CHIEDETECI COSA È STATO

SHENMUE

Yu Suzuki ha cambiato la vita di milioni di persone, ma Shenmue non ha resistito alla prova del tempo.
Per (ri)scoprire il suo significato bisogna chiedere a chi c'è stato

È difficile raccontare oggi, a quasi un quarto di secolo di distanza dalla sua pubblicazione, cosa abbia rappresentato Shenmue per il medium. Credo che la chiave di tutto sia racchiusa all’interno di un quaderno presente in una stanza di Shenmue 3. Senza fretta però, voi limitatevi per il momento a registrare quest’informazione e tenetela a mente, perché ci torneremo più avanti.

Non potrei parlare di Shenmue senza raccontare come ci sia entrato in contatto in origine. Non ho mai posseduto un Dreamcast essendo cresciuto in una casa in cui sono entrate solamente console a marchio Sony. Anzi, a dirla tutta Dreamcast non sapevo nemmeno che esistesse all’epoca, tanto risicata era la mia conoscenza del mercato e del panorama del medium in quel periodo. Shenmue l’ho incontrato per la prima volta quando stavo cominciando ad ammalarmi di retrogaming e mi illudevo che mi sarebbe bastato un Raspberry infarcito di emulatori per essere soddisfatto; anzi, fu proprio lui ad accendere in me la voglia di mettere le mani sui supporti originali. Già, perché Shenmue - all’epoca - sugli emulatori proprio non ci girava, visto che Dreamcast era una console troppo complessa per l’hardware di quel periodo, quindi mi infilai a forza all’interno delle community di tutto il mondo dell’opera più incredibile mai concepita da Yu Suzuki per tentare di saperne di più. È stato stranissimo, perché di fronte a me avevo centinaia di persone decisamente più adulte di me che spendevano tempo prezioso della loro vita per discutere di una serie rimasta in sospeso di cui non sapevo assolutamente nulla. All’epoca era passato ben più di un decennio dalla pubblicazione di Shenmue 2 e l’idea di poter vedere la conclusione di quella serie appariva a tutti come un miraggio all’orizzonte che si allontanava sempre di più. Quella di Shenmue è stata forse la community più accogliente che abbia mai visto in vita mia, questo perché chi ne faceva parte sapeva di essere aggrappato ad un sogno irrealizzabile ma era così legato a quella storia che non poteva far altro che accogliere i curiosi per renderli in qualche modo partecipi di quell’esperienza.

Poi, durante la conferenza di Sony all’E3 2015, succede questo.

Ricordo come se fosse ieri omaccioni grandi e grossi sciogliersi come neve al sole e abbracciarsi piangendo di fronte all’annuncio di Shenmue 3. Ricordo le lacrime, i sorrisi smaglianti, le urla di gioia e il boato del pubblico in sala (a cui pochi minuti prima era stato mostrato anche il reveal trailer di Final Fantasy VII Remake, probabilmente il remake più richiesto della storia del videogioco). Volevo essere parte di quella festa, dovevo essere parte di quella festa, e per fortuna sono arrivate le remaster per PlayStation dei primi due capitoli. Avanti veloce fino al 2019: sto per tornare a casa dopo tre anni di università e ho finalmente comprato la mia copia di Shenmue HD. Giusto il tempo di riabituarsi ai ritmi della mia vita nella periferia milanese e di premere play per la prima volta che arriva il giorno in cui saluto papà uscire senza sapere che quel saluto sarebbe stato l’ultimo. Non so se esista Dio, ma se c’è ha un gran senso dell’umorismo. Sì, perché Shenmue parla di Ryo Hazuki che si ritrova di punto in bianco orfano del padre e si imbarca in un lunghissimo viaggio alla ricerca di Lan Di, il suo misterioso assassino. Impossibile per me non notare dei parallelismi tra la mia vita in quel preciso istante e quella “virtuale” di Ryo.

LE ORIGINI

Per capire perché Shenmue fu in grado di attirare attorno a sé una community internazionale così appassionata, però, c’è bisogno di parlare di cos’era Shenmue, soprattutto nel 1999. SEGA era passata dall’essere un’azienda di punta del mercato all’essere sull’orlo del baratro nel giro di soli dieci anni. Le cause di questo violento ribaltamento vanno ricercate nei troppi accessori costosissimi prodotti per Mega Drive come 32X e MegaCD che infastidirono il pubblico, nell’estrema complessità dell’architettura di Saturn che allontanò gli sviluppatori di terze parti e nell’ingresso in scena di Sony, che con la sua PlayStation aveva cambiato per sempre il mercato. SEGA Dreamcast doveva essere l’ancora di salvezza dell’azienda, per questo nonostante i conti in rosso si lavorò instancabilmente ad una console che per l’epoca non aveva rivali in quanto a caratteristiche tecniche. Le vendite di Saturn in Giappone, infatti, andarono malissimo, così male da spingere l’azienda ad una mossa disperata: Saturn venne infatti shadowdroppato in occidente senza nessuna campagna marketing, nella speranza che la follia del gesto bastasse a generare abbastanza curiosità nel pubblico. Fu un suicidio commerciale che segnò per sempre il destino dell’azienda. Nel disperato tentativo di risalire la china, il presidente Isao Okawa stanziò prima i fondi necessari per la creazione di una console che non avesse rivali in quanto a caratteristiche tecniche, poi per lo sviluppo di un videogioco che rappresentasse l’ultima speranza per la console, dando così il via libera a Yu Suzuki - creatore dei leggendari Super Hang On, Space Harrier, Outrun e Virtua Fighter - per sviluppare il suo progetto dei sogni.

L’idea che portò a Shenmue nacque qualche anno prima, ai tempi di Sega Saturn. Yu Suzuki da tempo covava l’idea di creare un RPG legato ai personaggi di Virtua Fighter, e SEGA lo aveva supportato fin dall’inizio nella creazione di questo progetto, che per l’azienda aveva il potenziale per diventare una killer application per la console a 32bit. La difficoltà di sviluppare un titolo tanto ambizioso su una console così complessa e non abbastanza potente, il costo esorbitante dello sviluppo e il tracollo finanziario di SEGA dovuto al flop di Saturn, però, misero in ghiaccio i lavori sul titolo, che peraltro era in una fase già molto avanzata dello sviluppo, tanto che in rete è possibile trovare dei video che mostrano varie sezioni della versione Saturn del gioco. Shenmue rinacque come punta di diamante del catalogo first party di Dreamcast e rappresentó per l’azienda la speranza a cui aggrapparsi per scongiurare il fallimento. Sappiamo tutti com'è andata, purtroppo, ma nessuna colpa puó essere addossata alla creazione di Yu Suzuki, che divenne per tutti il videogioco da invidiare ai possessori della console SEGA.

Shenmue irruppe sul mercato a cavallo tra il 1999 e il 2000. Fu una rivoluzione completa, perché in un settore in cui i videogiochi erano ancora tecnologicamente “obbligati” a dover seguire la classica struttura a livelli, un team di visionari era riuscito a ricreare su console quella che sembrava essere la vita vera. Shenmue è infatti uno dei primi esempi di “open world”, dal momento che Suzuki e il suo team erano riusciti a ricreare nei minimi dettagli la città portuale di Yokosuka con una fedeltà e un’attenzione alle piccolezze semplicemente spaventose per l’epoca. Ogni NPC aveva una routine perfettamente credibile e una casa a cui tornare ad una data ora del giorno, ogni anfratto della casa di Ryo era esplorabile liberamente, ogni cassetto era apribile e poteva contenere oggetti di vita quotidiana del Giappone di quegli anni, ogni negozio aveva orari definiti e ogni giornata era simulata in tutte le 24 ore. In primo piano c’era Ryo, che appena maggiorenne si ritorvava a dover fare i conti con una situazione decisamente più grande e adulta di lui, ma la magia di Shenmue fece sì che in qualche modo lo sfondo delle sue vicende potesse diventare protagonista assoluto dell’avventura. L’ossessione per il realismo di Yu Suzuki era tale che arrivó ad inserire nel gioco il cosiddetto “Magic Weather System”, ovvero un sistema capace di simulare randomicamente - ma sempre in accordo con la stagione in corso - le condizioni atmosferiche in maniera tale da creare un’esperienza che fosse unica per ogni gocatore. In alternativa era comunque possibile impostare la riproduzione fedele del calendario atmosferico del 1986, che il team replicò perfettamente all’interno del gioco.

Chi ebbe la fortuna di poterlo giocare all’epoca si innamorò di Shenmue per i dettagli e per quell’ossessione che traspariva dall’inizio alla fine per la resa “virtuale” della vita reale. Potrà sembrare assurdo, ma Shenmue obbligò tutti i suoi giocatori a dover passare intere settimane in-game a lavorare come mulettisti al porto di Yokosuka per guadagnare abbastanza soldi da potersi permettere l’imbarco sulla nave che avrebbe permesso a Ryo di inseguire Lan Di sulle coste di Hong-Kong. Se suona noioso è perché di fatto lo è, e questo perchè ad essere noiosa è la vita stessa, e questo Shenmue non ha mai tentato di nasconderlo. Questo, però, significa anche che ogni singolo abitante di Yokosuka sembrasse più reale che mai: ricordo con prezioso affetto ogni interazione con Nozomi, con Ine-san o con Tom; così come sará probabilmente impossibile scrollarsi di dosso la sensazione di pacifica ordinarietá di quando al calar del sole Shenmue si ferma per mostrare una breve cutscene dei lampioni che si accendono in varie parti della cittá. Chissá cosa deve essere stato entrare per la prima volta all’interno della sala giochi di Yokosuka e scoprire che i cabinati al suo interno permettevano di giocare per davvero a vecchi titoli SEGA come Space Harrier ed Hang-On.

La vendetta bisognava letteralmente guadagnarsela. Forse è anche per questo che il pubblico non abbandonò Ryo nella sua avventura. Shenmue 2 arrivò a soli due anni di distanza, in un 2001 su cui si stava affacciando minacciosa la presenza sul mercato di PlayStation 2 che si preparava a spazzare via una volta per tutte Dreamcast. Nonostante questo, però, Yu Suzuki e SEGA ci provarono fino alla fine, pubblicando un sequel che tentava di espandere il più possibile quanto già visto nel primo capitolo. A fare da sfondo all’avventura di Ryo non è più la placida Yokosuka ma la caotica Hong-Kong. Ryo crea nuovi rapporti con gli abitanti del posto e continua il suo inseguimento di Lan Di e dello specchio del drago che ha sottratto dal dojo in cui ha ucciso il padre, e che secondo un’antica profezia potrebbe äprire le porte del paradiso” se unito all’omologo specchio della fenice. Shenmue 2 è semplicemente di più, un videogioco talmente grande da far impallidire il suo leggendario predecessore per densità di contenuti ed estensione territoriale. Certo, vengono a mancare certi dettagli come il Magic Weather System, ma la nuova ambientazione è semplicemente incredibile per come viene mostrata e raccontata. Hong Kong è viva, è brulicante di persone e densa di incontri e contenuti di ogni tipo. All’ombra di tutto questo c'è peró sempre la triste storia di Ryo che non puó perdonare l’omicidio del padre e che quindi fa di tutto pur di stanare Lan-Di, senza peraltro mai dimenticarsi l’allenamento delle sue arti marziali. Shenmue è pur sempre un gioco di botte, anche se Yu Suzuki ha avuto la splendida intuizione di dare un senso alla violenza, obbligando il giocatore a studiare la filosofia del combattimento.

I fan dell’epoca si stavano confrontando per la prima volta con un videogioco così “vivo”, e per questo hanno creato dei legami estremamente profondi con i personaggi di Shenmue. Chiedete a chi c’era e vi parlerà quasi sicuramente di Nozomi come si parla di una vecchia fidanzata da cui ci si è dovuti separare per colpa del destino, di Ren come si parla di un amico leale e di Xuying come si raccontano quegli insegnanti che hanno lasciato il segno sulla propria adolescenza. È però probabilissimo che vi parlino soprattutto di un personaggio nello specifico che gli è rimasto nel cuore: Shenhua. Shenmue 2 ha infatti un finale stranissimo che si protrae ben oltre il climax emotivo del gioco. Dopo un inseguimento mozzafiato di Lan-Di sui tetti della città murata di Kowloon, infatti, Ryo rimane viene beffato dal suo nemico giurato e rimane con un pugno di mosche in mano. La logica vuole che quello fosse il momento giusto per far rollare i titoli di coda con la promessa di rivedersi presto con il terzo capitolo che avrebbe finalmente portato Ryo a confrontarsi con la sua nemesi, ma se Suzuki avesse davvero seguito la logica probabilmente Shenmue non sarebbe mai esistito. Il capitolo finale di Shenmue 2 è tutt'oggi un’anomalia difficilmente inquadrabile nel contesto del videogioco, perché dopo l’azione e le botte sui tetti di una delle metropoli piú popolose al mondo arriva una sezione placida, intima e riflessiva ambientata nelle campagne cinesi del villaggio di Bailu, alle porte della città di Guilin. È qui che Ryo incontra Shenhua per la prima volta, e dopo aver scoperto che la ragazza è la figlia dell’uomo che ha creato lo specchio del drago e lo specchio della fenice si mette in viaggio con lei per scoprire di più sulla misteriosa profezia.

L’ultima fase di Shenmue 2 é quindi una placida escursione nel meraviglioso entroterra cinese che da un lato permette di entrare in confidenza con Shenhua, mentre dall’altro offre lo spazio per poter in qualche modo riflettere su quanto fatto fino a quel momento. La scena finale in cui i due protagonisti entrano in una misteriosa caverna in cui sono presenti delle gigantesche raffigurazioni dei due specchi, poi, è entrata di diritto nella leggenda. Non che sia di per sé un momento particolarmente emozionante, ma è diventato di diritto il momento più iconico della serie perché, molto semplicemente, Ryo e Shenhua sono rimasti chiusi dentro quella caverna per diciotto anni, diventando le vittime più illustri del fallimento di SEGA e della sua decisione di farsi da parte dopo due generazioni passate a tentare di salvarsi senza fortuna.

LA CAVERNA

All’epoca nessuno immaginava che sarebbe andata cosí, e i fan hanno mantenuto la speranza di poter un giorno scoprire cosa significasse davvero “aprire le porte del paradiso”. C'è una certa poesia nell’eterna fuga di Lan-Di propiziata dal tramonto della serie e nell’idea che Ryo e Shenhua siano rimasti cristallizzati nel tempo così a lungo, impossibilitati a crescere, a tornare nelle rispettive cittá o - chi lo sa - a scoprirsi innamorati l’uno dell’altra.

Poi peró, sul palco di un E3 giá incredibilmente euforico, Yu Suzuki è tornato a parlare e a promettere giustizia per tutti quelli che non hanno avuto la fortuna di non invecchiare come Ryo Hazuki. Ad un certo punto il mondo ha scoperto che stava per giungere il momento di uscire da quella grotta e di scoprire una veritá che gli é stata negata per quasi due decenni. A un certo punto é successo che ci siamo svegliati in un mondo in cui Shenmue 3 era realtá. 

Non ci gireró intorno: Shenmue 3 non é un bel videogioco in nessun modo lo si guardi. Shenmue 3 è un gioco nato orgogliosamente vecchio che assomiglia piú ad un reperto storico riesumato a distanza di tanti anni che un prodotto del 2018; é lento, tecnicamente molto scarso e narrativamente quasi uno stallo completo per la saga di Ryo, Shenhua e Lan-Di. Questo non mi ha impedito di amarlo, anzi é stata forse l’esperienza che piú di tutte mi ha fatto capire quanto l’oggettivitá asettica sia un ostacolo per chi vuole raccontare i videogiochi agli altri, per quanto i suoi innumerevoli difetti siano completamente ineludibili. Eppure nessuno potrá negare quanto poetica sia l’idea che Yu Suzuki abbia sviluppato Shenmue 3 come se quei diciott’anni non fossero mai passati, quasi come se Shenmue 3 fosse rimasto rinchiuso in quella grotta assieme ai suoi protagonisti e per questo non abbia mai saputo cosa stesse succedendo nel frattempo nel mondo reale.

È finalmente arrivato il momento di ritirare fuori il quaderno di cui vi ho parlato all’inizio. Ve l’avevo promesso. La campagna Kickstarter di Shenmue 3 ha permesso a YS Net di raccogliere piú di sei milioni di dollari per lo sviluppo del gioco, e tra le ricompense per i sostenitori c’era la possibiltá di investire 600$ per poter lasciare un messaggio in-game, piú precisamente in un quaderno poggiato sul comodino della stanza di Ryo all’hotel di Niaowu. All’interno di quel quaderno c’è la testimonianza più sincera di cosa sia stato Shenmue per i suoi fan e di cosa abbia rappresentato per loro la notizia dell’annuncio del terzo capitolo. C’è qualcuno che ha lasciato un messaggio per il proprio figlio, augurandogli di godersi prima o poi lo stesso viaggio nell'opera di Yu suzuki, c’è chi racconta le lacrime versate sui primi due capitoli, chi racconta delle lacrime versate di fronte all'annuncio del terzo capitolo e, soprattutto, c’è chi ha deciso di lasaciare un messaggio per chi non c’è più. Sì, perché diciotto anni sono tantissimi e in diciotto anni muoiono tante persone, ma quel quaderno sul comodino dell’hotel di Niaowu ha permesso a chi è rimasto di ricordarle per sempre e renderle immortali. Perché ok la nostalgia, ma Shenmue é stata un’esperienza che ha segnato la vita di un numero difficilmente calcolabile di persone, ed esserci stati al lancio di Shenmue 3 ha un significato che né io né quelli di voi che non hanno avuto la fortuna di metterci le mani a cavallo del nuovo millennio possiamo comprendere fino in fondo.

Oggi la serie è in una situazione forse ancora piú incerta che mai, date le vendite disastrose del terzo capitolo e la (comprensibilmente) pessima ricezione del nuovo pubblico. In questo mercato difficilmente ci sará spazio per vedere la fine del viaggio di Ryo, e anche se Toshiro Nagoshi e RGG Studio hanno deciso tanti anni fa di raccoglierne il testimone con Like a Dragon non significa che questo possa bastare a riempire il vuoto nel cuore di chi è dal 1999 che aspetta di scoprire una volta per tutte la veritá sulla profezia degli specchi e di tornare finalmente a riposarsi in quel dojo in cima a Dobuita Street. Chissá se Ine-san sará ancora lí ad aspettarci, chissá quanto sará cambiata Nozomi. Chissá come sará il porto di Yokosuka. Chissà come saremo noi.

Se volete sapere cosa é stato Shenmue chiedetelo ai suoi fan, a chi c’era e a chi é rimasto.
Avranno una bellissima storia da raccontarvi. 

Pubblicato il: 15/02/2024

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10 commenti

Che hit di articolo. Entro a caso dopo aver sentito la perla <<Final round è il blog di Sorichetti>> ed esco con la pelle d'oca.

Mi verrebbe sù tutto un discorso sulla nostalgia, su quanto sia dannoso ma certe volte inevitabile e liberatorio al …Altro...
Che hit di articolo. Entro a caso dopo aver sentito la perla <<Final round è il blog di Sorichetti>> ed esco con la pelle d'oca.

Mi verrebbe sù tutto un discorso sulla nostalgia, su quanto sia dannoso ma certe volte inevitabile e liberatorio alimentarla, e quanto Shenmue sembri incarnare proprio questo desiderio di fermare il tempo, di tornare a casa dopo scuola e farmi piazzare davanti al tubo catodico a rifare l'inizio di gta sa infinite volte perché la memory card era piena e non sapevo neanche si potesse svuotare.

Questa illusione, che prima era meglio, che prima era tutto più facile, che prima cosa vuoi che andasse storto: è un illusione, così piacevole da alimentare.

Grazie Sori :')

Andrea, io in quegli anni c'ero li ho vissuti ma abbiamo comunque qualcosa in comune: la perdita di un padre che abbiamo rivissuto giocando a Shenmue. E mi pare di capire che per entrambi, il gioco è riuscito ad essere quasi uno strumento curativo, …Altro... Andrea, io in quegli anni c'ero li ho vissuti ma abbiamo comunque qualcosa in comune: la perdita di un padre che abbiamo rivissuto giocando a Shenmue. E mi pare di capire che per entrambi, il gioco è riuscito ad essere quasi uno strumento curativo, in grado di farci riflettere e, forse, lenire in qualche modo le ferite.

Shenmue è un gioco che ha segnato un'epoca in un momento storico in cui l'industria videoludica stava vivendo delle rivoluzioni vere, è davvero difficile raccontare a chi non lo ha mai vissuto cosa ha significato quel momento. Tanto difficile quant …Altro... Shenmue è un gioco che ha segnato un'epoca in un momento storico in cui l'industria videoludica stava vivendo delle rivoluzioni vere, è davvero difficile raccontare a chi non lo ha mai vissuto cosa ha significato quel momento. Tanto difficile quanto raccontare cosa ha significato il passaggio dal 2D al 3D, di come nella tua sala giochi nel giro di 48 ore passi dal giocare Street Fighter2 e Jackal a Virtua Racing. Shenmue allo stesso modo appartiene a quei momenti magici in cui capisci che da li in poi nulla sarà più come prima.

Una toccante lettera d’amore che ti fa venire voglia di esserci stato, di aver aspettato tutti quegli anni, di aver toccato con mano quei titoli e di aver vissuto tutte quelle emozioni. Una sensazione strana, seppur familiare e appagante, di nostal …Altro... Una toccante lettera d’amore che ti fa venire voglia di esserci stato, di aver aspettato tutti quegli anni, di aver toccato con mano quei titoli e di aver vissuto tutte quelle emozioni. Una sensazione strana, seppur familiare e appagante, di nostalgia per qualcosa che non si è vissuto ma è come se facesse comunque parte di noi. Meraviglioso Sorichetti!

Una lettera d'amore che mi ha commosso e travolto nonostante non abbia mai giocato nessuno dei 3 capitoli della serie. Vedere persone emozionarsi così tanto non può che fare emozionare anche il sottoscritto. Complimenti al buon Andrea Sorichetti e …Altro... Una lettera d'amore che mi ha commosso e travolto nonostante non abbia mai giocato nessuno dei 3 capitoli della serie. Vedere persone emozionarsi così tanto non può che fare emozionare anche il sottoscritto. Complimenti al buon Andrea Sorichetti e a tutti gli altri per tutto l'impegno e la passione che spendono ogni volta per questo progetto incredibile.

Bellissima recensione, e sei pure riuscito a farmi commuovere. Grande.

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