Anteprima

THE LEGEND OF ZELDA

TEARS OF THE KINGDOM

Lacrime di meraviglia

Toccare finalmente con mano The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom ha avuto un significato alquanto speciale, su più piani. L’attesa per il prossimo capitolo della gloriosa saga della Triforza si è in effetti ormai fatta spasmodica, a maggior ragione dopo la pubblicazione degli ultimi due poderosi trailer: momenti che hanno permesso di cogliere da una parte l’incredibile unicità del gameplay (alla faccia di chi temeva una parentela sin troppo stretta con Breath of the Wild…) e dall’altra la genuina maestosità di un franchise capace di trasmettere un’epicità quasi solenne, diversissima dal resto del variopinto panorama Nintendo. Una sacralità leggendaria – del resto, come dicevano gli antichi romani, nomen omen – ulteriormente enfatizzata da una non comune trasferta a Francoforte, nel cuore di una sede europea di Nintendo eccezionalmente aperta a una manciata di selezionatissimi fortunati a cui è stato concesso di prendere contatto con un videogame che, senza troppi giri di parole, promette nientemeno che di fare la storia.

Tra elaborate speculazioni e affascinanti novità, la sensazione di trovarsi al cospetto di qualcosa di davvero epocale si è registrata a più riprese durante il lungo periodo di comunicazione che porterà al fatidico 12 maggio: un percorso complicato da uno sviluppo senza dubbio più laborioso del previsto, frutto di una tendenza al perfezionismo che porta il nome e il cognome di Eiji Aonuma, storica figura della grande N che ancora una volta torna all'ovile nelle vesti di Producer. Al di là di tutto, nulla è comunque riuscito a esprimere la naturale portata di Tears of the Kingdom quanto le espressioni estatiche stampate sui volti dei partecipanti dopo una prova su strada della durata di circa un’ora: le facce dei presenti e i successivi rapidi scambi di battute tradivano emozioni genuinamente incontenibili, fra sguardi increduli e addirittura un po’ confusi al cospetto di una meraviglia che ruota attorno al suo peculiare gameplay emergente. Un'opera dall'ambizione smisurata, che a dispetto dei limiti di un hardware datato si fa portabandiera di un coraggio e di uno slancio concettuale che è rarissimo riscontrare persino nelle più ardite produzioni next-gen: al netto della totale continuità nell'aspetto l'aria di cambiamento è sferzante, al punto da rendere Tears of the Kingdom uno Zelda in potenza molto differente da tutti gli altri, permeato come sembra da un'anima sandbox mai così cruciale all'interno della saga nata su NES nel lontano 1986.

La sensazione di freschezza è talmente spinta che per certi versi si potrebbe addirittura arrivare a sostenere che il vero protagonista della prossima avventura in quel di Hyrule non sia il solito Link, bensì il costante senso di stupore avvertibile su più piani (anche a livello letterale, vista l'estensione tra cielo e terra di un mondo che si prospetta essere gigantesco, ben al di là della già imponente estensione del diretto predecessore). Si tratta ovviamente di un'iperbole, anche se la profonda e genuina sorpresa derivante dalle interazioni non convenzionali fra oggetti e situazioni con cui si è spesso incentivati a sperimentare finisce per dare un gusto inequivocabile all'insieme: un sapore inebriante che gli sviluppatori hanno deciso di lasciare a completa disposizione del pubblico, permettendo all'utenza di destreggiarsi con soluzioni libere e potenzialmente assai diverse tra loro in un portentoso elogio della creatività che appare già ascrivibile a una pietra miliare del game design.

Non è dunque raro trovarsi fisicamente a bocca aperta, stupefatti ed estasiati di fronte all'evidenza di poter effettivamente fare in game ciò che nemmeno si aveva avuto il coraggio di pensare: già durante questo primissimo contatto preliminare, Tears of the Kingdom ha dimostrato a più riprese una carica e un'ibridazione fra pensiero laterale e tecnologia da lasciare esterrefatti.

Tutto è rigorosamente supportato dalla fisica: Hyrule è governata da un sistema di regole predefinite che possono essere sfruttate per inventarsi escamotage mozzafiato, e già si preannunciano inenarrabili follie partorite dalla fantasia della parte più Muciaccia di Internet. Non deve dunque stupire che l'hands on in terra teutonica fosse al cento per cento basato sul gameplay del titolo, e nello specifico sulla sua deriva prepotentemente sandbox: un'oretta di spontaneo cazzeggio, di sperimentazioni e di goduriosi pasticci per mettere alla prova tanto il gioco quanto un po' se stessi. I poteri a disposizione di Link diventano così il cardine su cui si fonda un'avventura che ovviamente non rinnega il tipico approccio zeldiano consolidatosi nel tempo – dall'inconfondibile motivetto quando si apre un baule ai ritmi dei combattimenti, passando per l'imperturbabile mutismo del protagonista – mettendo tuttavia il crafting più che mai al centro della scena: Tears of the Kingdom riparte con convinzione dalla dirompente libertà nella gestione dell'open-world del predecessore, incorporando un'anima fai da te che strizza apertamente l'occhio alla generazione Minecraft (senza comunque mai risultare futile o vezzosamente fine a se stessa).

Sulle prime, il risultato è francamente spiazzante: ho avuto accesso a un save point piuttosto avanzato, con parecchie abilità già sbloccate e senza la gradualità di una progressione che conoscendo Nintendo di certo si dimostrerà morbida e guidata con estrema prudenza nel prodotto disponibile tra meno di un mese. Nonostante a mia disposizione fosse presente un gentile addetto preposto a darmi una mano e a rispondere a tutte le mie domande, confesso di aver fatto non poca fatica a destreggiarmi tra i molteplici menu e i comandi di un'esperienza che richiede un'inevitabile manualità tutta sua: gestire le molteplici abilità del prode ragazzo Hylian significa muoversi come un pianista, sviluppando una certa memoria muscolare per massimizzare gli input. Seleziona il potere desiderato, apri l'inventario, cerca gli oggetti con cui desideri interagire, lasciali a terra e combinali tra loro – magari mentre attorno qualche Boblin impertinente prova a darti del filo da torcere con fare belligerante – si dimostra un processo macchinoso e molto meno immediato del previsto, che richiede del tempo per essere appreso. Sono certo che con il passare delle ore tutto scorrerà in maniera omogenea e perfettamente naturale, eppure all'inizio l'impatto mi è parso abbastanza problematico.

L'altra faccia della medaglia è però una tavolozza di modi per interagire con funambolico estro, un kit di attrezzi disparati pronto per ogni evenienza. Compositor serve ad esempio per fondere un oggetto (inclusi quelli rari droppati dai nemici più agguerriti e chissà, speculando mi verrebbe da ipotizzare pure dai boss...) a un'arma: una trovata per creare equipaggiamenti bizzarri e sorprendenti, che variano concretamente il comportamento in battaglia dando il là a esperimenti tutti da scoprire.

Un bastone può essere combinato alle zanne appuntite di un avversario ucciso in precedenza per creare una picca più potente e con un'estensione maggiore, ma è anche possibile mischiare una freccia con un frutto esplosivo per scatenare il caos dalla distanza, o persino sommare una spada a un'altra spada per il puro gusto di farlo. E che dire dell'ipotesi di vincolare un razzo dell'antica civiltà perduta degli Zonai a uno scudo, in modo da proiettarsi vertiginosamente verso l'alto per qualche decina di metri, bypassando in un istante ostacoli e nemici ancorati a terra? Il limite sembra davvero essere soltanto la fantasia.

La fusione è anche un escamotage per ovviare, seppur in maniera parziale, alla tanto criticata usura degli equipaggiamenti di Breath of the Wild: unendo due elementi prima si consuma quello innestato sull'altro, e solo in un secondo momento a logorarsi è l'arma che si impugna direttamente. Una scelta che verosimilmente non farà la felicità di chiunque, ma che sembra ad ogni modo rendere meno impattante la distruttibilità dell'equip.

Se Compositor è un'abilità curiosa ma tutto sommato binaria – poiché di fatto unisce un oggetto A ad un oggetto Bl'Ultramano spinge l'asticella del sense of wonder ancora più in là. Un mirino al centro dello schermo permette di manipolare un elemento, spostandolo e ruotandolo nelle tre dimensioni per ancorarlo tramite una strana sostanza appiccosa ad un altro (e volendo a molti altri ancora, arrivando ad assemblare strutture complesse).

Qualche applicazione pratica? Mi è capitato di attaccare fra loro due assi di legno, al fine di creare una piattaforma abbastanza grande da sostenere la mole di Link. Sopra alla stessa ho poi posizionato un enorme gancio, dando vita a una pedana da ancorare a un filo tirato fra due isolotti galleggianti. Una turbina a batteria collocata sul retro – mi raccomando però, con la giusta angolazione, perché come anticipato lo zampino della fisica non manca mai!mi ha quindi permesso di creare una rudimentale funivia con cui sconfiggere la gravità

Quando è davvero necessario usare qualche creazione particolare per proseguire, il gioco ti fa opportunamente trovare gli ingredienti giusti in prossimità di dove servono, ma il bello è che esistono appositi distributori in stile gatcha che se riforniti con la giusta risorsa rilasciano manciate di componenti Zonai da richiamare a piacere: è proprio in quei casi che Tears of the Kingdom si presta ad essere plasmato, portato agli estremi e messo al servizio del puro ingegno. Consentendo di risolvere enigmi o di inventarsi mezzi di locomozione tipo mongolfiere, aeroplani, barche o chissà quali altre improvvisate diavolerie in maniere differenti, perché la strada per arrivare a un certo risultato non è pressoché mai univoca. Anzi, tutt'altro. A maggior ragione se nell'equazione si va ad inserire Reverto, ovvero il potere che dona la facoltà di riavvolgere il tempo relativa ad uno specifico oggetto.

È qui che, devo ammetterlo, sono rimasto davvero di sasso: non ho avuto il tempo né il modo di capire quale sia il limite dell'insieme, ma sappiate che ogni elemento parrebbe avere una sorta di memoria ad hoc dei movimenti compiuti nello spazio/tempo. In uno degli ultimi trailer era stata mostrata una roccia lanciata da un nemico che veniva afferrata col giusto tempismo e minacciosamente rispedita al mittente, eppure le applicazioni non si limitano certo a quello.

Diventa così possibile agganciare dei razzi a una piattaforma, spostarsi per ampi tratti sia in orizzontale che in verticale, raggiungere una località remota dove raccogliere risorse o combattere, e poi semplicemente azionare Reverto sulla stessa per tornare, anche diversi minuti dopo, al punto di origine. Oppure usare Reverto per “rompere” le regole all'apparenza vincolanti di un enigma, facendo leva su espedienti sopra le righe. Credetemi, l'effetto è sbalorditivo, ed è impressionante anche solo provare a immaginare la complessità che sottende il tutto – anche perché è bene ricordare la prospettiva open-world e la scala gargantuesca dello stesso, a cui si aggiunge anche Ascensus, ovvero un'inedita proiezione in verticale che permette di attraversare i soffitti posti a qualche metro dal protagonista. Così, tanto per metterci quel quid extra in termini di azione e navigabilità degli spazi 3D.

Il paradosso è che, nella sessantina di minuti a mia disposizione, mi sono trovato con somma meraviglia a provare pressoché di tutto, ma anche a dedicarmi a cose che solitamente non sono mai stato abituato a fare nel contesto di The Legend of Zelda. Perché, durante un'anteprima per sua stessa natura chiaramente molto parziale, Tears of the Kingdom mi ha dato a più riprese l'impressione non di un'avventura con robusti elementi sandbox, bensì di un sandbox con una concreta base da avventura.

Una sfumatura non così scontata, che andrà verificata sul medio/lungo termine e che potrebbe entusiasmare tantissimi ma anche scontentare a sorpresa qualcuno, perché se da un lato questa deriva appare come una prosecuzione naturale del percorso intrapreso con Breath of the Wild dall'altro non manca una componente di rischio (e brava Nintendo per il coraggio, a prescindere!).

Quel che rimane, al di là di tutto, è la curiosità di scoprire l'essenza e i segreti di un titolo che si preannuncia monumentale, con quell'aura da capolavoro predestinato in grado di spingersi anche al di là dell'immaginazione degli stessi Aonuma & Co. E allora le lacrime del Regno non potranno che essere di profonda gioia, di fronte a un gioco-evento come pochissimi altri.

A cura di
Marco Mottura

Pubblicato il: 26/04/2023

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18 commenti

Complimenti Marco per la qualità!

Bellissima anteprima, grazie!

Non sono più figlio dell hype ormai, davvero...ma GIURO che come mi è salita la febbre, ma alta proprio da brividi alle gambe per questo titolo, poche altre volte in vita, ormai conto i minuti, qui davvero la cosa si fa grossa anzi ENORME, ottimo a …Altro... Non sono più figlio dell hype ormai, davvero...ma GIURO che come mi è salita la febbre, ma alta proprio da brividi alle gambe per questo titolo, poche altre volte in vita, ormai conto i minuti, qui davvero la cosa si fa grossa anzi ENORME, ottimo articolo presidente Motturella.

Aldilà dell'anteprima incredibile, complimenti a entrambi. Io pagherei cifre smisurate per vedere il codice del gioco e come sono state gestite tutte le meccaniche (in particolare reverto). Il fatto che giri si switch è assurdo.

Sapendo quanto sia restia Nintendo a far provare i suoi prodotti con così tanto anticipo, men che meno uno dei suoi titoli di punta di questo anno, non posso che essere orgogliosa di questo vostro traguardo. Grandi ragazzi e grazie Marco per questo …Altro... Sapendo quanto sia restia Nintendo a far provare i suoi prodotti con così tanto anticipo, men che meno uno dei suoi titoli di punta di questo anno, non posso che essere orgogliosa di questo vostro traguardo. Grandi ragazzi e grazie Marco per questo ottimo articolo!

Recensione meravigliosa, complimenti Marco!

Grazie Marco per l'articolo. Leggerti mi ha trasmesso meraviglia per l'opera che andremo ad affrontare a brevissimo. Non vedo l'ora!

Quanto si gode, articolo meraviglioso e molto approfondito complimenti. È incredibile come questo Zelda faccia scoppiare la testa parlando solo del gameplay, trascurando storia e lore. Se con questo gioco, come sembrerebbe, riusciranno a far concili …Altro... Quanto si gode, articolo meraviglioso e molto approfondito complimenti. È incredibile come questo Zelda faccia scoppiare la testa parlando solo del gameplay, trascurando storia e lore. Se con questo gioco, come sembrerebbe, riusciranno a far conciliare entrambe le cose, stiamo per giocare probabilmente a una futura pietra miliare della storia del gaming

Si parla molto di mio padre Aonuma, ma non dimentichiamoci del director del gioco, ovvero Hidemaro Fujibayashi, director storico della saga che ha lavorato dagli Oracle a Skyward Sword, passando per perle incredibili come Minish Cup e approdando al s …Altro... Si parla molto di mio padre Aonuma, ma non dimentichiamoci del director del gioco, ovvero Hidemaro Fujibayashi, director storico della saga che ha lavorato dagli Oracle a Skyward Sword, passando per perle incredibili come Minish Cup e approdando al suo culmine con Breath of the wild. Un uomo IMPORTANTISSIMO per questa saga, quasi quanto Aonuma.

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