- anteprima -

BLACK MYTH WUKONG

Il primo viaggio in occidente di Game Science

Vorrei partire con un’ammissione di colpa: sono mesi che ripeto ad amici e colleghi di abbassare drasticamente le loro aspettative per Black Myth Wukong, visto che il mercato cinese ho provato a studiarlo e ho imparato che ciò che arriva da oriente (Giappone escluso per certe cose) spesso prova a mentire pur di generare interessi e attraversare le frontiere di casa propria. Ecco, se siete tra le persone che hanno provato a chiacchierare con me di Black Myth Wukong prendendosi un saccente “vacci piano” come risposta vi devo delle scuse. Già, perché per quanto sia innegabilmente vero che la stragrande maggioranza dei videogiochi provenienti dall’estremo oriente conti spesso e volentieri su presentazioni graficamente spaventose che nascondono gameplay poco concreti, è anche vero che i tre quarti d’ora che ho passato a farmi prendere a sberle dall’esordio di Game Science mi hanno fatto ricredere su quello che pensavo sarebbe stato solamente uno shovelware con poco da dire.

La presenza di Black Myth Wukong alla Gamescom non era stata sbandierata ai quattro venti. Tutt’altro. Game Science ha presenziato con un enorme stand dedicato ma non ha in alcun modo previsto incontri dedicati esclusivamente alla stampa o agli addetti ai lavori, a testimonianza del fatto che l’azienda cinese è forse ancora tanto ai margini delle dinamiche del mercato occidentale, eppure il loro è stato in assoluto la stand con più affluenza da parte del pubblico dei cinque giorni di fiera. Basti pensare che il venerdì per provare la demo era necessario attendere più di cinque ore. Ho avuto la fortuna di provarlo il primo giorno, quando le demostation avevano ancora un timer impostato a 45 minuti (i giorni successivi ridotti a 30 per tamponare il problema delle attese infinite), e il responso è stato sorprendentemente positivo.

Chiariamoci: le seguenti sono impressioni legate ad una demo confezionata appositamente per un evento destinato al pubblico, profondamente differente nel contenuto rispetto alla demo pubblicata poco tempo fa sul solo suolo cinese. Game Science ha deciso quindi di mostrare solamente determinate cose ed è ancora presto per sbilanciarsi sul prodotto completo. Vi basti sapere però fin da subito che il verdetto parziale è oltremodo positivo. La demo in questione presentava al giocatore quattro boss differenti da affrontare nell’ordine che si preferiva e con accenni di build preimpostate per ogni scenario. Partirò citando il colpo d’occhio, che si riconferma ancora una volta impressionante soprattutto se si tiene a mente che si tratta di un’opera prima di uno studio indipendente, e che mi ha trasportato in un immaginario troppo spesso ignorato all’interno dell’industria videoludica. Dopo decenni in cui a farla da padrone - in oriente ma non solo - è stata la mitologia giapponese, Black Myth Wukong guarda in casa e attinge dal folklore cinese (è pur sempre un adattamento di Viaggio in Occidente, che è un caposaldo della letteratura classica del grande Regno Celeste) per creare un contesto differente in cui ambientare la sua storia. Tra scorci mozzafiato, creature mistiche e architetture tradizionali, Wukong è un videogioco che esibisce con orgoglio le proprie radici e che, almeno da questo punto di vista, non sembra voler scendere a patti con nessuno. Il primo impatto, in questo senso, è abbastanza impressionante.

Il fatto è che è proprio il lato tecnico ad avermi impressionato di più, perché il tempo che ho passato in compagnia della demo in questione è stato caratterizzato da un’insperata fluidità interrotta da qualche piccolo stuttering che è emerso solamente nelle sezioni “filmate” e mai durante le fasi più concitate del gameplay. Torno a ribadire quanto poco credessi nella possibilità di trovarmi per le mani una build - parziale, è bene ripeterlo - così pulita a questo punto dello sviluppo e della comunicazione. Il fatto è che non parliamo di una demo solamente bella da guardare, ma di un titolo che sembra anche molto soddisfacente da giocare. I primissimi trailer, per esempio, mettevano in evidenza la quasi totale assenza di impatti tangibili tra il bastone del protagonista e i nemici; la build messa a disposizione del pubblico della Gamescom presentava invece un feedback concreto per tutti i colpi, dando l’impressione di essere un videogioco molto solido e anche particolarmente divertente pad alla mano.

Allontanata la paura di un gioco tecnicamente povero, però, arriviamo alla domanda principale: che cos’è Black Myth Wukong? La risposta è molto più articolata del previsto, dal momento che Game Science sembra aver puntato a trovare un equilibrio tra l’action classico e il soulslike, senza mai sbilanciarsi troppo né da un lato né dall’altro. Le poche e brevissime sezioni esplorative mettevano infatti in mostra un approccio abbastanza rilassato ai combattimenti coi minion sparpagliati per i percorsi, permettendo peraltro di inanellare combo abbastanza lunghe prima di permettere ai nemici di attaccare, riducendo così il senso di pericolo costante tipico dei videogiochi di From Software. L’anima souls emerge invece nelle bossfight (attorno alle quali era costruita la demo in prova a Colonia), che richiedono un approccio lievemente più cauto data la grande quantità di danni inflitti dai boss e la sorprendente varietà di attacchi in loro possesso. La chiave sta nell’imparare a leggere i loro moveset per reagire di conseguenza, senza però rendere obbligatorio l’imparare a memoria ogni singolo pattern: Black Myth Wukong affonda orgogliosamente le sue radici nell’action tradizionale e per questo richiede non la sola dedizione ma anche una buona dose di riflessi al giocatore. Dimenticate gli scontri che si protraggono all'infinito in cui inanellare più di due attacchi di fila è quasi un lusso; pur essendo presente una barra della stamina questa sembra essere molto più permissiva rispetto a tanti altri titoli della stessa tipologia, ergo è possibile concatenare lunghe combo nei momenti giusti senza andare in sofferenza. Le uniche criticità che ho riscontrato sono relative al fatto che curarsi è un’operazione che richiede davvero troppo tempo per i ritmi degli scontri e che a volte qualche hitbox sembra fare cilecca, ma è tutto perfettamente normale per un prodotto che ha di fronte a sé tanti altri mesi di sviluppo.

A questo si aggiunge il fatto che in Game Science si sono guardati parecchio attorno negli ultimi anni, prendendo ispirazione un po’ dappertutto per certe dinamiche. È ovvio che il primo tributo il team cinese lo abbia pagato ai Souls di Hidetaka Miyazaki, importando le cure refillabili ai checkpoint, la centralità della schivata - con tanto di frame di invincibilità - all’interno del combat system, la stamina e la necessità di adottare un approccio tendente al trial and error che permetta di pianificare l’incontro in maniera sempre differente. A questo si aggiungono le stance che sono mutuate da Nioh e che permettono di accedere a moveset drasticamente differenti tra loro (probabilmente per tamponare il fatto che quasi sicuramente non sarà possibile cambiare arma durante il gioco).

Il pregio di Black Myth Wukong sta però nel fatto che non si accontenta di essere l’ennesimo clone di altri titoli di successo ma sembra volersi ritagliare un proprio spazio all’interno di un mercato saturo come quello degli action game contemporanei. Ecco quindi che, per esempio, anziché porre l’accento sul parry Wukong opta per un approccio estremamente differente, un approccio che mette al centro dell’esperienza gli incantesimi che diventano ottimi strumenti da utilizzare in battaglia. Si tratta di abilità magiche che possono cambiare anche drasticamente l’approccio ad ogni singolo scontro: nella demo di Colonia ho potuto provare una magia che immobilizzava istantaneamente il nemico per qualche istante (utile per fare qualche danno aggiuntivo o riposizionarsi), una che faceva apparire un cerchio di fuoco impenetrabile ai nemici (questa utile principalmente per curarsi senza rischi nelle fasi più concitate degli scontri) e una in grado di trasformare il corpo del protagonista in pietra in maniera tale da bloccare un attacco del nemico sbilanciandolo (proprio come succede con i parry tipici dei souls).

A questo si aggiunge la presenza di uno slot dell’equipaggiamento dedicato alle trasformazioni, che permettono, con la pressione di un tasto, di trasformare il re delle scimmie in esseri sempre differenti in base alla situazione richiesta. La porzione di demo che ho provato con mano (mi manca un boss che non ho fatto in tempo a combattere per mancanza di tempo) permetteva di trasformarsi in un elementale del fuoco, cambiamndo drasticamente stance e moveset del protagonista, che diventa molto più veloce e infligge molti più danni quando è in questo stato. Nei vecchi trailer si era vista la trasmutazione in calabrone (utile probabilmente per superare inosservati dei nemici), quella in gorilla e quella in una sorta di masso semovente la cui funzione ancora non mi è del tutto chiara. Insomma Black Myth Wukong sembra essere riuscito nella diffile impresa di trovare un equilibrio tra ispirazione e personalità, guardando in casa d’altri per rielaborare meccaniche che hanno sempre funzionato senza però cedere alla tentazione di fermarsi al minimo indispensabile. Da sottolineare peraltro il livello a tratti spaventoso delle animazioni, che per quantità e fluidità possono realmente competere con qualunque altro videogioco dello stesso genere senza paura di uscirne sconfitte.

Va rimarcato che quella provata a colonia era praticamente una boss rush, quindi non è stata per nulla indicativa di quella che sarà poi la forma definitiva del gioco. Quanto visto finora però è stato estremamente convincente, soprattutto - lo ripeto - per un lato tecnico davvero impressionante per un’opera prima. Questo non vuol dire che sarà per forza un videogioco rivoluzionario, beninteso, ma manca ancora del tempo prima della pubblicazione (prevista nel corso del 2024) e Black Myth Wukong si è piazzato sui radar con l’intenzione di non passare inosservato. Lo aveva già fatto ai tempi dei primi trailer, solo che stavolta la differenza è che ha convinto anche me.

Pubblicato il: 31/08/2023

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5 commenti

Complimenti per l'articolo, sembra promettente ma ho paura che sia poco accessibile. Sto amando rise of the Ronin ma non digerisco i souls. Sarebbe gradita la scelta della difficoltà

Altro... Mi fa piacere vedere che il gioco è reale e forse anche più concreto di quello che ci si aspettasse.
Giochi come Eastern Exorcist e Bladed Fury hanno dimostrato che i cinesi con i giochi action ci sanno fare e hanno una certa competenza, questo è di fatto il loro primo grosso tripla A, tutta un'altra scala come valori produttivi ma sembra che siano sulla buona strada.

Come sempre, complimenti per l'articolo al buon Andrea e a tutti voi che sapete come informare e intrattenere. Il titolo mi intriga molto, soprattutto per questa sua componente action sfaccettata, quasi ibrida dire. Mi dispiace che probabilmente non …Altro... Come sempre, complimenti per l'articolo al buon Andrea e a tutti voi che sapete come informare e intrattenere. Il titolo mi intriga molto, soprattutto per questa sua componente action sfaccettata, quasi ibrida dire. Mi dispiace che probabilmente non si cambierà arma; è un elemento che mi è sempre piaciuto. Sono tanto curioso di provarlo. Dal video si vede un'ottima responsività e fluidità, con animazioni belle e "sinuose".
Sono curioso anche di sapere cosa ne pensa Marco, amante dei giochi action.

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