Myth: Zhong Kui.

Con tutta l’irrilevanza che per me ricopre il personaggio di Kirby e ancor più nello specifico la serie di Kirby Air Ride, ho trovato i 45 minuti di approfondimento sul singolo gioco pubblicati da Nintendo nelle ore precedenti molto più utili dell’intera Opening Night Live. Certo, lì c’è di mezzo Masahiro Sakurai e la sua incontinenza produttiva, creativa e anche verbale, però il risultato non si discute: ora conosco un po’ di più di un videogioco di cui mi interessava molto poco e ho anche intuito le idee e l’impegno che lo hanno prodotto. 

Dopo circa 45 trailer della Opening Night Live, ho solo un po’ di mal di testa.

Pubblicato il: 20/08/2025

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