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TOMB RAIDER: TERRITORI INESPLORATI

E’ una giornata come tante di questo 2023, e ci troviamo nel centro quasi esatto dell’Inghilterra, più precisamente nella cittadina di Derby, contea del Derbyshire. Camminando tra le file di ordinate di case a due piani in mattoncini, notiamo un semplice cartello bianco retto da due pali neri, che in bella calligrafia recita solenne: Lara Croft Way. Non capita spesso di incrociare una strada intitolata a un personaggio di un videogame, giusto? Anzi, a dire il vero, al mondo si contano sulle dita di una mano. Sono esattamente dodici anni che quel cartello si trova lì, e, ironia della sorte, quando è stato piantato gli uffici di Core Design erano da poco stati sgomberati in seguito alla chiusura dello studio. Ma andiamo con ordine, facciamo un salto indietro nel tempo e scopriamo insieme come Lara Croft sia diventata non solo uno dei personaggi più influenti del panorama del videogioco, ma anche una vera e propria icona pop.

E’ il 1994, e ci troviamo ora alla periferia della cittadina di Derby. All’interno di una villa a due piani in stile vittoriano sorge il quartier generale di Core Design, fondata nel 1988 e già responsabile di una lunghissima lista di videogame per Amiga, Atari e Commodore, e più di recente diventata una dei principali partner di SEGA. Da una parte, è già molto conosciuta come una compagnia in grado di produrre giochi di buona qualità rispettando tempi e budget. Dall'altra, rimane tutto sommato refrattaria a strutture rigide e a ruoli ben inquadrati. È quel genere di attività dove tutti sanno fare un po' di tutto, e solo i più talentuosi e determinati rimangono a lungo, un modello molto diffuso in quegli anni ancora pionieristici nel settore del videogioco.

Per quanto Core Design sia solida, il co-fondatore Jeremy Heath-Smith sa bene che i tempi stanno per cambiare bruscamente, e che l’assenza di un vero blockbuster nel suo catalogo potrebbe avere alla lunga un’influenza negativa sulla reputazione dello studio. L'era dei 16-bit sta volgendo al termine, e il nuovo inizio porterà con sé tante opportunità quanti rischi per chi non saprà adeguarsi. Questa consapevolezza si concretizza nel settembre del 1994, quando Jeremy partecipa a un viaggio organizzato da Sony, destinato solo all'elite dell'industria del videogame. I pochi eletti vedono per la prima volta in azione una nuova console denominata semplicemente Play Station, presentata in persona dal suo ideatore Ken Kutaragi.

Di ritorno da questo viaggio rivelatore, Heath-Smith fa organizzare in fretta e furia un company meeting in un golf club poco distante dagli uffici di Core. Dopo un breve discorso introduttivo, di fronte ai circa 45 dipendenti svela ciò che ha appena visto.

“L’era dei 16-bit è finita, signore e signori. Sony sta per rivoluzionare l’industria del videogioco con la sua Play Station. Quello che ho visto non lascia dubbi: dobbiamo cambiare completamente il modo in cui ragioniamo.”

Di fronte a una platea di bocche aperte, Heath-Smith racconta nel dettaglio la demo tecnica e senza indugiare prosegue.

“Quello di cui abbiamo bisogno adesso sono delle nuove idee. Qualunque cosa vi sia passata per la testa negli ultimi tempi, buttatela nel cestino. Prendete dei fogli bianchi, cominciate da capo e scriveteci qualcosa che possa funzionare in questa nuova era del videogioco”.

Tra i dipendenti seduti ai tavoli c’è un ventiduenne di nome Toby Gard. E’ stato assunto proprio quell’anno come game designer, e attualmente è impegnato su BC Racers, spinoff della serie di discreto successo Chuck Rock. Toby è un ragazzo dalla personalità complessa: nascoste dietro alla sua indole schiva e alla sua riservatezza ci sono una grandissima ambizione e una ferrea etica del lavoro. Lo sa molto bene Jeremy, che l’ha assunto nonostante la mancanza di esperienza e titoli di studio, vedendo in lui un enorme potenziale. Ispirato dal discorso di Heath-Smith, Toby comincia a parlare con il suo collega Paul Douglas, che in Core Design si occupa di programmazione, di un’idea che gli gira in testa da un po’.

Toby Gard ai tempi di Core Design

Ispirato dai film di Indiana Jones e dal recente successo dei due primi capitoli di Prince of Persia, vuole proporre l’idea di un gioco che riassume con una semplice frase: Indiana Jones al femminile. Nella sua visione, l'esplorazione di tombe dimenticate in giro per il mondo si affianca a una storia avvincente, una sceneggiatura che rivaleggi con quella dei film d’oltreoceano. E proprio per questo, Gard vuole posizionare l’inquadratura alle spalle del personaggio, e garantire assoluta libertà di movimento in ambienti completamente tridimensionali. Toby e Paul passano diverse serate al pub cercando di mettere insieme un pitch, il primo più concentrato sulla trama e sui contenuti, il secondo attento a rendere il tutto realizzabile con la tecnologia dell’epoca.

E soprattutto su quest'ultimo punto, Toby non vuole mettere freni alla sua idea:

“Voglio che sia come giocare un film. Ogni livello dovrà essere collegato all’altro con dei filmati che portino avanti la storia.”

Il documento prende forma, e si sentono finalmente pronti a presentarlo.Una mattina bussano all'ufficio di Heath-Smith, e gli sottopongono l'idea. Il co-fondatore di Core Design ne rimane subito affascinato, ma è anche vero che quanto proposto da Toby e Paul non ha assolutamente paragoni nel panorama del videogame del tempo. Le cosiddette “due dimensioni e mezzo” la fanno da padrone in quegli anni, un mix di personaggi tridimensionali e fondali in due dimensioni: da una parte limitano molto la libertà di movimento del giocatore, dall’altra permettono agli sviluppatori di non perdere importanti punti di riferimento dal punto di vista della programmazione e del level design. Le tre dimensioni sono letteralmente un territorio inesplorato, e lo stesso Jeremy non è certo che Core abbia gli strumenti e i talenti adatti a far funzionare l’ambiziosa idea.

"Il pitch è incredibile ragazzi, ma non riesco ancora a pensarlo in termini realizzabili. Portatemi una demo giocabile, e potremo parlarne concretamente".

Toby e Paul prendono la sfida molto sul serio: per quanto siano ancora al lavoro su BC Racers, nel poco tempo libero decidono di mettere insieme un livello di test completamente tridimensionale, dove la protagonista possa muoversi liberamente, e inserirci un qualche genere di minaccia per movimentare un po' le cose.Toby vuole a tutti i costi impressionare Jeremy e avere da subito luce verde per il progetto.

"Ci vuole qualcosa di mai visto prima. Perché non ci mettiamo un T-Rex?" 

Il documento di game design originale del 1994

E così nasce la prima demo giocabile di Tomb Raider. È poco più di una spoglia caverna, e le texture provvisorie non aiutano certo il colpo d'occhio generale. Eppure, la protagonista si muove agilmente e liberamente nell'ambiente tridimensionale, e al centro torreggia un gigantesco Tyrannosaurus Rex. L'enorme dinosauro non è ancora interattivo, ma rende perfettamente l'idea delle minacce che il giocatore si troverà ad affrontare. Jeremy si innamora subito del progetto, seppure con una riserva.

"La demo è fantastica ragazzi, avete il permesso di continuare a svilupparla. Non capisco però dove vogliate arrivare con questa storia della protagonista donna: sapete bene che nei videogiochi non funziona. Per il momento non è un gran problema, al massimo faremo delle modifiche in corsa".

Toby e Paul decidono di non insistere sul momento: prima di cominciare a lavorare a tempo pieno, hanno davanti ancora sei mesi di sviluppo per completare BC Racers.A inizio 1995, in uno spazioso open space al piano terra del quartier generale di Core Design, prende forma il team di sviluppo di Tomb Raider, inizialmente formato da sole 6 persone.I compiti si dividono molto velocemente: Toby cerca di trasmettere il più possibile la sua visione e si focalizza sul modellare la protagonista e sulle sue animazioni, mentre il resto della squadra si concentra su due obiettivi fondamentali.Da una parte, definire concretamente quante ambientazioni, e quindi quanti livelli, avrà il gioco.Dall'altra, creare un editor che permetta ai programmatori e ai level designer di lavorare efficacemente e in maniera razionale.

In quest'ultimo ambito la figura determinante è quella di Gavin Rummery: dopo un iniziale scetticismo sull'effettiva possibilità di creare qualcosa di simile in tre dimensioni, il giovanissimo programmatore si affianca a Paul Douglas e, nonostante non abbia alcuna esperienza pratica, si appassiona molto in fretta all'utilizzo di 3DS Max, lo stesso software usato da Toby per creare il livello di prova con il T-Rex.

Da Sx: Neal Boyd, Jason Gosling, Gavin Rummery, Heather Gibson, Paul Douglas, Toby Gard

Inizialmente, Rummery e Douglas seguono un iter tipico dello sviluppo in due dimensioni, disegnando i livelli su carta millimetrata e riportandoli a mano nel software. Purtroppo, il passaggio dalle due alle tre dimensioni causa grossi disorientamenti e difficoltà impreviste nelle proporzioni, al punto che persino far correre la protagonista in una semplice ambientazione si rivela una sfida enorme, costellata di fallimenti e bug. Tutto questo fino a quando a Gavin non viene un'idea geniale, ispirata proprio dalla carta millimetrata.

"E se ponessimo alla base di tutto una griglia invisibile, una sorta di scacchiera?"

L'idea potrebbe apparire scontata, ma cambia tutto. Quello che prima sembrava irrealizzabile a causa della mancanza di punti di riferimento diventa improvvisamente gestibile: non solo la griglia permette una gestione molto più razionale degli spazi e dei movimenti della protagonista, ma rende la vita molto più facile ai level designer, dando finalmente loro dei precisi punti di riferimento. Anche lo scripting ne giova, dato che posizionare dei trigger che si attivino al passaggio del giocatore diventa immediatamente molto facile, permettendo di automatizzare l'avvio di temi musicali, la comparsa di nemici o sequenze filmate alla semplice pressione di una casella sulla scacchiera invisibile. Tutti elementi fondamentali per creare un'esperienza che assomigli il più possibile a un film d'avventura.

Gavin continua a lavorare sulla base della sua geniale idea, e arriva velocemente a una versione funzionante di un editor basato su 3D Max ma completamente custom, che permette ai level designer di lavorare in agilità.

Il tool di sviluppo sviluppato da Core Design per Tomb Raider

L'altra metà del team lavora alacremente sul giro del mondo che la protagonista si troverà ad affrontare, e sul concept di ogni singola tomba da esplorare. Un canovaccio narrativo ancora non c'è, e l'obiettivo diventa innanzitutto quello di caratterizzare il più possibile il personaggio principale, trovandole per cominciare un nome. La scelta ricade su Laura Cruz, un'avventuriera di origini sudamericane. Il nome è il primo a cambiare: consci che negli Stati Uniti la pronuncia sarà differente rispetto a quella british, il team decide di comune accordo di togliere la U, in modo da avere una pronuncia identica in tutto il mondo. Man mano che la stesura del background di Lara Cruz procede, si rendono tuttavia conto che qualcosa non torna.

Le origini sudamericane, inizialmente pensate al fine di rendere il personaggio in qualche modo esotico, fanno emergere nel giovane team di sviluppo delle carenze culturali che rischiano di rendere la storia davvero poco credibile, un bell’ostacolo per un gioco che mira ad essere distribuito globalmente. Tuttavia, questo problema viene messo in un cassetto e verrà affrontato solo molto tempo dopo: non è inusuale per l'epoca infatti arrivare alla stesura di una storia solo negli atti finali dello sviluppo di un videogame, lavorando a ritroso, e Tomb Raider non si sottrae a questa logica. Circa un anno dopo, con una solida base per il gioco già creata, sarà il direttore creativo di Core Design, Guy Miller, a citare Mark Twain dando un prezioso consiglio al team creativo: "write about what you know", scrivi solo delle cose che conosci.

Concept originale di Laura Cruz, poi diventata Lara Croft

La giovane avventuriera sudamericana diventa quindi un'archeologa british ispirata agli scritti di Conan Doyle e al personaggio letterario di Allan Quatermain. Da Cruz, che in spagnolo significa appunto croce, il cognome diventa prima Cross e poi Croft, dando finalmente una precisa identità alla protagonista.L’aspetto di Lara è invece tutta farina del sacco di Toby Gard. Persino a metà degli anni ‘90, in un momento storico molto diverso da quella attuale, le forme iper sessualizzate dell’archeologa fanno alzare qualche sopracciglio, ma Toby è assolutamente certo che il carattere glaciale dell’eroina la renderà affascinante e irraggiungibile, una bellissima donna fatta per attrarre gli uomini che non ha assolutamente bisogno di una figura maschile al suo fianco.

Un meraviglioso paradosso, che come ben sappiamo riscuoterà simpatie a livello globale, tanto nel pubblico maschile quanto in quello femminile, ammorbidendo anche lo scetticismo iniziale di Heath-Smith. Molto altro tempo Toby lo investe nel perfezionare le animazioni della protagonista, che per l’epoca risulteranno letteralmente rivoluzionarie. La forza di Tomb Raider, quando verrà mostrato pubblicamente per le prime volte nelle fiere di settore, sarà proprio nei movimenti naturali e sinuosi di quel modello poligonale così dettagliato per l’epoca, un qualcosa di mai nemmeno lontanamente visto prima, in grado di attirare l’attenzione di chiunque già dal primo istante.

Bozzetti originali del design di Lara

Lo sviluppo del gioco vero e proprio procede a un ritmo serratissimo, snodandosi attraverso ben 15 livelli ambientati in altrettante location, quasi tutte al chiuso: il geniale editor di Gavin Rummery, infatti, non supporta le skybox, e dunque non può esserci mai un cielo visibile. Persino i pochi livelli non ambientati sottoterra danno comunque l'impressione di trovarsi in una sorta di caverna. Ciononostante, i level designer danno il meglio di sé nel pescare un po' ovunque tra storia e mitologia, dando all'avventura di Lara una varietà incredibile, e caratterizzando ogni livello al massimo, seppure con strumenti letteralmente di fortuna.

Molte delle texture che si vedono in gioco, ad esempio, sono state create scannerizzando libri fotografici e riviste presi in prestito alla biblioteca comunale di Derby, una procedura paradossalmente più veloce rispetto al cercarle online con le limitate connessioni internet dell'epoca.Anche quando il team di sviluppo si allarga, le decisioni vengono prese sempre di comune accordo, al termine di lunghi meeting dove ognuno può dire la sua, a volte anche in maniera piuttosto accesa, ma sempre con passione e spirito di confronto. E’ proprio durante uno di questi incontri che a Gavin torna in mente il livello di prova presentato a Heath-Smith, e di colpo sbotta:

"Che fine ha fatto il T-Rex?"

Toby se n'era completamente dimenticato.

“E che ne so, io l’avevo inserito solamente per impressionare Heath-Smith”

"Troviamo un livello adatto e mettiamolo immediatamente in gioco. Deve essere un momento memorabile."

Non è un caso che, ancora oggi, quello scontro nella Lost Valley sia considerato come uno dei passaggi più iconici della storia del videogame. Per quanto Toby Gard rimanga il padre del progetto, la sua non è una leadership assolutistica, e lui stesso scenderà a grandi compromessi rispetto alle proprie idee originali. Un esempio interessante sono i combattimenti contro i boss, che Toby desiderava inizialmente avessero una regia cinematografica, limitando la libertà del giocatore a favore dello spettacolo visivo. Oltre a rappresentare un enorme dispendio in termini di tempo per essere realizzata, questa soluzione finisce per non soddisfare il resto del team, e al termine di lunghe discussioni si opterà dunque per combattimenti sempre dinamici e il più possibile liberi.

Nonostante la mancanza di uno skybox, l'incontro col T-Rex nella Lost Valley resta uno dei momenti più iconici della serie

L'assenza di una vera e propria gerarchia e le soluzioni artigianali, unite all'esplorazione di tecnologie del tutto inesplorate, portano i membri del team ad aggiungere dettagli piccoli e grandi che finiscono per conferire a Tomb Raider caratteristiche uniche. A Toby Gard si devono moltissime idee geniali, come quella di inserire un livello di prova nel gioco, ambientato nel maniero Croft, dove i giocatori possano impratichirsi con i controlli, e anche qualche easter egg, come la mossa della verticale, nascosta tra i controlli e scopribile solo per puro caso. Al level designer Neal Boyd va invece il merito di essersi divertito a inserire centinaia di crudeli trappole sparse per i livelli, non senza un tocco di sadismo nei confronti dei giocatori, mentre Paul e Jason spendono settimane per perfezionare il menu degli oggetti completamente tridimensionale. Sono letteralmente dei gesti d'amore nei confronti del gioco e del personaggio, elementi non strettamente fondamentali per l'esperienza ma preziosi nell'insieme.

Tomb Raider diventa ben presto l’argomento più chiacchierato negli uffici Core Design. Chiunque lavori in azienda sa che internamente un team è al lavoro su un progetto innovativo, usando tecnologie mai viste prima. Qualche fortunato riesce persino a provare dei piccoli frammenti di gioco, e ben presto il telefono interno dei level designer comincia a squillare in maniera sempre più insistente, con i dipendenti di Core alla ricerca di consigli su come superare questo o quell'ostacolo.Arriveranno a staccarli, quei telefoni, ben consci che il tempo a loro disposizione è veramente poco. L'accordo con Heath Smith prevedeva sin da subito una consegna entro il Natale del 1996, ma quello che Gard e la sua squadra non sanno è che quella finestra temporale sta per ridursi ulteriormente. Intorno alla metà di luglio Toby viene chiamato nell'ufficio di Heath-Smith, e si prepara a fornirgli uno dei consueti aggiornamenti sui progressi. Tuttavia, quando si accomoda di fronte al capo, quest'ultimo esordisce in una maniera del tutto inaspettata.

“Toby, sai bene che ho sempre protetto Tomb Raider da ogni pressione esterna, lasciandovi lavorare in assoluta tranquillità. Ora ho bisogno di qualcosa in cambio. Ho stretto un accordo con SEGA per il Saturn, il gioco uscirà in esclusiva temporale, ma dovrà essere consegnato sei settimane in anticipo.”

Toby si sente letteralmente mancare la terra sotto i piedi.

 La sceneggiatura è in fase di scrittura da parte di una new entry nel team, una ragazza 21enne di nome Vicky Arnold, e conseguentemente le sequenze filmate sono ancora da completare. Della colonna sonora si sta occupando il compositore Nathan McRee, e di implementato in gioco ancora non c’è nulla. Non tutti i livelli sono completi e giocabili. L’ottimizzazione per SEGA Saturn avrebbe richiesto altro tempo. Toby snocciola tutti questi problemi di fronte a Heath-Smith, ma si rende ben presto conto che il no non è una risposta accettabile.I tre mesi che seguono mettono a durissima prova il team: c’è chi sceglie di dormire in ufficio, e chi si porta il lavoro a casa. A sostenerli ci sono soprattutto i consensi che Tomb Raider sta raccogliendo in tutto il mondo: Eidos Interactive, che ha acquisito Core Design nell’aprile del 1996, ha già avviato un imponente attività di marketing per il prodotto, in cui tutti sembrano credere moltissimo. Gli show estivi, tra cui E3 ed ECTS, fanno guadagnare a Lara Croft le prime pagine della stampa di settore, e questo dà al team l’energia di cui ha bisogno per portare a termine l’impresa.

Pur di chiudere il progetto in tempo, Toby prende tuttavia alcune decisioni drastiche. Nell’ultimo weekend utile prima dell’invio della build finale a SEGA si occupa lui stesso di inserire le musiche nel gioco, non senza un profondo disappunto da parte del compositore Nathan McRee, che si dichiarerà per nulla soddisfatto del risultato finale. Altre idee di game design e rifiniture di vario tipo vengono tagliate all’ultimo. E’, letteralmente, un rush finale che non fa sconti.Nel frattempo, la macchina del marketing è inarrestabile, e punta tutto sul sex appeal di Lara, la cui immagine appare letteralmente ovunque. La campagna pubblicitaria di lancio è geniale e massiccia, e gli effetti superano di gran lunga le aspettative: le previsioni di vendita iniziali, già piuttosto audaci, si attestano intorno alle 100.000 copie. Il sold-out è istantaneo, e in tempi brevi il gioco vende oltre 7 milioni e mezzo di unità, un successo letteralmente planetario.Fino all’ultimo, Toby Gard lavora instancabilmente sull’immagine di Lara: dopo averne cesellato l’aspetto e aver speso infinite notti insonni nel perfezionarne i movimenti, continua a rivedere personalmente ogni singolo asset di marketing, ogni comparsata in pubblicità televisive e copertine di riviste, ma anche videoclip, francobolli, concerti.

Uno dei geniali promo che Eidos utilizzò per promuovere il lancio di Tomb Raider su Saturn

Chiunque abbia lavorato con lui lo ricorda come un genio enigmatico, nascosto dietro un paio di piccoli occhiali tondi, dotato di un senso dell’umorismo spesso incomprensibile, e con la tendenza a dare sempre risposte evasive alle domande dirette. Eppure un genio, per ammissione stessa di Heath-Smith, che per due anni l’ha supportato più o meno silenziosamente in tutte le sue scelte, convinto che in qualche modo l’estro avrebbe prevalso, e il suo inarrestabile entusiasmo avrebbe compensato la mancanza di esperienza in termini tecnici e di leadership. E come tutti i geni introversi, anche Toby Gard non va per nulla d’accordo con il successo e con la perdita della totale libertà creativa. Vedere l’immagine della “sua” Lara ovunque non lo riempie d’orgoglio, ma di un crescente fastidio, a causa di uno sfruttamento commerciale che supera ogni immaginazione e che punta soprattutto sul sex appeal, ignorando i lati caratteriali del personaggio. Deciderà non solo di lasciare Core Design all’avvio dei lavori sul secondo capitolo, ma anche di rinunciare a un compenso monetario astronomico, oltre un milione di sterline, proveniente dalle royalties.

A nulla serviranno i tentativi del resto del team e di Heath-Smith di convincerlo a rimanere, né le ricche offerte che gli arrivano da aziende concorrenti: Toby ha preso la sua decisione, e, perfettamente in linea con il suo carattere, la porta fino in fondo, per quanto folle possa apparire. Dopo gli ultimi tre difficili mesi in Core Design, durante i quali si rifiuta sostanzialmente di lavorare a Tomb Raider 2, tornerà a fare progetti al pub con Paul Douglas, e insieme apriranno una nuova società, Cofounding Factor, la quale si occuperà del gioco di avventure piratesche Galleon, accolto con tiepidi consensi da critica e pubblico. Solo nel 2005 accetterà di tornare ad occuparsi di Lara come consulente per conto di Eidos, che nel frattempo avrà lasciato le cure del personaggio in mano allo sviluppatore statunitense Crystal Dynamics.

La costante iper-sessualizzazione di Lara da parte di Eidos portò Toby Gard ad abbandonare Tomb Raider fino al 2005

Dal canto suo, nonostante gli alti e bassi Lara Croft non perderà mai il suo appeal, arrivando al cinema in diverse incarnazioni, nessuna di particolare qualità, e rimanendo protagonista di una quantità incredibile di sequel, spin off e reboot, senza contare le apparizioni letterarie, nei fumetti, nei parchi divertimento e nei giochi da tavolo. Vincerà diversi Guinness World Record, tra cui quelli per il maggior numero di copertine di riviste dedicate al videogioco, e per il maggior numero di copie vendute per una protagonista femminile di un videogame. A partire dal 2013 è stata oggetto di un completo reboot che ne ha modificato non poco le caratteristiche fisiche, rendendola più adatta ai nostri tempi, con fortune tutto sommato alterne. La verità è che nell’immaginario collettivo la Lara Croft di Toby Gard rimane in un certo senso intoccabile, e di questo il suo padre spirituale, sparito dai radar da ormai diversi anni, potrebbe ancora oggi dirsi contento.

Lara Croft è la perfetta rappresentazione del suo tempo, un’idea e un’icona ancor prima che un prodotto, frutto della pura forza dell’immaginazione, figlia di un metodo di sviluppo totalmente destrutturato, oggi quasi impensabile in un’industria le cui regole sono completamente cambiate. Allo stesso tempo, Lara Croft è stata in parte causa proprio di quei cambiamenti: il suo inarrestabile successo commerciale ha contribuito a sdoganare il videogioco come fucina dalla quale possono nascere personaggi epocali, in grado non solo di generare miliardi di introiti in royalties di varia forma, ma anche di sopravvivere alle generazioni e all’evoluzione culturale e sociale. Non è assolutamente un caso che oggi quella via nel centro di Derby porti proprio il suo nome, e non quello della serie di videogame.

Ascolta questa storia raccontata dalla voce di Andrea, direttamente su Spotify!

A cura di
Andrea Porta

Pubblicato il: 17/04/2023

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6 commenti

Una monografia bellissima. Il parallelismo tra Gard e Croft nella narrazione dell'articolo funziona, lei intraprendente eroina, lui chiuso programmatore, come una nemesi tra creatore e creatura. Siamo inoltre alla fine del periodo romantico dello svi …Altro... Una monografia bellissima. Il parallelismo tra Gard e Croft nella narrazione dell'articolo funziona, lei intraprendente eroina, lui chiuso programmatore, come una nemesi tra creatore e creatura. Siamo inoltre alla fine del periodo romantico dello sviluppo dei videogiochi, giusto che si sia chiuso con il personaggio che ha sostanzialmente sdoganato i videogiochi a tutte le età.

Mammamia che viaggi indietro nel tempo che mi avete regalato. Ho dei ricordi bellissimi legati a Tomb Raider, riassumibili velocemente in amicizie, riviste, spensieratezza, entusiasmo. Una storia bellissima quella della nostra Lara, raccontata da una …Altro... Mammamia che viaggi indietro nel tempo che mi avete regalato. Ho dei ricordi bellissimi legati a Tomb Raider, riassumibili velocemente in amicizie, riviste, spensieratezza, entusiasmo. Una storia bellissima quella della nostra Lara, raccontata da una penna che è una garanzia ormai da tanti anni. Aspetto con tanto hype le prossime monografie con la speranza di poter tornare a vivere un giorno quelle sensazioni uniche e incredibili che sia Tomb Raider che molti altri, ci hanno regalato ormai più di 20 anni fa.

Bellissimo articolo e grande rubrica! Non vedo l'ora di trattazioni inerenti ad altri titoli!!

Messo in evidenza da Andrea Sorichetti

Wow, ricordo ancora il mio primo incontro con Tomb Raider, epoca PSX anno Domine 1996, quando nel bar del paese venne allestita appositamente la console per fare una dimostrazione popolare di quella console che sarebbe diventata l'oggetto del desider …Altro... Wow, ricordo ancora il mio primo incontro con Tomb Raider, epoca PSX anno Domine 1996, quando nel bar del paese venne allestita appositamente la console per fare una dimostrazione popolare di quella console che sarebbe diventata l'oggetto del desiderio da li a parecchio tempo in avanti, tutti a guardare la tv con un OOOOOOOOOO di stupore per la grafica ''INCREDIBILE'' dell'epoca...Good gold memories, ottimo lavoro ragazzi.

Bellissima rubrica, soprattutto per chi deve recuperare (e studiare)!

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