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LA STORIA DI ALAN WAKE
Ci troviamo all'inizio degli anni ‘80, in una zona del sud della Finlandia nota come Raasepori. L’estate qui è caratterizzata da un clima sorprendentemente temperato, che ben si sposa con il panorama fatto di prati verdissimi, rovine medievali e piccoli villaggi che affacciano sul Mar Baltico. E poi ci sono i frutteti, soprattutto di alberi di mele: sono un prodotto locale rinomato, e costellano il territorio, arricchendo un paesaggio naturalistico meraviglioso. Proprio tra i frutteti, insieme alla sua famiglia spende ogni anno le ferie estive un bambino di nome Sami Jarvi, sfruttando la sua fervida immaginazione per sognare ad occhi aperti che tra quei prati si svolgano storie fantastiche. Un periodo, quello estivo, che si contrappone fortemente ai mesi invernali spesi a Helsinki, dove le giornate si accorciano fino quasi a sparire nell'oscurità. Sami è conosciuto dai contadini di Raasepori, che di tanto in tanto gli portano dei vecchi oggetti che lui tratta come tesori, immaginando che abbiano proprietà magiche. Un giorno, tra pezzi di motori e utensili consumati, trova un vecchio interruttore della luce. Prima di andare perso, diventerà per molti anni il suo gioco preferito, e anche un conforto nelle lunghissime notti invernali, quando quella potente immaginazione finirà per indugiare sui lati più oscuri dei suoi sogni, che spesso si trasformano in incubi.
Raasepori è più o meno tutta così
Passano circa 15 anni, e Sami non ha più bisogno di un interruttore stretto tra le mani per dormire di notte. L’immaginazione tuttavia non l’ha persa, anzi, la sta coltivando studiando lingua e letteratura inglese a Helsinki. Non ha perso nemmeno un certo gusto per i lati più dark della narrativa, e infatti si sta dedicando alla scrittura di una sorta di film horror che spera un giorno di realizzare. In una scena, uno dei personaggi viene trovato brutalmente assassinato: al posto del suo cuore è stato collocato proprio un interruttore della luce, che diventerà fondamentale per la soluzione della storia grazie alle sue proprietà magiche.Ebbene, quella sceneggiatura non diventerà mai un film, ma questo non vuol dire che non avrà un ruolo fondamentale nella nostra storia.
Verso la fine dei suoi studi, Sami riceve una telefonata da un suo amico d’infanzia, Petri Jarvilehto, che da qualche tempo si è spostato nella città di Espoo e ha fondato insieme ad altri una piccola società di sviluppo software.
“Sami, vorrei che facessi un salto qui. Sarò onesto, per ora lavoriamo in una cantina, ma i ragazzi sono simpatici e ci si diverte. Ti va di darci una mano come sceneggiatore?”
E proprio di una cantina si tratta, sebbene sulla porta ci sia un cartello con scritto Remedy Entertainment. Il loro primo gioco, un racing con visuale dall’alto immerso in un’ambientazione postapocalittica, ha bisogno di testi che raccontino il background narrativo, e Sami accetta di buon grado. Si tratta di un impegno stagionale, ma la vicinanza del suo grande amico Petri e l’ottimo clima che si respira in Remedy lo convincono a rimanere. I suoi primi anni in Remedy saranno decisivi non solo per la compagnia, che dopo il successo di Death Rally lascerà ben presto quella cantina per trasferirsi in uffici più consoni, ma anche per la sua crescita personale e professionale.
Max Payne e il suo sequel proiettano Remedy verso una fama internazionale, e vengono profondamente influenzati dallo stile di scrittura di Sami, che omaggia il cinema hard-boiled con un costante monologo del protagonista e risolve un problema di risorse con un’idea geniale, sostituendo i filmati di intermezzo con delle tavole a fumetti. L’enorme successo internazionale di Max Payne dà quindi grandissima fama anche a Sami, al tempo l’unico sceneggiatore di Remedy, che decide di cavalcare quest’onda creandosi una figura riconoscibile anche all’estero: traducendo letteralmente il suo cognome dallo svedese, diventa quindi Sam Lake.
A questo punto, per Remedy è arrivato il momento di un deciso cambio di passo. L'idea di lavorare su un terzo capitolo di Max Payne viene scartata quasi subito: il successo della serie è tale da convincere Remedy che il rischio di fare un passo falso sia altissimo. A inizio 2004 il team si dedica per qualche mese a brainstorming creativi cercando l'idea giusta, e proprio qui Sam torna con la mente alla sceneggiatura dei tempi dell'università. Quelle atmosfere horror e misteriose si uniscono a influenze più recenti e soprattutto televisive, da Twin Peaks sino a Lost, serie tv che proprio in quegli anni sta conoscendo un successo planetario. L'idea diventa quindi quella di raccontare una storia horror ambientata nel midwest americano, con chiari riferimenti alla letteratura di Stephen King. Convinti di volersi distanziare quanto più possibile dalla linearità di Max Payne, decidono di ambientare il tutto in una enorme mappa aperta e liberamente esplorabile, scandita da un ciclo giorno/notte realistico che rispecchi una feroce lotta tra luce e oscurità. Nelle ore diurne, il giocatore potrà muoversi nella mappa a piedi o usando un veicolo, e dovrà prepararsi all'arrivo dell'oscurità raccogliendo risorse, come torce e carburante per generatori, per poi affrontare gli orrori delle ore più buie mantenendosi il più possibile protetto dalla luce. Il tutto, sorretto da una avvincente storia divisa in episodi, proprio come quelli di una serie TV.
un giovanissimo Sam Lake ai tempi di Alan Wake
Con questo primo concept approvato, l’art director Saku Lehtinen, il lead game designer Mikael Kasurinen e altri membri del team partono per un viaggio di circa due settimane in cui coprono oltre 3000 chilometri nel cuore degli Stati Uniti, passando da luoghi iconici come Astoria, dove è stato girato il film The Ring, e North Bend, dove è stato realizzato Twin Peaks. Attraversando l’Oregon trovano un lago che sembra perfetto per ambientarci un thriller, il Crater Lake, vicino al quale sorge un resort altrettanto caratteristico. Proprio questo specchio d’acqua ispirerà Cauldron Lake, il lago vulcanico al centro delle vicende di Alan Wake, e una riproduzione dell’hotel molto vicina all’originale verrà inclusa in gioco.In 15 giorni scattano oltre 40.000 foto, girano video, parlano con la gente del posto. Il lavoro di documentazione diventa un’impresa titanica, dove l’obiettivo finale è realizzare uno scorcio di America centrale che sia il più credibile e dettagliato mai visto. Il team degli artist arriva a studiare il comportamento dei tornado, e a utilizzare le mappe stellari della NASA per assicurarsi che il cielo notturno mostri le corrette costellazioni.
Nel frattempo, a Espoo, Sam e il resto della squadra lavorano sulla storia e sul personaggio principale, decidendo subito di volersi allontanare dalle classiche figure d’azione proposte dai videogame.È proprio Sam a suggerire l'idea decisiva.
“E se il protagonista fosse uno scrittore in crisi, che si ritira in una cittadina del midwest per ritrovare l’ispirazione?”
Una città, ribattezzata Bright Falls (che non a caso tanto ricorda Twin Peaks) contornata da fitti boschi, un enorme lago, una centrale elettrica, stazioni di servizio, chilometri di strade. La mappa è enorme e ambiziosa, soprattutto per un team di 45 persone, ma Remedy non scende a compromessi, e arriva a creare tool appositi per modellare il più velocemente possibile il mondo di gioco. Un compito per il quale Tristan Williams, lead programmer, ha alcune idee rivoluzionarie.
"Una volta completate, le modifiche all'engine permetteranno di "posare" letteralmente le strade sulla mappa tracciandone il percorso: al resto ci penserà il motore grafico stesso, adattando il territorio circostante di conseguenza"
Anche quando Remedy utilizza strumenti già esistenti, come il motore di simulazione della fisica Havok, finisce per spingerli molto più in là di quanto non lo siano mai stati, adattandoli a esigenze sempre più ambiziose.Non sono sfide da poco, e richiedono soprattutto mesi di lavoro. La lunga fase di ricerca iniziale, lo sviluppo delle tecnologie a supporto, la creazione di un'ambientazione ricchissima e fedele al materiale di riferimento consumano tempo e risorse. Quando arriva il momento di attraversare quella soglia invisibile tra pre-produzione e produzione gettando le basi del gameplay, comincia una fase molto delicata per il progetto. Le idee sono già piuttosto chiare, la storia ha confini ben definiti, i comprimari ci sono tutti: Alice, la moglie di Alan, Barry, agente e spalla comica, e una certa band di anziani metallari. Per quanto Sam Lake sia a buon punto con l’immaginario di Alan Wake, e stia già pensando a disseminare la trama di dettagli che possano portare a future espansioni e nuovi capitoli, il team dedicato al game design sembra invece arenato.
Uno screenshot della beta di Alan Wake
La trama a episodi scritta da Sam prevede momenti narrativi ben orchestrati e basati sul tempismo che un thriller per sua natura richiede, e questo si scontra inesorabilmente con la mappa aperta e la libera esplorazione. Nonostante le difficoltà, Sam Lake e Oskari Hakkinen, che in Remedy si occupa di seguire lo sviluppo dei franchise, decidono di comune accordo di sfruttare la finestra dell’Electronic and Entertainment Expo 2005 per annunciare il gioco con una dimostrazione a porte chiuse dedicata alla stampa, e attirare così l’attenzione dei publisher per ottenere supporto economico. Non avendo finalizzato alcun elemento di gameplay, poco prima di fare le valigie per Los Angeles mettono insieme una tech demo che dimostri efficacemente l’ambientazione aperta e la straordinaria simulazione della fisica, il gameplay scandito dal ciclo giorno-notte, le atmosfere thriller. La demo tecnica raccoglie non solo ottimi commenti da parte della critica, facendo diventare Alan Wake uno dei giochi più chiacchierati della dell’Expo, ma attira l’attenzione di Microsoft Game Studios, che entra in negoziati con Remedy per pubblicare Alan Wake in esclusiva su Xbox 360.
Al ritorno da Los Angeles le sorti del progetto sembrano destinate a decollare, e il team di sviluppo si mette al lavoro con rinnovato entusiasmo. Per quanto lo scollamento tra gli aspetti narrativi e il gameplay rimanga in maniera netta, per diversi mesi il progetto sembra procedere, e a inizio 2006 l’accordo con Microsoft viene ufficializzato. Quest’ultimo, come da prassi, prevede che vengano fissati a calendario una fitta serie di traguardi, definiti milestone, per arrivare in tempo all’uscita del gioco. Tuttavia, il team degli sceneggiatori guidato da Sam e quello del game design che fa capo a Kasurinen cozzano sempre più spesso, non riuscendo a trovare una chiave di volta che permetta di conciliare la libera esplorazione e la densa componente narrativa. Anzi, più i lavori procedono più Alan Wake sembra allontanarsi dall’idea originale, diventando una sorta di survival e sempre meno un thriller d’azione. Sam le tenta tutte, e arriva persino a scrivere una versione della storia in cui l’antico vulcano sotto Cauldron Lake erutta, costringendo tutti ad evacuare la zona e lasciando il protagonista isolato, in modo da rendere più credibili le meccaniche survival. L’interruttore diventa prima uno strumento con il quale temporaneamente la notte può tramutarsi in giorno, poi una sorta di telecomando con il quale evocare dei tornado. I nemici diventano portali che permettono di teletrasportarsi. I vani tentativi si moltiplicano in una sorta di infinita spirale, e nel frattempo le milestone fissate con Microsoft cominciano a scadere una dopo l’altra, senza risultati.
Dopo altri mesi in questa condizione, la frustrazione inizia a farsi sentire, e i tentativi del publisher di aiutare rischiano di spezzare una situazione già molto delicata e compromessa. A inizio 2007, quasi un anno e mezzo dopo la presentazione alla stampa, è chiaro che il progetto non sta andando da nessuna parte, e i vertici dell’azienda chiamano tutto il team a raccolta.La riunione è sorprendentemente breve, considerato il fulmine a ciel sereno che sta per piombare sulle vite di tutto il team di sviluppo. Oskari Hakkinen arriva subito al dunque:
“Annunciare Alan Wake come un open world è stato uno sbaglio, del quale ci assumiamo tutte le responsabilità. Abbiamo tentato di seguire una moda del momento e abbiamo fallito.”
A proporre l’unica soluzione possibile è Sam Lake.
“Io e tutti i lead di progetto ci chiuderemo in una stanza e non ne usciremo fino a quando non avremo rimesso il gioco e la direzione dello sviluppo sui binari”
Nasce così quello che verrà ribattezzato il Sauna Team, con un chiaro riferimento alla passione dei finlandesi per chiudersi in stanze avvolte dal vapore bollente. Per chi non lo sapesse, la stessa parola “sauna” viene proprio dal finlandese. E in una stanza si chiudono - letteralmente - procedendo a smontare tutto il lavoro fatto in quei tre anni e a fissare degli elementi chiave con i quali procedere.
L'obiettivo principale è salvaguardare il più possibile tutto l’immenso lavoro già fatto per costruire quello straordinario scorcio di midwest americano. L’interno della stanza, settimana dopo settimana, assomiglia sempre di più al laboratorio di uno scienziato pazzo, tra scritte sui muri, avanzi di cibo e decine e decine di fogli accartocciati a terra. Eppure, in mezzo all’apparente caos, Sam e gli altri lead di progetto sentono di stare finalmente mettendo ordine nelle cose.
Tra quelle quattro mura il Sauna Team arriva a delineare tutte le caratteristiche di Alan Wake che oggi ben conosciamo, partendo dai nemici, normali cittadini posseduti dall’oscurità e protetti da essa sotto forma di uno scudo che va spezzato con la luce prima di poterli sconfiggere. Il loro arrivo sarà sempre preannunciato da chiari segnali visivi e sonori, in modo da creare un climax di ansia e tensione, ma anche di permettere al giocatore di prepararsi allo scontro. E ancora i lampioni alimentati da generatori, che danno modo di orientarsi nell’oscurità, tirare il fiato per qualche secondo e salvare i progressi. A cadere sul pavimento dei tagli sono gli elementi survival e la libera esplorazione, per quanto la grande mappa realizzata con tanta fatica riesca in qualche modo a salvarsi. I game designer la useranno per ritagliare al suo interno il percorso delle sezioni lineari, lasciando intatta la netta separazione tra sezioni diurne, dedicate al progredire della storia, e quelle notturne, dove l’oscurità cerca di ogni modo di fermare Alan in lunghe sequenze d’azione. Due mesi dopo, le porte della stanza finalmente si aprono, e il Sauna Team ha finalmente in mano un game design completo e funzionante. Lo sviluppo di Alan Wake può partire per davvero.
Mentre level designer e programmatori procedono finalmente con una direzione chiara, Sam Lake può riadattare la storia alla nuova struttura action thriller del gioco, e finalizzare la caratterizzazione dei personaggi e dei dialoghi. Tra i suoi desideri c’è ancora quello di poter distribuire il gioco in forma episodica, proprio come una serie TV, ma contro questa idea si schiererà Microsoft, convinta che un tale modello commerciale potrebbe fallire. Ad ogni modo, il gioco rimarrà effettivamente diviso in capitoli con tanto di cliffhanger finali, introdotti da un titolo a schermo e da un breve riassunto televisivo della storia fino a quel punto. Alla caratterizzazione stilistica di Alan Wake contribuiscono anche i designer dell’interfaccia, che riducono al minimo le informazioni a schermo, presentando quanto serve in maniera pulita ed elegante. Il risultato, soprattutto per l’epoca, è l’innovativa sensazione di “giocare una serie TV”, e verrà particolarmente apprezzata dal pubblico, finendo per ispirare produzioni successive, come quelle di Telltale e di Quantic Dream, studi che approfondiranno ulteriormente l’aderenza a stili dichiaratamente televisivi. Relativamente alla decisione di lasciare intatta la grande mappa aperta, questo ha portato ad alcune interessanti conseguenze nel gioco finito. Nonostante la linearità, il giocatore avrà sempre l’impressione di trovarsi in ambienti enormi e finemente dettagliati. Soprattutto, è una struttura che supporta molto bene il lavoro concettuale e narrativo svolto da Sam Lake, che volendo imitare il thriller televisivo richiede una gestione molto attenta della regia, degli indizi visivi e sonori da lasciare al giocatore per far nascere e crescere un costante senso d’ansia.
I due anni di sviluppo successivi alla ripartenza del progetto procedono in maniera molto più ordinata rispetto al principio, e permettono a Remedy di concentrarsi su quello che più conta per un thriller che si rispetti, ossia le interpretazioni dei suoi personaggi chiave. Per il ruolo di Alan Wake e della sua controparte malvagia Mr. Scratch viene scelto l’attore finlandese Ikka Villi, (che recentemente è tornato alla fama grazie alla serie di successo Bordertown, disponibile su Netflix).
Ikka si affeziona da subito al personaggio e al progetto, come risulta evidente dall’ottima interpretazione di Alan, e si presta al motion capture anche per altri personaggi. Per quanto le animazioni facciali mostrino oggi indubbiamente i segni del tempo, il risultato ottenuto da Remedy con un piccolo numero di animatori e spazi molto limitati per il motion capture è tuttora notevole.Petri Alanko, compositore, lavora invece sulle musiche, creando temi per ogni personaggio e registrando con una piccola orchestra sinfonica. Il sound designer Brad Beaumont lavora invece a stretto contatto con Microsoft per avere accesso alle librerie proprietarie di effetti sonori, utilizzandone oltre 17.000 in gioco, registrandone di nuovi in un viaggio nel midwest e lavorandoli ulteriormente per conferire alle ambientazioni di Alan Wake sonorità uniche. Molto particolare è l’approccio utilizzato per creare una sonorità specifica per i nemici, sotto forma di cittadini di Bright Falls posseduti dall’oscurità. Dopo settimane di sperimentazione, Brad mixa una registrazione di voci di bambini con una di un miagolio di cuccioli di gatti. Rallentati ed effettati opportunamente, diventeranno l’indimenticabile e agghiacciante suono che preannuncia l’arrivo dell’oscurità.
Alla sua uscita a maggio 2010 Alan Wake ottiene un buon riscontro dalla critica, ma i dati di vendita lasciano molto a desiderare, complice anche l’uscita nello stesso giorno di Red Dead Redemption di Rockstar, che finisce per catalizzare completamente l’attenzione nelle settimane successive. Senza mezzi termini, l’operazione viene ben presto classificata come un clamoroso flop, e inizialmente l’umore in Remedy subisce un forte contraccolpo. Pur consapevoli delle difficoltà incontrate durante lo sviluppo, e del rischio di uscire in contemporanea con un blockbuster annunciato, Sam Lake e il resto del team erano convinti che la potenza del marketing di Microsoft avrebbe portato a risultati migliori.
Eppure, proprio quando tutto sembra perduto, Alan Wake comincia lentamente a vivere una seconda vita, fatta di passaparola su internet e soprattutto di una crescente community che si raccoglie attorno a un sito fan made noto come The Sudden Stop, e inizia ad analizzare sempre più a fondo i moltissimi dettagli originali del gioco e della sua trama, restituendogli una fama che lentamente cresce. A distanza di anni, possiamo affermare che Alan Wake sia diventato negli anni un prodotto di culto, in un processo lento ma costante, arrivando a meritarsi anche una versione remastered uscita con grande successo nel 2021.
Concept art originale di Alan Wake
Il merito di questo crescente successo va anche a Remedy, che non ha abbandonato il progetto e ha insistito moltissimo con Microsoft per realizzare una buona versione PC, uscita con successo quasi due anni dopo quella Xbox 360. Anche i due contenuti scaricabili a pagamento distribuiti dopo l’uscita si sono rivelati di ottima qualità, e hanno generato una grande attesa per un possibile sequel. Tutto questo non è tuttavia bastato a Microsoft: per quanto nel 2011 Remedy abbia presentato a Redmond un prototipo già molto avanzato di Alan Wake 2, i vertici del publisher hanno declinato l’offerta, chiedendo a Sam Lake e al resto del team di lavorare invece su un concept completamente nuovo, che sarebbe successivamente diventato Quantum Break. Sam Lake e il resto del team, ad ogni modo, non hanno mai smesso di pensare a come riprendere in mano il brand Alan Wake, come confermato dallo spin-off American Nightmare.
Solo dopo altri anni, conquistata la propria indipendenza e avviato dei lavori ben precisi per fondare un immaginario condiviso che comprenda anche le avventure dello scrittore intrappolato a Bright Falls, Remedy ha finalmente annunciato lo sviluppo di Alan Wake 2 nel 2021, descrivendolo come un il primo vero survival horror di Remedy. Se vi interessa approfondire il sequel potete leggere la recensione di Alan Wake 2 scritta da Francesco.
Da una parte, quella dello sviluppo di Alan Wake è la storia di una delle più grandi operazioni di salvataggio mai compiute durante lo sviluppo di un videogame, dall’altra rappresenta anche una fortunata combinazione di eventi: di certo, se Alan Wake fosse stato concepito sin da subito come un’avventura lineare, Remedy non avrebbe mai speso un tale quantitativo di tempo e risorse nella ricostruzione degli ambienti, eppure proprio questo conferisce alle avventure dello scrittore un contesto unico, e probabilmente irripetibile, in quanto frutto di una direzione iniziale completamente diversa.Per stessa ammissione di Sam Lake, la più grande lezione imparata da Remedy con Alan Wake è che, soprattutto con un team piccolo e grandi ambizioni, è che l’unico modo di procedere debba partire con un’idea chiara e condivisa da tutti.
La trama di Alan Wake è anche una bellissima metafora della sua stessa storia di sviluppo: uno scrittore divenuto famoso grazie a romanzi il cui protagonista, non certo a caso, è un detective hard-boiled, che di colpo va incontro a un classico blocco dello scrittore, e si smarrisce nell’oscurità. Quello che è certo è che fortunatamente gli sviluppatori finlandesi hanno saputo affrontare con coraggio una situazione francamente disastrosa, e nel tentativo hanno distillato una visione che sin dall’origine aveva gli elementi giusti per trovare un suo affezionato pubblico. Un lungo e difficile viaggio nell’oscurità, cominciato con il ritrovamento di un interruttore della luce. Qualcuno potrebbe parlare di destino, ma se c’è una cosa dimostrata dalla storia di Alan Wake e del suo seguito annunciato a 11 anni di distanza dal capostipite, è che nonostante le difficoltà, credere in un progetto al punto da avere il coraggio di farlo letteralmente a pezzi e riassemblarlo dopo anni di lavoro, può fare tutta la differenza del mondo nel realizzarlo.
Ascolta questa storia raccontata dalla voce di Andrea, direttamente su Spotify!
Pubblicato il: 30/10/2023
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