LA SUMMER GAME FEST E UN'INDUSTRIA IN CRISI D'IDENTITÁ

O di come il videogioco parli pur non avendo molto da dire.

È passato tanto tempo dal giorno in cui sfogliando le pagine di The Games Machine sul divano di casa scoprivo dell’esistenza di un evento esclusivo in cui un gruppo di pochi fortunatissimi eletti veniva convocato per provare in esclusiva i videogiochi in arrivo sul mercato. Avevo dieci anni, e ricordo perfettamente l’eccitazione incredibile che provavo di fronte alle prime immagini di Assassin’s Creed e di Okami rubate da quel convention center di Los Angeles che cominciavo ad associare ad una sorta di paradiso in terra dedicato ai videogiochi, così come ricordo il bruciante desiderio di far parte anche io un giorno di quel gruppo di illuminati che una volta l’anno andava a toccare con mano il futuro di un’industria che all’epoca era un vero e proprio vulcano di promesse. Oggi sono qui, sdraiato sul letto di un appartamento di Los Angeles mentre batto sulla tastiera le mie prime impressioni sulla quinta edizione della Summer Game Fest che ha preso inesorabilmente il posto di quell’E3 che ho sognato di vedere per tanti anni della mia vita. Mi sento un po’ spaccato a metà tra la soddisfazione di aver raggiunto un obiettivo agognato sin dal primo giorno in cui ho tentato di trasformare in lavoro la mia passione per questo medium e l’amara sensazione di trovarmi nel posto giusto al momento sbagliato. La Summer Game Fest non è l’E3, e a ben vedere neanche l’E3 era più l’E3 nelle sue ultime spossate edizioni, ma è pur sempre un evento che continua a calamitare molte attenzioni da parte del pubblico degli appassionati e che rappresenta ancora una cartina tornasole in grado di raccontare lo stato di salute dell’industria. 

Lo ammetto: la mia percezione del clima di questa Summer Game Fest è sicuramente falsato dal fatto che mi trovo fisicamente qui in procinto di prendere parte ai Play Days dei prossimi giorni con un’eccitazione senza pari, però è innegabile che nell’aria si percepisca ancora l’idea di star prendendo parte ad un raduno in cui la comunità dei videogiocatori di tutto il mondo sta volgendo lo sguardo nella stessa direzione. È energizzante, davvero. Il problema è che, nonostante il pubblico continui a rivolgersi speranzoso all’evento estivo per eccellenza, questa industria continua a mostrarsi debole, incerta e confusa nel modo di comunicarsi. È sicuramente anche colpa del fatto che da qualche anno a questa parte l’aura di esclusività degli eventi di questo periodo dell’anno sia stata affievolita dalla programmazione continua e martellante di eventi digitali sparpagliati un po’ dappertutto per i dodici mesi del calendario, però di fronte alle due ore di presentazione della Summer Game Fest è stato difficile trattenere gli sbadigli e la delusione.

Presentata dal solito raggiante Geoff Keighley nella cornice di uno YouTube Theater di Los Angeles gremito di pubblico ma avvolto da uno spiazzante silenzio, la Summer Game Fest 2024 ha messo in mostra tutte le incertezze e le debolezze di un sistema-videogioco che da anni deve far fronte a licenziamenti di massa, cancellazioni improvvise di progetti avviati da tempo e chiusure inesorabili di studi talentuosi colpevoli il più delle volte solamente di non essere abbastanza profittevoli per questo mercato popolato da squali della finanza. Nonostante si cerchi di far finta del contrario tutto questo si riflette chiaramente nei toni e nei ritmi di eventi di questo tipo. Si è partiti bene con l’annuncio a sorpresa di LEGO Horizon Adventures, che trasporta Aloy e gli altri personaggi del titolo di Guerrilla all’interno di un mondo a mattoncini dai toni decisamente più scanzonati e meno seriosi rispetto alla duologia originale e che apre ad un'inedita presenza di titoli PlayStation anche su Nintendo Switch; sono poi comparsi altri titoli estremamente interessanti e in grande spolvero come Neva di Nomadia Studio, il sempre più splendido Metaphor Re:Fantazio, l’annuncio dell’edizione fisica di Black Myth Wukong (che ha nuovamente dimostrato l’ingenuità di Game Science nel suo rapportarsi col mercato occidentale), il primo dei due DLC di Alan Wake II (anch’esso corredato di edizione fisica nonostante gli spergiuri di qualche mese fa con cui Remedy assicurava al pubblico che non ne avrebbero mai prodotta una per tenere bassi i costi di produzione) e la data di pubblicazione di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess di una Capcom sempre in grande spolvero. Il dramma è che tutto il buono che c’è stato è rimasto schiacciato sotto il peso di una comunicazione inutilmente prolissa, diluita all’infinito a causa di continui spot pubblicitari e trailer di titoli di scarso interesse infilati a forza in un evento che mai come questa volta ha dimostrato di avere un tremendo bisogno di introiti extra per rimanere in piedi sulle proprie gambe. 

 L’impressione - peraltro ingigantita anche dal successivo evento dei Day of the Devs e soprattutto dall’ennesimo Devolver Direct assolutamente stanco e superfluo - è quella di essere di fronte ad un settore che si ritrova obbligato a dover comunicare anche quando non ha molto da dire. È ovvio che i trailer si facciano sempre più striminziti se presentarli all’ interno della cornice imbastita da Keighley costa centinaia di migliaia di dollari al minuto, così come è ovvio che più di metà dell’offerta sia composta da rumore di fondo la cui unica funzione è quella di pagare per sostenere la presenza dei titoli più interessanti. Di certo non il più dignitoso e sostenibile dei modelli.

A dirla tutta credo che i due annunci più importanti di questa edizione siano quelli della creazione di una divisione gaming di Blumhaus dedicata all’horror e di Innersloth (i creatori di Among Us) che hanno deciso di reinvestire i fantastiliardi guadagnati dalla loro creazione per creare un fondo (Outersloth) che aiuti nello sviluppo di altri titoli più piccoli e indipendenti. Si tratta di due iniziative estremamente positive, che però raccontano il bisogno impellente di cambiare direzione e allontanarsi dai sistemi di monetizzazione e di pubblicazione tradizionali, allontanandosi contestualmente da shareholders e aziendalisti chiamati a far quadrare i conti per non scontentare la borsa prima del pubblico. Da un lato è evidente che Summer Game Fest sia un evento in crescita (soprattutto per quanto riguarda la sua parte in presenza), ma è chiaro che lo stato attuale dell’industria non sia sostenibile e racconti una crisi d’identità di un settore che più passa il tempo e più si dimostra fragile

Non avete idea di cosa darei oggi per poter raccontare al me bambino che sognava questa Mecca dei videogiochi che un giorno avrebbe davvero attraversato l’oceano per viverla sulla propria pelle. Nemmeno papà ci avrebbe mai creduto davvero, a pensarci bene. Nonostante sia qui dove ho sempre sognato di essere, però, non riesco a nascondere l’amarezza per quello che sto vedendo succedere al medium che amo. Chissà che le cose non comincino a cambiare nel giro di qualche mese, ma per ora l’immagine che racconta al meglio la situazione della Summer Game Fest è ancora quella del sorriso un po’ forzato di Geoff Keighley (che comunque continua a preferire di essere ricordato come il creatore dei The Game Awards) che racconta di un mercato in cui otto dei dieci titoli più venduti negli ultimi sei mesi su Steam provengono da team indipendenti e molto piccoli. Il tutto su un palco dedicato principalmente a far contenti i grandi publisher e i grandi investitori. 

Che gran casino.

Pubblicato il: 08/06/2024

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4 commenti

Dal titolo temevo sarebbe stato un articolo critico nei confronti della manifestazione losangelina e basta.
Lo é ma non solo, hai fatto un' analisi semplice efficace dei difetti e dei pregi della manifestazione.
Personalmente sono fiducioso per il …Altro...
Dal titolo temevo sarebbe stato un articolo critico nei confronti della manifestazione losangelina e basta.
Lo é ma non solo, hai fatto un' analisi semplice efficace dei difetti e dei pregi della manifestazione.
Personalmente sono fiducioso per il futuro di questa manifestazione, ripensando alla primo Summer Game Fest in presenza il miglioramento è netto.
I problemi sono dovuti principalmente alla situazione attuale di tutta l'industria dei videogiochi che si trova in un momento di confusione e cambiamento e deve capire che direzione prendere.
In più, come ha scritto un altro utente, oggigiorno i vari publisher hanno la possibilità di farsi da soli i propri eventi.
Geoff Keighley deve puntare sui Play Days, possibilità di provare giochi e parlare faccia a faccia con gli sviluppatori.

Al di la di tutto vedrai che ti resteranno dei bei ricordi
Trascorrere diversi giorni h24 con Sandra (Fossa) e Raimondo (Mottura) vale il viaggio.

Fino ad ora è una Summer Game Fest piuttosto sottotono, ma sono gli eventi di settore in generale ad esserlo da quando i grandi publisher hanno scelto di fare da soli (Nintendo e Sony su tutti ma anche loro in forte difficoltà), di contro molti sem …Altro... Fino ad ora è una Summer Game Fest piuttosto sottotono, ma sono gli eventi di settore in generale ad esserlo da quando i grandi publisher hanno scelto di fare da soli (Nintendo e Sony su tutti ma anche loro in forte difficoltà), di contro molti sembrano puntare sulla Gamescon per mostrare il gameplay riservando all'evento di Kiegley il ruolo di sterile vetrina promozionale.
Male, ma molto male Devolver che negli ultimi 2 anni sembra aver perso la spinta che l'aveva caratterizzata negli anni degli esordi.

C'è molto da vedere ma la maggior parte dei giochi è non dico inutile ma per lo più trascurabile, mi sembra si paghi tantissimo la sovra produzione del settore e la conseguente necessità di doverla comunicare a tutti i costi nella speranza che qualcosa possa emergere.

Che amarezza Sori…spero vada un po’ meglio con le prossime conferenze. Comunque good luck per la tua prima volta a LA, te lo meriti

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