GDC 2024

I MILLE VOLTI DI

SARAH ELMALEH

Alla Game Developers Conference 2024 ho avuto modo di fare una chiacchierata con Sarah Elmaleh, attrice specializzata nel settore dei videogiochi che ha interpretato ruoli in produzioni indipendenti come Gone Home, Pyre, Afterparty, le avventure di Wadjet Eye Games, ed è apparsa anche in giochi di più alto profilo come Helldivers 2, Hi-Fi Rush e Gears 5. Ma Elmaleh lavora anche come direttrice del doppiaggio, ruolo che ha ricoperto su giochi come The Wreck, Fortnite e Call of Duty: Modern Warfare II, ed impegnata in diversi altri ambiti, da quello accademico al suo lavoro nella sezione Interactive Media di SAG-AFTRA, il sindacato statunitense degli attori e doppiatori di cinema, televisione e radio (e videogiochi).  

Sarah mi ha raccontato di essersi "innamorata della recitazione da ragazzina, facendo teatro a scuola”. Proseguendo gli studi all’università, ha “scoperto le gioie dell’usare solo la mia voce recitando per produzioni radiofoniche. Inoltre, ho sempre amato i videogiochi, fin da piccolissima, in particolare le avventure Lucasarts dei tempi d’oro e poi i giochi di ruolo negli anni delle superiori, cose come Knights of the Old Republic, i giochi BioWare. In quel periodo ho iniziato a rendermi conto che recitare in un videogioco può costituire un modo molto particolare e intimo di fare l’attrice, cosa che mi ha fatto ragionare sul poter seguire quel percorso.”

Una volta terminati gli studi, Sarah ha analizzato in maniera metodica le sue prospettive e l’idea che il vero lavoro, per un attore o un’attrice, siano le audizioni, che nella maggior parte dei casi non ti fanno ottenere ingaggi. “Mi sono chiesta quali lavori meritino lo sforzo e quali no, quali siano gli aspetti positivi e quelli negativi, cosa possa darmi davvero gioia, cercando di avere un approccio scientifico. A quel punto mi sono resa conto che le audizioni per i lavori di doppiaggio sono quelle più piacevoli e giocose, ho trovato molto liberatorio il non essere giudicata in base all’aspetto e poter quindi interpretare qualsiasi genere di ruolo.” Stiamo parlando degli anni di PlayStation 3, quando uscì Uncharted 2, un gioco il cui studio Naughty Dog fu molto aperto nel mostrare il dietro le quinte della lavorazione, il suo approccio così collaborativo, l’intesa fra gli attori… Elmaleh se ne innamorò, decise che poteva essere quello il suo futuro e iniziò a costruirsi una carriera, partendo però dalla situazione di una persona che abitava a New York e non aveva quindi accesso diretto alle produzioni più grosse.

In questo periodo iniziale, pose le basi per la sua carriera, facendo conoscenza con tanti studi, imparando il lavoro, costruendosi una rete di contatti anche grazie a contesti come quello della GDC e lavorando su tanti giochi indie come quelli menzionati sopra. Ma anche oggi che vive a Los Angeles e lavora su produzioni più grosse, continua a occuparsi di giochi indipendenti e, per esempio, l’anno scorso ha lavorato come direttrice del doppiaggio su The Wreck. Trattandosi di uno fra i miei giochi preferiti del 2023,  non ho potuto fare a meno di chiederle dell’esperienza e di come sia lavorare su un progetto che parla in maniera così aperta di perdita e di elaborazione del lutto: “Per me è stato catartico," mi ha detto. “Io non ho vissuto esattamente quel tipo di esperienza ma ho avuto anche io i miei momenti di oscurità, i miei lutti, e ho apprezzato molto la scrittura del personaggio di Junon, che faceva battute, non passava tutto il tempo a piangere distrutta. La gente depressa non si comporta in quel modo, non è impostata su una modalità dalla mattina alla sera.”

Sarah ha apprezzato molto la libertà concessa dallo studio The Pixel Hunt nel processo di casting, che le ha permesso di individuare in Sharlit Deyzac l’attrice perfetta per il ruolo da protagonista: “Affrontare quel viaggio assieme a lei, abbracciando un tema così complesso e potenzialmente pesante, ci ha permesso di tratteggiare in maniera più rotonda la natura degli esseri umani alle prese con situazioni di quel tipo. E penso che per chi gioca sia bello avere a che fare con una voce affascinante, con un personaggio di cui puoi innamorarti e con cui puoi affrontare materiale simile. È stato un progetto fantastico e denso di soddisfazioni.” 

Non sempre, però, il lavoro di un attore o un’attrice è così ben integrato e armonizzato con quello degli sviluppatori di videogiochi. Se da un lato Sarah e i suoi colleghi sono figure ormai imprescindibili per gran parte della produzione videoludica, dall’altro vengono ancora spesso viste in qualche modo come esterne al processo di sviluppo. Da questo punto di vista, poi, appartenere a un’organizzazione forte e consolidata come la SAG-AFTRA probabilmente non aiuta, vista la tradizionalmente scarsa presenza sindacale nel settore dei videogiochi. Le ho chiesto se le capiti mai di sentirsi un outsider: “Il mio percorso nei videogiochi si è sviluppato in tanti ruoli diversi e in molte attività che cerco di seguire. Non ero partita con l’idea di dirigere, ma a un certo punto mi sono resa conto della necessità di quel ruolo e di quanto mi interessasse. Mi sono resa conto che serviva, così come mi sono resa conto di poter e voler occuparmi di consulenze, della necessità di educare, informare, fornire risorse e lavorare con il sindacato, perché c’erano tanti aspetti di questo lavoro che erano ignoti a molte persone. E insomma, diciamo che il modo in cui si è evoluto il mio lavoro rende abbastanza l’idea di quanto sia poco definito questo spazio che, per così dire, occupiamo.”

Se al cinema gli attori sono sempre messi in primo piano, nei videogiochi dipende molto da quanto il gameplay si appoggia su una performance attoriale, e questo può cambiare significativamente il loro livello di coinvolgimento nel progetto: “Spesso ci ritroviamo da soli in una cabina di registrazione, magari assieme a un cinematic lead, a uno scrittore, a un direttore del doppiaggio se hai fortuna. Ma non abbiamo occasione di parlare col resto del team o di vedere parti del gioco per capire che forma stia prendendo. Alcuni team sono più aperti di altri, va detto, e da amante dei videogiochi mi fa molto piacere. Ma sì, potenzialmente c’è sempre il rischio di essere isolati da tutto il resto e io sono molto interessata a cercare di ridurre quel gap, a offrire informazioni su come lavorano gli attori e ottenere accesso a come lavorano gli sviluppatori, per migliorare la produttività di tutti grazie a un maggiore allineamento coi bisogni rispettivi.” 

Prima di virare la conversazione sulle questioni contrattuali del momento, ho voluto fare un po’ di amarcord e ricordare lo sciopero dei doppiatori videoludici avvenuto nel 2016. All’epoca, la conversazione online vedeva almeno in parte le classiche reazioni di chi non capiva dove fosse il problema nello starsene chiusi in una stanza a recitare qualche battuta. Siccome ogni tanto è bene spiegare le cose in maniera semplice, ho chiesto a Sarah di dirmelo, dove stia il problema. “Partiamo da questo: recitare è reagire. È un concetto di base che viene insegnato a chi studia recitazione: recitare non è necessariamente presentare, indicare o significare. La recitazione migliore nasce da un tipo di risposta istintivo, non predeterminato, a qualcosa che ti accade. E se quella reattività riesce ad essere sorprendente e autentica, risulta molto naturale.” Del resto, ha aggiunto, gli esseri umani funzionano così, non sono quasi mai in pieno controllo di come si comportano e tendono soprattutto a reagire agli stimoli. Una buona performance attoriale replica questo genere di comportamento reattivo per risultare naturale. Solo che farlo in una sala di doppiaggio è complesso. “Su un set cinematografico ci sono scenografie, costumi, esplosioni, altri attori con cui condividi la scena… Non è che sia facile, ma ci sono comunque molti stimoli che ti aiutano ad avere una risposta naturale. In altri medium, la quantità di stimoli può essere inferiore. A teatro, per esempio, ci sono magari meno elementi ambientali ma altri attori con cui lavorare. E penso che i videogiochi siano il contesto in cui devi dare di più avendo meno materiale con cui lavorare. Ti viene chiesto di rispondere e reagire in maniera autentica, spontanea, specifica, con il minor quantitativo possibile di informazioni. Devi lavorare moltissimo d’immaginazione.”

Saper immaginare, per esempio, cosa significhi ritrovarsi sull’orlo di un precipizio e stare per gettarsi di sotto fa parte del bagaglio di capacità che deve avere un attore impegnato nel settore dei videogiochi, oltre ovviamente a dover conoscere le tecniche specifiche che devi adottare quando lavori con un microfono o in uno spazio chiuso. E poi c’è una questione di pura tenuta fisica. Nel 2016, il contrasto che diede vita allo sciopero verteva in larga misura sulle lunghezze delle sessioni di registrazione e sulle scarse tutele in quel senso. “Molti videogiochi, soprattutto nell’ambito delle grosse produzioni, sono basati sul conflitto,” ha sottolineato Elmaleh, “ci sono un sacco di sparatorie, di morti, e quindi urla, momenti drammatici, intensi, in cui il personaggio viene ferito, ferisce altri personaggi… questo genere di cose. E quelle sessioni... si potrebbe dire che sono stunt vocali. Si possono gestire in maniera sicura, per limitare il rischio di danni permanenti alle corde vocali, ma il rischio comunque c’è. È molto facile farsi male se non fai quel genere di lavoro nel modo giusto.” Per questo è importante fare in modo che le sessioni di quel tipo non durino più di due ore, evitare di trascorrere urlando a pieni polmoni un’intera sessione di quattro ore (la durata massima secondo le regole attuali). Oltre a tentare di fare in modo che questa cosa diventasse una regola, lo sciopero del 2016 mirava anche a ottenere maggior tutele sul piano della compensazione, mettendo in piedi una struttura di pagamenti secondari “per fare in modo che questo possa diventare un lavoro stabile, con cui pagarsi da vivere anche diventando attori specializzati nel settore dei videogiochi. Il costo della vita a Los Angeles è molto alto e mantenersi solo col pagamento per le sessioni di registrazione è difficile.” 

Questo, in particolare, è un tema su cui c’è forse un po’ di confusione, come del resto si è visto anche qualche mese fa durante i vari scioperi hollywoodiani. È facile chiedersi cosa abbiano da scioperare le grandi star pagate milioni di dollari per ogni film, ma ogni grossa produzione ha una base enorme di lavoratori che faticano a stare in piedi sul piano economico. Sarah Elmaleh mi ha spiegato che, oltre alle tariffe per le singole sessioni, solo alcuni attori impegnati nel settore dei videogiochi hanno accesso a un sistema di pagamenti secondari, nato proprio da quella negoziazione di qualche anno fa. C’è per esempio un bonus basato sul numero di sessioni, che però scatta solo dalla decima, a cui arrivano davvero pochi attori. Per tanti professionisti del settore, una sessione di registrazione in più o in meno può insomma fare una differenza enorme. “Probabilmente molte persone hanno un’idea distorta di quanto guadagni l’attore medio. Bisogna tenere conto che gran parte degli attori viene pagata la tariffa minima, molti di noi non sono in grado di ottenere nulla di più.”

Come detto, però, in questo momento la discussione contrattuale portata avanti da SAG-AFTRA verte sull'utilizzo delle I.A. generative. Chi segue con attenzione questo tema ricorderà forse che il 9 gennaio, durante il CES 2024, il sindacato statunitense annunciò un accordo con l'azienda Replica Studios che diede vita a reazioni piuttosto intense nella comunità degli attori specializzati in videogiochi. Ho schiesto a Sarah di spiegarmi cosa sia accaduto: "È successo che un’azienda impegnata nel campo della I.A., che si occupa di creare repliche digitali, ha contattato il sindacato dicendo che volevano svolgere la loro attività in maniera etica e volevano discutere con noi per capire quale fosse il punto di vista degli attori sulla questione. Le conversazioni sono andate avanti a lungo e alla fine si è giunti a un accordo. Che è una cosa normale: quando una singola azienda contatta il sindacato, tipicamente, la conversazione non si allarga a tutti i membri con un referendum. Se ne occupa un comitato specializzato nell’ambito di riferimento, in questo caso i videogiochi. Quindi abbiamo condotto quella trattativa e alla fine abbiamo pubblicato l’accordo.” E le reazioni immediate di sgomento? “Alcuni membri di SAG-AFTRA che erano particolarmente attivi su quei temi si sono preoccupati, c’è stato un attimo di panico riguardo a cosa potesse essere contenuto nell’accordo, a come poteva essere andata avanti la trattativa. Ma questo perché probabilmente manca un po’ di consapevolezza su come procedono normalmente queste cose, sul fatto che si tratta di un procedura standard, portata avanti da gente del settore. Chiaramente non posso parlare a nome di tutti ma la mia impressione è che una volta che sono stati pubblicati i termini di quell’accordo e i nomi delle persone che ci avevano lavorato, le preoccupazioni siano sfumate.” Insomma, un problema di comunicazione e una lezione per il futuro sulla necessità di assecondare la grande passione sul tema con maggior chiarezza e proattività nel dialogo.

Intanto, però, la situazione sembra essersi arenata, al punto che proprio nei giorni immediatamente precedenti alla Game Developers Conference, Duncan Crabtree-Ireland, negoziatore e direttore esecutivo di SAG-AFTRA, ha dichiarato che un nuovo sciopero potrebbe essere imminente. Cosa sta accadendo? "Il tema di base”, mi ha spiegato Sarah Elmaleh, “è quello delle protezioni per gli attori nei confronti dell’utilizzo della I.A. Io mi occupo soprattutto di doppiaggio, ho lavorato un po’ nel performance capture ma non ho grande esperienza in quell’ambito. So però che costituisce ormai una fetta molto importante del lavoro su un videogioco. Si lavora sia sul registrare una performance completa, di corpo, volto, voce, sia sull’ottenere un risultato finale unendo parti di performance di attori diversi. Abbiamo specialisti nel movimento, negli stunt, nell’interpretare creature di vario tipo. C’è veramente una base enorme di lavoro e di professionalità che contribuisce nel dare vita ai personaggi dei videogiochi.” A questo riguardo, Sarah mi ha portato l’esempio degli Spider-Man di Insomniac Games, in cui la fisicità del personaggio viene definita dal lavoro degli stuntman, mentre a dargli un volto e una voce ci pensa l’attore Yuri Lowenthal. “E dobbiamo fare in modo che tutte queste discipline, attualmente vulnerabili all’utilizzo di questa tecnologia, siano protette dall’abuso. Questo è sicuramente un punto nodale su cui si sta discutendo, così come l’assenza di un accordo su come debba effettivamente funzionare l’utilizzo dei prompt per far sì che una I.A. generativa utilizzi le doti specifiche di un attore. Se estrapoli materiale che fa chiaramente riferimento a un attore e quel materiale viene utilizzato in una maniera identificabile, dovrebbe essere necessario il consenso dell’attore. Queste sono due componenti fondamentali della discussione su cui ancora si fatica a trovare un accordo.” 

Ma c’è un rischio concreto che in un futuro più o meno prossimo le I.A. generative si facciano talmente avanzate da rendere addirittura obsoleto il lavoro degli attori? Si potrà rinunciare agli Yuri Lowenthal del caso? Far previsioni è difficile, Sarah Elmaleh la prende alla lontana: “Io faccio la direttrice del doppiaggio, quindi occupo un ruolo che già adesso viene talvolta considerato opzionale. Spesso si svolgono sessioni di registrazione senza qualcuno che diriga, magari perché se ne occupano sviluppatori che hanno le capacità necessarie o l’interesse a capire come svolgere questo lavoro. Allo stesso tempo, però, vengo ancora ingaggiata per la mia capacità di collaborare e comunicare con gli attori al fine di ottenere performance specifiche e autentiche. Il fatto è che c’è bisogno di autenticità, specificità, collaborazione, tutti elementi che aggiungono davvero valore ai videogiochi. Quindi credo che la componente umana e collaborativa sarà sempre richiesta, perché ti dà qualcosa in più che ti rende più competitivo, vendibile, solido sul piano artistico, qualcosa che il pubblico nota davvero.” Poi, certo, c’è anche una questione di sostenibilità, di costi e del modo in cui qualsiasi elemento che venga considerato opzionale può essere messo da parte per far tornare i conti. Chiaramente, è questione di equilibri.

E gli equilibri sono importanti anche per un tema che Sarah Elmaleh ha affrontato sul palco della GDC, durante un evento nel quale ha discusso con un gruppo di colleghi sull’importanza della diversità nel processo di casting. L’ho interrogata al riguardo, anche in riferimento alle eterne polemiche sul tema e all’idea spesso menzionata che un attore dovrebbe essere in grado di interpretare qualsiasi tipo di personaggio, senza alcuna barriera. Elmaleh non ha voluto negare questo concetto ma ha aggiunto che “ci sono tutti quegli elementi impalpabili fatti di esperienza, scelte personali, scelte realistiche, che chi ha vissuto un certo tipo di situazioni è in grado di fare consapevolmente, mentre chi non ha quella familiarità rischia di ricadere negli stereotipi, in altre cose che ha visto o in pregiudizi. Quindi diciamo che c’è innanzitutto un incentivo sul piano creativo ad ingaggiare persone che hanno il vissuto giusto.” 

Ma, come sempre, c’è anche una questione di contesto, di giustizia economica, che si può decidere di ignorare, ma che comunque esiste: “Fare in modo che le persone vengano ingaggiate e pagate per raccontare le proprie storie è secondo me importante. Quindi vedo entrambe queste motivazioni, c’è il lato creativo e c’è il lato di giustizia economica.” Ma il discorso, secondo Elmaleh, si riallaccia alla questione I.A.: “credo sia anche importante renderci conto che questi sistemi ingeriscono decenni e decenni di materiale che in larga misura è stato prodotto con alla base determinati pregiudizi e grosse mancanze in termini di rappresentazione. Hai quindi un sistema che basa la sua offerta su una dieta molto lacunosa in termini di rappresentazione, con conseguenze abbastanza prevedibili, risultati spesso figli del pregiudizio.” Un motivo in più, insomma, per continuare ad avvalersi della collaborazione e dell’esperienza di “persone reali, che hanno esperienze reali con cui possono contribuire in maniera concreta al lavoro che si sta facendo. Bisogna tenere conto anche di questo, nell’utilizzo della tecnologia, capire che ci sono ambiti in cui può funzionare molto bene e ambiti in cui c’è un rischio enorme che restituisca risultati inappropriati, quando non proprio eticamente inaccettabili e dannosi.”

Il tempo per il nostro incontro stava per terminare e ho voluto chiudere cogliendo l’occasione per menzionare gamedev.world, una conferenza online gratuita dedicata allo sviluppo di videogiochi e presentata con traduzione in tempo reale di tutti i contenuti in varie lingue, che dopo la prima edizione del 2019, è tornata a fine 2023. Sarah Elmaleh è stata cofondatrice di gamdev.world assieme alla superstar della scena indie Rami Ismail (co-fondatore dello studio Vlambeer) e ho voluto chiederle della sua esperienza e di quali prospettive veda per il futuro di un evento del genere: “Ti dico subito che è stato faticosissimo e, con tutte le attività in cui sono coinvolta adesso, non so se potrò occuparmene ancora in futuro. Detto questo, è un’iniziativa in cui continuo a credere enormemente. Penso che la diversità ci arricchisca tantissimo in quanto esseri umani e che essere consapevoli delle diversità che esistono, anche in termini di linguaggio, sia molto importante. Le differenze fra le lingue sono anche differenze di contenuto e di esperienze, e portano un grande valore. Per questo credo che sia importante dare alle persone una piattaforma tramite cui poter comunicare nella loro lingua madre. Sono molto orgogliosa di aver contribuito a un evento di quel tipo, così accessibile, gratuito, che ha dato visibilità a culture, luoghi, background differenti, e sono felice che se ne sia parlato anche durante la serata dei premi qui alla GDC. Insomma, non so se potrò contribuire ancora in futuro ma trovo che costituisca e rappresenti qualcosa di meraviglioso.”

Pubblicato il: 08/04/2024

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