Summer Game Fest Showcase 2025: la playlist dalla East Coast
A Los Angeles è andato in onda il format che non fa bene a nessuno.
Si può avere nostalgia di qualsiasi cosa, Non è mai stato così facile diventarlo come in questo periodo storico, in cui tutto ciò che è già stato continua a essere facilmente recuperabile attraverso YouTube o i cataloghi su abbonamento. Questo vale per quanto riguarda l’agrodolce sensazione di attaccamento a un prodotto che non c’è più, naturalmente. Ma che potessi sviluppare un ricordo romantico rispetto a certi interventi in determinate conferenze stampa, tenute in momenti molto precisi, quello non l’avevo messo in conto.
Quando Sony, Nintendo e Microsoft organizzavano a Los Angeles i loro incontri con la stampa, i media briefing, dovevi mettere in conto che a un certo punto saltasse fuori una persona vestita di tutto punto e iniziasse lentamente a descrivere i risultati finanziari dell’azienda per gli ultimi trimestri. Alle sue spalle un megascreen mandava le slide di Power Point con grafici a torta e scritte troppo piccole per essere lette. A volte quelle persone erano vicepresidenti o qualcosa che ci si avvicinava, credo di averne viste almeno un paio dal vivo in cui sul palco di Nintendo saliva George Harrison (non quello, un altro): credo sia una persona perbene, ma in quanto a eloquenza non era un intrattenitore nato.
Ieri notte allo YouTube Theatre di Los Angeles, i giornalisti Lucy James e Geoff Keighley hanno condotto il Summer Game Fest Showcase 2025, seguendo un format a cui ci ha abituato: una sequenza quasi inarrestabile di trailer, interrotti solo brevemente da poche parole, che solo in casi molto rari sono proferite da chi ha avuto una qualche responsabilità nella creazione di ciò che si vede nel trailer stesso. Non è una formula ideata da Keighley, ma quella che può essere considerata la naturale evoluzione dei media briefing dell’E3 degli anni Novanta e dei primi dieci anni di questo secolo.
Alle sequenze di trailer o, più genericamente, alla lenta erosione del tempo di permanenza delle persone su quei palchi, ci siamo arrivati piuttosto lentamente. Quando il panorama attorno all’E3 è cambiato e sono arrivati mezzi per mantenere una connessione diretta con i clienti, alcuni grandi editori hanno organizzato attorno al Convention Center di Los Angeles dei loro incontri. Electronic Arts con il suo EA Play e Bethesda, iniziarono a rivolgersi ai giocatori, più che alla stampa (se non esclusivamente a loro). Insomma, ci sono svariati motivi per cui il Summer Game Fest 2025 è stato uno “showcase” (il termine è stato usato sul palco ed è presente nel sito ufficiale) non un “media briefing”. Showcase indica una vetrina e in vetrina i manichini sono fermi e muti, tranne qualche film dell’orrore. Nella vetrina di ieri sera sono stati esposti 57 giochi. Qualcuno è stato posizionato particolarmente bene e ha beneficiato della migliore illuminazione possibile, ma la tendenza generale è stata quella di non fare grandi distinzioni. Ma non c’è da illudersi, la democrazia che interessa a chi organizza un evento simile è solo quella del soldo: se paghi, ti prendi il tuo slot. E di nuovo, anche questa è la differenza tra l’incontro con la stampa di un’azienda che lavora nell’intrattenimento e chi si adopera per montare e illuminare la vetrina di un grande magazzino. Tutti e due vogliono venderti qualcosa, ma da una parte c’è della narrazione e dall’altra solo l’attenzione a come sono disposti i faretti.
Una parte molto consistente dei giochi sono stati dei comprimari di scarsa rilevanza, ma probabilmente anche questo è un discorso impreciso. Non è detto che Chrono Odyssey e Wuthering Waves non avessero il loro pubblico collegato da casa, che attendeva esattamente quei frame (o che li recupererà in queste ore o questi giorni). La doppietta di NCS Soft a marchio Blade & Soul è per me pari allo zero in quanto a rilevanza nel panorama odierno dei videogiochi, ma se sono prodotti che generano un profitto, ci sarà qualcuno che li apprezza e li apprezzerà. L’estensione demografica di chi gioca con i videogiochi e la contaminazione dei generi sono talmente elevate, che non puoi credibilmente pensare di tenere tutto assieme per due ore, senza sembrare completamente fuori fuoco ad almeno un pezzo del pubblico.
In questo, però, ci vedo di nuovo un’inefficienza di questa linea temporale, che ha ormai trascinato anche i possibili media briefing dentro al format degli showcase. Lo State of Play di PlayStation è così da un pezzo, lo è da prima di tutti Nintendo Direct. Solo Microsoft prova ancora a parlare e a far parlare i suoi sviluppatori, il che è un po’ un controsenso perché nessuno ha le idee più confuse di Microsoft, nel settore dei videogiochi.
I trailer non raccontano quasi nulla dei videogiochi, perché non sono uno strumento pensato per le specifiche esigenze dei videogiochi. Sono solo quello già conosciuto e utilizzato da chi molti videogiochi hanno preso a modello per una vita, il cinema. Fintanto che la struttura del mercato lo ha permesso, i videogiochi hanno avuto nelle versioni a gettone il corrispettivo del trailer per il cinema e del singolo per l’industria discografica. Anche nello showcase di ieri sera è stato difficile rispettare ogni trailer, senza sbadigliare qua e là, nonostante il ritmo serratissimo con cui sono montati i filmati. Anzi, forse proprio per quello, proprio perché sono tutti dei mini videoclip da due minuti e non ci vuole molto prima di assuefarsi. Così quando arriva Deadpool VR, che era partito fin da inizio serata sponsorizzando le sneaker gialle di Keighley (sigh), puoi almeno farti un mezzo sorriso mentre lo vedi che prende un tizio e lo infila in un ventilatore gigante, scusandosi così: “non preoccupatevi gente, è un fascista”).
Perché sul palco comparisse qualcuno con una parlantina vagamente interessante, è toccato attendere fino all’una di notte (CEST), quando il portavoce di Splitgate 2 (gioco numero 55) ha utilizzato i pochi istanti a sua disposizione per dire che “Call of Duty ha rotto le palle” e lo ha detto indossando un cappellino con scritto “Make FPS great again”. Io sinceramente mi aspetto questo da uno spettacolo dedicato ai videogiochi, invece Summer Game Fest 2025 è stata una playlist. Un elenco preconfezionato di cose differenti, che non per forza stanno bene assieme, ma che è un altro degli strumenti di cui ci siamo voluti dotare in questi anni. Con una playlist ascolti molto e conosci poco, per quello servono i dischi completi di un’artista (o di uno studio di sviluppo). E dire che quando siamo passati naturalmente ad avere più filmati di gioco e meno gente sui palchi, il commento generale era di sollievo. Perché poi, a dirla tutta, quello che veniva spiegato sul palco era una versione camuffata di “siamo sempre i migliori, ditelo a tutti e dateci i vostri soldi”. Però, tra le pieghe, c’era anche chi il gioco te lo raccontava dal suo punto di vista, che è quello di chi l’ha pensato. E i filmati di gioco erano questo: filmati di gioco e non montaggi poco rappresentativi dell’essenza del gameplay. Con il senno di poi mi sento di dire che ci sbagliavamo e che mi sono sbagliato pure io: era meglio annoiarsi, ma poi vedere qualcosa di vero.
Il percorso è stato quasi invisibile: prima sono arrivati i demoist sul palco, che giocavano in maniera perfetta un pezzettino di videogioco messo lì per fare bella figura, come le foto dei panini di McDonald’s in cui fanno spuntare tutti gli ingredienti e li lucidano, prima di scattare. Poi i demoist sono passati a fare la stessa cosa alle presentazioni “hands off” per la stampa a porte chiuse (e già arrivare all’idea delle presentazioni a porte chiuse è stata una sconfitta) e da lì al trailer il passo è davvero breve.
In un moto ondoso che si estende e poi si ritrae ritmicamente, come è stato quello dello showcase di Summer Game Fest 2025, ogni scoglio che rompe lo schema si fa notare con grande facilità. Grazie al cielo esiste Felt That Boxing, che unisce il pugilato e i pupazzi alla Jim Henson, quello dei Muppet, con una resa visiva eccezionale. Ma che Onimusha Way of the Sword sia passato via così, come l’annuncio della terza stagione di The First Descendant, è un vero peccato. MixTape di Annapurna, che si era già visto, e Out of Words di Kong Orange, Wired Fly e Morten Søndergaard, confermano che la scelta estetica e tecnica di South of Midnight potrebbe non essere stato un incidente felice e isolato. L’assurdo Fractured Blooms di Serenity Forge ha tirato una botta al flipper, come quando la pallina era incastrata o cercavi di cambiare la rotta dell’intera partita. Lego Voyagers, di nuovo di Annapurna, conferma il buon momento anche nei videogiochi dei mattoncini dalla Danimarca. Premio Psyduck ad Atomic Heart II, presentato come “il successore spirituale di Atomic Heart”.
Che Keighley, e in parte anche James, siano perfettamente calati nel contesto di questo spettacolo che non ha nessuna forma di spina dorsale editoriale a tenerlo in piedi, diventa particolarmente evidente quando si susseguono le volte in cui sottolineano il numero di persone che compongono alcuni degli studi di sviluppo responsabili dei trailer trasmessi. Keighley parte subito ritirando fuori lo stucchevole discorso sulle “trenta persone” che hanno creato Clair Obscur: Expedition 33. Un modo molto veloce per ridurre ai dati di un foglio di calcolo una questione molto più complessa. Keighley non ha paura di dimostrare una certa incoerenza, quando glorifica il due annunci di chiusura, entrambi eccellenti (Stranger Than Heaven di Sega e Resident Evil Re9uiem di Capcom), dopo aver scandito con finta commozione che Last Flag “è stato realizzato da un nuovo team di sole 50 persone” e che Wu-Tang Rise of the Deceiver “è frutto di un gruppo di 53 membri” (speriamo non abbiamo assunto o licenziato nessuno negli ultimi giorni). James ha recitato la parte riferendosi a Infinitesimals, creato “da un piccolo studio di 8 persone”.
Summer Game Fest 2025 è stata una playlist costruita dall’intelligenza artificiale del commercialista di Keighley e, ne sono sicuro, anche da quel che ancora sopravvive del suo passato di giornalista e critico. Una sequenza che avrà fatto bene a qualche gioco e male ad altri, quando spunti promettenti sono stati anestetizzati dalla democrazia del soldo e dei due minuti a trailer già accennata. Una vetrina in cui in pochi riescono davvero a mettersi in risalto e che non credo serva molto a un settore che sta sacrificando progetti e persone come se nulla fosse.
Volendo iniziare a frullare nei meme e nelle formulette popolari, con la stessa convinzione mostrata da Keighley e James quando hanno iniziato ad assegnare i premi a seconda del numero di persone coinvolte in un progetto, si può dire che Summer Game Fest non è lo show che ci serve, ma quello che ci meritiamo.
Pubblicato il: 07/06/2025
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