Il

DETECTIVE

e il

FUNZIONARIO

Il dovere di (r)esistere
ne L’uomo nell’alto castello
e in Disco Elysium

Che cosa è un singolo uomo di fronte a forze soverchianti, titaniche, a volte incomprensibili?

Si potrebbe dire che è nulla. Un essere impotente, in balia degli eventi, troppo debole per imprimere una direzione alla Storia o persino al corso individuale degli eventi che lo interessano più da vicino. Vi è però chi risponde che il singolo è tutto, perché passo dopo passo è possibile resistere e dunque esistere, e così cambiare il mondo.

Lo pensava lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick, che faceva notare come in tutte le sue opere vi fosse “la possibilità di avere fiducia in un determinato essere umano, o in parecchi”. Quest’anno ricorrono i quarant’anni dalla scomparsa di Dick, che nei cieli tetri di tutti i suoi universi ha sempre tenuto aperta una finestra per dimostrare come una singola persona possa trasformarsi in una scheggia lanciata contro l’Apocalisse imminente. E lo stesso avviene anche in Disco Elysium, opera prima videoludica di ZA/UM, ultimamente sotto i riflettori per le vicende non felici che hanno coinvolto lo studio e i suoi (ormai ex) esponenti di maggiore spicco, Robert Kurvitz e Aleksander Rostov: pur in un contesto drammatico in cui gli attori principali fanno di tutto per nascondere la propria responsabilità, non manca chi sceglie di fare il proprio dovere, facendolo diventare il più rivoluzionario dei gesti.

L'IMPERO DEL MALE

L’uomo nell’alto castello, pubblicato nel 1962, fu il romanzo che diede a Philip K. Dick il riconoscimento da lui tanto desiderato negli ambienti della fantascienza americana: premiato l’anno successivo con il Premio Hugo, il libro fu capace di ritagliare uno spazio narrativo differente da quello tradizionalmente riconosciuto alla science fiction, raccontando una Storia alternativa in cui le potenze dell’Asse sono risultate vittoriose nella Seconda Guerra Mondiale. L’opera è anche approdata nel mondo della serialità televisiva, e la serie Amazon The Man in the High Castle – pur con numerose deviazioni dal romanzo dickiano, cambiamenti del tutto naturali nel “passaggio” di una storia da una forma espressiva all’altra – ha restituito al grande pubblico il potere immaginifico dell’America partorita dalla mente di Dick.

Come risultato della vittoria dell’Asse, gli Stati Uniti d’America sono stati spartiti tra le forze d’occupazione naziste e giapponesi. Queste ultime, però, stanno perdendo terreno di fronte alla sfrontatezza dei tedeschi, impegnati a ordire complotti e progettare golpe militari per assumere il controllo del territorio americano nella sua interezza. In questo contesto infelice e umiliante per la popolazione locale, molti nativi si ritrovano a sfruttare la mania di tedeschi e giapponesi per il collezionismo di trinkets d’antiquariato: nasce così un fiorente commercio di oggetti americani d’epoca, veri o presunti – il tema del falso è centrale anche in altre opere di Dick: vedasi Gli androidi sognano pecore elettriche? e l’ossessione dell’umanità verso gli animali in carne e ossa – in una drammatica coazione a ritornare sul passato del Paese, senza nemmeno osare di sognare un futuro ormai impossibile da realizzare. Questo perché non sembra esserci alternativa all’Impero del Male, qui rappresentato dalle forze naziste, e alla sua capacità di distorcere il tempo, di renderlo fuori di sesto – proprio come nell’Amleto di Shakespeare. Infestato dagli spettri del suo passato, il presente americano è intrappolato in un moto circolare che gli impedisce di andare avanti, di proseguire il suo corso naturale.

Si trova in una situazione simile anche Revachol, ex capitale del mondo di Elysium, sospesa tra la vita e la morte a decenni di distanza dalla fallita Rivoluzione che voleva portare il comunismo al potere, rovesciando la monarchia costituzionale che governava la grande città. I detective Harrier Du Bois e Kim Kitsuragi si recano nel distretto di Martinaise per indagare sulla morte di un uomo misterioso, ritrovato impiccato ai rami di un albero. È un mondo figlio del realismo capitalista teorizzato dal filosofo britannico Mark Fisher: le forze ultraliberali che hanno schiacciato la Rivoluzione sono riuscite a occupare tutto l’orizzonte del pensabile, diventando così pervasive da assumere sostanza e consistenza, trasmutandosi in una materia iperconcentrata che – è Joyce Messier, emissaria del conglomerato di compagnie di logistica Wild Pines Group a dircelo – ricoprirà l’intera superficie del pianeta in ventisette anni.

Si tratta del pale. “We remain powerless before the pale”, sospira Joyce,Achromatic, odourless, featureless. The pale is the enemy of matter and life”. Il pale, tessuto separatorio tra i continenti di Elysium – chiamati isolas – occupa già il 72 % della terra, ma si sta espandendo a una velocità allarmante. Le nubi lussureggianti che sbuffano sull’orizzonte di Martinaise nella schermata iniziale di Disco Elysium altro non sono che il misterioso pale, la cui reale natura ci viene rivelata, per un sublime scherzo del destino, da un essere che non dovrebbe neppure esistere: l’Insulindian Phasmid, un criptide incontrato dai due detective nelle ultimissime battute della trama di gioco. Un mistero che svela un altro mistero, dunque. L’insetto gigante ci rivela con voce fatata che il pale è arrivato insieme agli esseri umani. Nessuno lo ricorda prima di quel momento: non lo ricordano gli antichissimi cnidari, non lo ricordano gli animali a simmetria radiale. “There is almost unanimous agreement between the birds and the plants”, conclude il Phasmid con il suo tono sognante e profetico, “that you are going to destroy us all”.

Se è per noi semplice intuire come mai Dick assimili il nazismo a un perverso Impero del Male, è più complesso afferrare la natura del pale e il perché ZA/UM lo renda una forza pervasiva, devastante, che in ultima analisi risulterà mortale per tutta Elysium. Dice l’Insulindian Phasmid che il pale è nato con l’umanità, ma non è chiaro il perché questa sostanza abbia preso a espandersi con la ferocia di un cancro negli ultimi anni. In inglese, l’espressione beyond the pale indica un qualcosa di assurdo, capace di andare oltre ogni limite: nel mondo di Elysium – e anche nel nostro – quel qualcosa è stato il capitalismo ultraliberale, capace non solo di schiacciare la Rivoluzione comunista di Revachol, ma anche di convincere la popolazione che non vi fosse alcuna alternativa rispetto al modello pensato dalle forze della Coalizione delle Nazioni, formata da Graad, Sur-La-Clef, Messina e Oranje per sopprimere i venti rivoluzionari. Dopo la conclusione del sanguinoso conflitto, le forze di occupazione imposero un capitalismo di libero mercato alla popolazione di Revachol, forzando l’apertura del territorio all’entrata di manodopera a basso costo dalle altre isolas.

È forse questo il momento in cui il pale ha iniziato la sua corsa inarrestabile, trasformandosi nella minaccia che strozzerà il mondo di Elysium. La straripante invasione del pale simboleggia il capitalismo nella sua forma tardiva e decadente, ormai un dato ineluttabile che sta cancellando tutto il resto: nelle parole di Mark Fisher, “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, e su Elysium sta succedendo proprio questo – la fine del mondo, preconizzata con lucidità da Joyce Messier e collocata in un orizzonte temporale precisissimo di ventisette anni, mentre nessuno riesce a immaginare un modello economico sostenibile per gli abitanti della poverissima Revachol.

RESPONSABILITÉ

Scriveva Philip K. Dick: “L’universo si disintegra sempre di più in ciascuna delle mie opere”. Questa entropia del disastro è visibile soprattutto nei caotici mondi di Ubik e di Le tre stigmate di Palmer Eldritch, viaggi lisergici che ci portano – ancora una volta – a interrogarci su cosa sia reale, una domanda pressante che Dick ha sempre posto ai suoi lettori. È la disgregazione che colpisce gli Stati Uniti d’America spartiti tra giapponesi e nazisti in L’uomo nell’alto castello; è la morbosa decadenza che ha colpito le strade di Revachol e che ingloberà il mondo a causa della forza irresistibile del pale.

Eppure, nel romanzo dello scrittore californiano non mancano momenti di resistenza, espressi da persone mosse da un desiderio bruciante di esistere oltre e nonostante la rovina. Non ci pare del tutto corretto affermare che la punta di diamante di coloro che si muovono in direzione ostinata e contraria sia il personaggio che dà il titolo all’opera, quell’Hawthorne Abendsen autore de La locusta si trascinerà a stento, opera letteraria che immagina una realtà diversa in cui gli Alleati hanno sconfitto le forze dell’Asse nella Seconda Guerra Mondiale. La versione dei fatti che noi conosciamo, insomma. Il libro di Abendsen viene rigidamente proibito dalle forze di occupazione naziste, terrorizzate dal potere di una narrazione alternativa, e la giovane Juliana Frink compie un vero e proprio pellegrinaggio per raggiungere il castello in cui pare che Abendsen viva protetto da alte mura e numerose guardie. Solo che lo scrittore vive in un normale appartamento, e confessa a Juliana di non aver mai usato l’oracolo I Ching per scrivere il libro, come aveva invece affermato in altre occasioni.

La verità, si disse. Terribile come la morte. Ma più difficile da trovare. Io sono fortunata”, pensa Juliana Frink dopo queste rivelazioni: non è Hawthorne Abendsen l’eroe destinato a ergersi contro il Reich, e bisogna rivolgersi altrove per trovare i due uomini cui Dick affida il destino della sua America tormentata. Il primo è l’ex marito di Juliana, Frank Frink – o forse dovremmo dire Fink, il suo vero cognome, cambiato quando era emigrato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni in Germania e mascherare le sue origini ebraiche. Frank lavora per la W-M Corporation, in apparenza una fonderia, in realtà una delle tante industrie impegnate a sfornare falsi manufatti “storici” americani per i ricchi occupanti. Dicevamo che questa mania per il passato del Paese impedisce all’America di andare avanti, di rinnovarsi; ecco quindi che Frank ha un’illuminazione: creare una linea di gioielli moderni e innovativi. Per meglio dire, nuovi. Un fine estimatore di anticaglie americane, il giapponese Paul Kasoura, riconosce commosso la portata dell’operazione di Frink: “È qualcosa di autenticamente nuovo sulla faccia del pianeta”. 

È quindi un artigiano a sbloccare il tempo circolare in cui gli Stati Uniti d’America erano intrappolati e a farsi araldo di un’epoca nuova. Non a caso, il destino di Frank Frink si interseca con quello dell’uomo che il critico Carlo Pagetti ha definito “il redentore” della storia de L’uomo nell’alto castello: il funzionario governativo giapponese Tagomi. Dice Tagomi che “siamo tutti insetti, brancolanti verso qualcosa di tremendo o di divino”. Consapevole della delicatezza dei rapporti tra Giappone e Germania sul suolo americano, Tagomi non ha mai mancato di esercitare i suoi poteri con equilibrio, consultando giornalmente l’oracolo I Ching – centrale in tutto il romanzo di Dick – e tentando di non spostare l’ago della bilancia del conflitto sotterraneo tra le forze occupanti.

A un certo punto, però, la figura di Tagomi si fa espressione della spinta divina dell’uomo verso la resistenza: la stessa sentita dai giudici del Maxiprocesso di Palermo contro la mafia; la stessa forza che ha mosso i partigiani italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Di fronte all’invasione del suo ufficio da parte dei nazisti delle SD, Tagomi imbraccia la sua Colt e la punta contro la porta, nell’attesa che venga aperta dalle forze speciali tedesche: “Ammetto di reggere bene il confronto con altri appassionati, in gare di velocità. Ma finora un uso più maturo si era fatto attendere”. Un uso più maturo, dice, pur realizzando che, nelle parole dell’oracolo, non vi è speranza ovunque si guardi. Eppure si deve resistere. “Siamo entrati in un Momento in cui siamo soli. Non possiamo ricevere assistenza, come prima. Be’, pensò il signor Tagomi, forse anche questo è un bene. O può essere reso un bene, bisogna insistere per trovare la Via”.

Dopo il drammatico confronto a fuoco con i nazisti, un antiquario esperto in manufatti americani, Robert Childan, presenta a Tagomi i gioielli di Frank Frink. Davanti all’iniziale disprezzo del funzionario, Childan si lancia in una difesa appassionata: “Questi rappresentano il nuovo, signore. Questa è la nuova vita del mio paese, signore. L’inizio, sotto forma di minuscoli semi imperituri. Semi di bellezza”. Non è un caso se l'ultimo gesto di Tagomi prima di morire è di rifiutare l'estradizione di Frank Frink, reclamato dalla Germania in quanto cittadino tedesco ebreo fuggito dal Reich. Tagomi oppone al funzionario Ramsey un fermo rifiuto e gli restituisce il modulo 20-50, disponendo il rilascio immediato di Frink. Subito dopo, Tagomi muore per un infarto, magistralmente descritto da Dick: per un crudele scherzo del destino, questa sarà la causa di morte dello scrittore, vent’anni più tardi.  Mentre sta avendo l'attacco di cuore, Tagomi si compiace di aver fatto la sua parte per fermare i tedeschi: “Tuttavia, missione compiuta. La mia parte, fin dove ho potuto. Il resto sta a Tokyo e alle fazioni in Germania. In ogni caso, lottare è oltre le mie possibilità. Tempo di arrendersi. O di arrendersi in parte. Decisione cui io mi devo assoggettare”. In realtà, Tagomi ha resistito fieramente contro il regime e ha fatto fino in fondo quello che ha potuto: una vita umana che salva un’altra vita umana, rinviando di qualche attimo l’inevitabile processo di rovina che incombe sull’umanità.

Sarebbe meritevole di una riflessione a parte il ruolo ricoperto dagli artigiani ne L’uomo nell’alto castello e in Disco Elysium. Nel primo caso abbiamo Frank Frink, promotore di un rinnovamento americano fondato sulla riscoperta dei poteri creativi e sulla sconfitta dell’opprimente morsa del passato; nel mondo di Elysium, invece, è Neha, artigiana di dadi – manufatto totemico di Disco Elysium, fondato proprio sul lancio del dado – a realizzare quale sia la causa della decadenza di Martinaise. Neha vive all’interno della Doomed Commercial Area, un tempo sede di numerose imprese: tutti gli imprenditori sono andati incontro al fallimento, salvo la stessa Neha e la bibliotecaria Plaisance, convinta che il complesso sia preda di un misterioso spettro che maledice le attività commerciali, condannandole alla rovina e alla bancarotta. “Not everyone is going to make it”, dice lucidamente Neha, “That’s the nature of the game. It’s just about capitalism. We only hear about tales of success, so it’s often surprising to realize how many ventures actually fail”. Il fallimento non è una maledizione, ma semplicemente una caratteristica di un sistema economico votato a dilaniare le sue stesse forze produttive. È il titano Crono che mangia i suoi stessi figli – e non sembra esistere alcuna alternativa, tanto che il pale (lo dicevamo, un chiaro simbolo del capitalismo) divorerà le terre emerse nello spazio di qualche anno. Neha conosce il nome del nemico e, al contrario di Plaisance, non ha paura di pronunciarlo, mentre all’amnesiaco Harrier Du Bois non resta che tentare di ricostruire il puzzle frammentato della sua mente e del contesto in cui si trova a muoversi.

Il giocatore che si trova ad approcciare Disco Elysium capisce man mano che l’investigazione di Harrier Du Bois e del suo collega Kim Kitsuragi non riuscirà a risollevare le sorti di Martinaise. E come potrebbe, se in ogni caso il mondo è condannato a finire nel giro di pochi anni? Anche Tagomi sa benissimo che la mancata estradizione di Frank Frink non cambierà le sorti dell’umanità e non salverà gli Stati Uniti d’America dall’imminente presa integrale del potere da parte dei nazisti; eppure, Tagomi sceglie di non stare a guardare. Tra le possibilità aperte al detective Harrier Du Bois – interpretato dal giocatore – vi è anche quella di indagare su chi abbia la responsabilità per la situazione disastrosa in cui versano Revachol e, in particolare, il distretto di Martinaise. Un misterioso funzionario collegato al Moralintern e alla Coalizione delle Nazioni che domina la città ci riferisce dell’esistenza di un Committee of Responsibility for Revachol, finalizzato a raccogliere segnalazioni per capire a chi sia imputabile il declino della città. Anche in questo caso si può vedere nella scrittura di Disco Elysium l’influenza di Mark Fisher, che – esattamente come Franz Kafka – comprende come il differimento di responsabilità sia centrale nei processi autoritari: “A rendere Kafka il più grande narratore della burocrazia”, scrive Fisher, “è proprio il fatto che è riuscito a intuire come questa struttura di disconoscimento sia connaturata nella burocrazia; nel Processo la ricerca della massima autorità in grado di risolvere la situazione legale del protagonista Josef K. non avrà mai fine, perché il Grande Altro non può essere incontrato di persona: esistono solo funzionari più o meno ostili, intenti a interpretare i disegni del Grande Altro. E tutto quello che il Grande Altro è, sono proprio quelle interpretazioni, quel differimento di responsabilità”.

La segnalazione del funzionario sull’esistenza del comitato può risultare una sirena irresistibile del giocatore, che può ritenere possibile scoprire finalmente chi si celi dietro al triste destino di Revachol e dei suoi abitanti. Si può quindi aprire la quest della “responsabilité”, “the most awesome, terrible thing… It is human nature to crave la responsabilité and to deny it. That’s why it must be distributed across many different organisations, agencies, offices, and portfolios”, afferma una delle parti della psiche frammentata di Harrier Du Bois. Mettersi in contatto con il Committee è difficilissimo: la programmatrice Soona riesce a trovare un modo, ma ecco che Kim Kitsuragi, compagno di investigazione di Du Bois, mette in guardia il suo collega – e il giocatore stesso.

Detective, each of us has our part to play in the world. My part is to solve crimes. I am under no illusion that my role isn’t a minor one, in the scheme of things… But I embrace it because it’s my role, and it’s yours too, detective, whether you accept it or not!

- Kim Kitsuragi

Le parole di Kitsuragi hanno la forza tremenda delle profezie, e sono pronunciate con una veemenza che non sarà mai più propria del detective, in nessun’altra circostanza di Disco Elysium. Kim Kitsuragi richiama Harrier Du Bois a non abdicare al suo dovere, a non abbandonare la popolazione di Revachol in nome di una missione impossibile. Se il giocatore sceglie comunque di proseguire su questa strada, Soona riuscirà sì a mettere Du Bois in contatto con il Committee e il detective verrà “estratto” per presentare rapporto davanti ai suoi componenti, ma ciò comporterà la conclusione dell’avventura: tramite le pagine di un giornale di diverse settimane dopo, si verrà informati del fatto che Harrier Du Bois è scomparso in circostanze misteriose. In ultima analisi, il gesto del detective non è servito a nulla, e le parole di Kitsuragi suonano come un presagio nefasto. E come un invito a condividere l’eroismo del “redentore” Tagomi, uomo comune che resiste nei limiti delle sue possibilità, salvando un’altra vita umana, senza trionfalismi e senza gesti eclatanti. Sono solo piccoli frammenti eretti contro le rovine della dittatura politica – ne L’uomo nell’alto castello – o della dittatura del capitale – in Disco Elysium – ma nella loro modestia sono capaci di fare tutta la differenza del mondo: Tagomi e Kitsuragi portano avanti il loro buon lavoro nella consapevolezza che sarà solo una goccia nell’oceano di orrori ed errori che è la loro realtà, fornendo due esempi di eroi outsider capaci di resistere e, in questo modo, di esistere davvero.

Pubblicato il: 20/02/2023

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17 commenti

Rileggere la citazione di Kitsuragi mi fa sempre un grande effetto. In parte per il significato, in parte per la forma arzigogolata con cui ha espresso un concetto semplice ma importante. Forse alcuni messaggi non avrebbero la stessa potenza se espre …Altro... Rileggere la citazione di Kitsuragi mi fa sempre un grande effetto. In parte per il significato, in parte per la forma arzigogolata con cui ha espresso un concetto semplice ma importante. Forse alcuni messaggi non avrebbero la stessa potenza se espressi in modo semplice, e proprio per questo non arrivano a chi non ha voglia di impegnarsi a trovarli. Ma é anche possibile che aver voglia di trovare un significato porti a trovarne più di quelli che davvero sono contenuti nel testo.
Sogno un prossimo lavoro di ZA/UM (se esisterà) che riesca ad essere evocativo, inspirato e anche semplice ed accessibile. Chissà se ci riusciranno mai?
Ottimo articolo ed ottime riflessioni ;)

Grande articolo, ottimo spunto di riflessione!

Un articolo prezioso. Direi tra i più belli di G. Martino che di brutti continua a non saperne proprio scrivere (né qui né altrove).

Felicissimo di avervi trovato, definire questo un sito di videogame è estremamente riduttivo, per comprendere questo articolo e apprezzarlo non basta essere un videogiocatore. Ho letto i libri di Dick al quale si fa riferimento e il paragone con dis …Altro... Felicissimo di avervi trovato, definire questo un sito di videogame è estremamente riduttivo, per comprendere questo articolo e apprezzarlo non basta essere un videogiocatore. Ho letto i libri di Dick al quale si fa riferimento e il paragone con disco elysium è incredibilmente azzeccato, purtroppo non ho letto il libro di Fisher ma mi è venuta voglia di recuperarlo. Disco elysium è il gioco che ho apprezzato maggiormente finora in questa generazione, questo articolo gli rende assolutamente giustizia, spero che a qualcuno venga voglia di giocarlo perchè ha davvero tanto tanto da dire.

Articolo interessante. Peccato per gli spoiler, che comunque dimenticherò nel giro di una settimana ahah

Complimenti all'autrice di questa monografia per essere riuscita a spiegare bene la tematica base del gioco, tema che può essere facilmente frainteso se si legge l'opera in modo distratto. Ho visto spesso interpretazioni molto approssimative di Disc …Altro... Complimenti all'autrice di questa monografia per essere riuscita a spiegare bene la tematica base del gioco, tema che può essere facilmente frainteso se si legge l'opera in modo distratto. Ho visto spesso interpretazioni molto approssimative di Disco Elysium ma pochi mi pare abbiano capito che in realtà parla di una storia sci-fi molto più cyberpunk di quel che si immagina.
Disco Elysium non è per nulla un gioco facile da comprendere, ho dovuto finirlo più volte per arrivare a certe conclusioni ed ogni volta è stata un'esperienza gratificante perchè capivo sempre meglio ciò che il gioco voleva dire.
Probabilmente è il gioco meglio scritto di sempre, tanto grande da travalicare il senso stesso della narrativa videoludica per entrare a testa alta in quella della narrativa classica.

Pezzo spettacolare, ormai Giulia è sinonimo di grande qualità. Quando ho giocato Disco la prima volta non avevo ancora avuto modo di recuperare il Realismo capitalista e leggendo questa monografia sento di essermi perso una parte dell'esperienza. P …Altro... Pezzo spettacolare, ormai Giulia è sinonimo di grande qualità. Quando ho giocato Disco la prima volta non avevo ancora avuto modo di recuperare il Realismo capitalista e leggendo questa monografia sento di essermi perso una parte dell'esperienza. Pur recependo la critica politica e sociale (se mi concedete questa semplificazione) di cui il titolo si faceva portatore, non sono riuscito a vedere "retroattivamente" dei punti di contatto tra il testo di Fisher e il mondo creato da ZA/UM. Quando avrò occasione di rigiocare il titolo vedrò di prestare maggiore attenzione.

Articolo potentissimo, interessante leggere quanto Disco Elysium si possa inserire e confrontare con altri mondi narrativi come quelli di Dick e Kafka.

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