REDFALL

Alla ricerca dell'estro perduto di Arkane

"Arkane dove sei?"

È questa la domanda che riecheggiava nella mia testa mentre esploravo le strade della città di Redfall, infestate da vampiri e piantonate da pazzi invasati. Mentre svuotavo i caricatori addosso alle lugubri creature della notte, mentre le pietrificavo con fasci di luce ultravioletta, mentre le impalavo con schegge di ossa o di frassino o di ossidiana, cercavo disperatamente un briciolo di quell’estro estetico e ludico che ha reso così indimenticabili gli altri titoli del team: Dishonored, Prey, Deathloop. Dopo un paio d’ore spese su questo shooter open-world, purtroppo, mi tocca ammettere che quell’estro – quel guizzo artistico e quel carattere così distintivo delle meccaniche di gioco – proprio non sono riuscito a trovarlo. Redfall non è un brutto gioco, ma è un gioco… ordinario, di quelli che sembrano quasi scivolarti addosso senza lasciare traccia. Un gioco apparentemente innocuo, forse non dimesso ma troppo regolare: rinunciatario. Questa sensazione amara aveva accompagnato tutto il lungo percorso di comunicazione di Redfall, un titolo che fin da subito era sembrato non solo fuori dalla comfort zone di Arkane Studios, ma anche “pallido” su molti fronti. Ammetto di aver conservato un filo di speranza anche di fronte ai trailer meno riusciti: un po’ perché con Deathloop il team era riuscito a stupirmi oltre ogni aspettativa, un po’ perché su Redfall - negli ultimi mesi - Arkane aveva in parte “corretto il tiro”, confermando la possibilità di giocarlo in solitaria e assicurando una grande attenzione al world building e alla libertà di approccio. Duole ammettere che la prova ha sconfessato gran parte delle dichiarazioni dello studio, mettendomi di fronte a uno sparatutto apparentemente blando.

L’aspetto che più mi ha fatto male, appassionato come sono dei mondi creati da Arkane, è l’atmosfera in cui è calata l’intera area di Redfall (o almeno una delle due mappe in cui sarà diviso il gioco): girare per i suoi quartieri significa vagare per una generica cittadina di provincia americana, con pochi elementi d’interesse. La stazione dei pompieri in cui un gruppo di sopravvissuti ha improvvisato un quartier generale, l’ufficio doganale con un piccolo museo dedicato alla storia dell’isola, e poi ancora la tetra villa che svetta sulla collina: non c’è niente di memorabile a livello stilistico o architettonico. Dove sono finiti i quartieri sudici di Dunwall, le ville meccaniche di Karnaca, o quella follia lisergica che stava nei colori e nelle architetture di Deathloop? La “mitologia” di Redfall non ha lo stesso smalto, neppure nella caratterizzazione dei vampiri che siamo chiamati ad abbattere. Sono creature davvero poco affascinanti, reinterpretate in maniera molto tradizionale e quasi senza nerbo. L’unico sprazzo di creatività che ho intravisto durante la prova è stato avvicinandomi alle sponde dell’isola su cui sorge la città, e posando lo sguardo su una sorta di muraglia marina creata dalla magia dei vampiri, che oltre ad aver oscurato il sole hanno ben pensato di isolare la zona “cristallizzando” dei muraglioni d’acqua che impediscano a chiunque di fuggire. Ecco, sono queste le idee affascinanti su cui si sono sempre tenute in piedi le ambientazioni di Arkane, e ne sarebbero servite tante di più per rendere Redfall un prodotto interessante.

Le cose non vanno meglio quando si passa all’azione. Redfall si presenta come uno sparatutto open-world in prima persona, evidentemente molto focalizzato sulla co-op. Si può giocare da soli, ed è proprio così che ho affrontato le missioni disponibili nella demo, ma l’attenzione per le dinamiche cooperative è lampante: i ruoli dei protagonisti risultano infatti complementari, e lo skill tree di ciascun eroe include potenziamenti attivi e passivi che funzionano solo quando si gioca in gruppo. L’approccio sembra vicino a quello di Borderlands, con una discreta attenzione al loot, la pubblicazione di nuovi eroi già confermata dal team di sviluppo e una serie di attività pronte a trasformarsi nei raid dell’endgame.

Il problema è che Redfall, a differenza del titolo targato Gearbox, non propone un’azione intensa ed esagerata, sempre trascinante e gustosamente sopra le righe, bensì un avanzamento più classico e monocorde. Le abilità speciali dei personaggi, a parte poche eccezioni, non sono troppo utili durante gli scontri, sia per la loro impostazione molto situazionale che per i tempi di ricarica estremamente estesi: si finisce quindi per focalizzarsi sullo shooting nudo e crudo. Si spara bene, in Redfall, pur senza particolare enfasi sul carattere delle varie armi, eppure l’incedere resta sempre un po’ meccanico, estremamente piatto. La colpa è di una mobilità limitata, che non permette ad esempio di scattare come invece si poteva fare nei panni di Corvo o di Colt, ma soprattutto dei nemici che avanzano a testa bassa, hanno reazioni basilari e poco convincenti. Lo so cosa state per dire: l’Intelligenza Artificiale degli avversari non è mai stata il punto forte di Arkane, e pure in Deathloop i folli scriteriati che popolavano l’isola non sembravano troppo attenti alla propria conservazione. Non c’è dubbio che i comportamenti degli avversari fossero, anche negli altri titoli dello studio, a tratti discutibili, ma cercate di capire che in Redfall cambiano sia il genere che la prospettiva.

L’obiettivo del giocatore, in Dishonored come in Deathloop, era quello di combinare varie abilità per risolvere situazioni intricate: connettere più nemici per fare in modo che a tutti toccasse la sorte di uno, sollevarli, sbalzarli, piegarne le menti. Era come giocare al gatto col topo, o in certi casi come risolvere dei piccoli puzzle usando inaspettate combinazioni di capacità sovrannaturali. In Redfall, idealmente, il giocatore si trova nella situazione opposta, nei panni dell’agguerrita preda di una stirpe di vampiri: l’Intelligenza Artificiale dovrebbe garantire una sfida stimolante, mentre succhia-sangue e soldati sembrano più che altro sacrificabile carne da macello che si lancia senza pensarci troppo contro i cacciatori.

Non c’è mai stata una situazione, nel corso di questa prima prova, che abbia in qualche modo replicato la diversità, le sfumature, la varietà del gameplay a cui entrambe le unità di produzione di Arkane (quella di Austin e quella di Lione) ci hanno abituati. In Redfall, più che una gamma di approcci, c’è un timido dualismo tra infiltrazione e sparatorie a viso aperto, e quasi nessuna delle caratteristiche principali delle Immersive Sim, se non qualche documento sparso qua e là, che racconti più nel dettaglio la storia – anzi: le storie – del mondo di gioco. Persino la scelta di impostare il gioco come un open-world non paga. L’estensione della mappa è molto contenuta, se si fa il paragone con altri titoli a mondo aperto, e questo non è certo un male. Purtroppo però le attività in cui ci si imbatte sono fin da subito molto ripetitive. Ci sono statue da distruggere per liberare le strade dalla terribile Nebbia Rossa (un miasma scarlatto che può uccidere il giocatore in un lampo), piccoli insediamenti da ripulire per cercare del loot interessante, e poi i covi, dei brevi dungeon del tutto lineari – ambientati in una dimensione distorta e sanguigna – in cui si annidano ondate di nemici. Ci sono anche rifugi sicuri da sbloccare, ciascuno con una sua missione secondaria: trova tutte le antenne di trasmissione nell’area, uccidi un vampiro d'élite…. Anche nel delineare questa selezione di attività secondarie Redfall mi è sembrato colpevolmente generico, senza un tocco distintivo, senza creatività.

Allo stato attuale dei fatti, avrete capito, non credo più di tanto nella possibilità che Redfall possa sfondare, diventare insospettabilmente un classico come lo sono diventati gli altri giochi – anzi: gli altri mondi immaginati da Arkane. Lo dico non solo guardando alla produzione del team, ma anche all’interno dell’ambito in cui Redfall vuole infilarsi: ci sono altri sparatutto cooperativi che mi sembrano più dinamici, più chiassosi (qualcuno direbbe: caciaroni), più leggeri, divertiti e briosi nell’immaginario. Sono ben consapevole, d’altro canto, che quello di Redfall è un genere commercialmente molto più forte delle Immersive Sim. Basta guardare i numeri di Borderlands (15 milioni per il terzo capitolo, 75 per l’intera serie) per capire da dove nasca l’esigenza di inseguire opportunità potenzialmente più remunerative.

In fin dei conti, se lanciare un prodotto più “pop”, meno difficile da digerire per il grande pubblico, è il sistema per continuare a sperimentare su altri fronti, ben venga Redfall e ben venga il suo eventuale successo “al botteghino”. Non mi sento affatto tradito – né dal publisher né dal team – e viste le tempistiche di sviluppo non avverto neppure la frustrazione che invece sento per Suicide Squad, un gioco che mi sembra aver “consumato” quasi integralmente uno studio di talento come Rocksteady. Redfall, lo ribadisco una volta di più, non è un brutto gioco. È uno sparatutto co-op che mi è sembrato troppo classico, destinato ad un pubblico che gioca “di pancia” quando tutti gli altri titoli del team andavano giocati “di testa”. Accetto questo cambio di rotta, ma non si dica che dentro Redfall c’è il DNA dello studio, perché allo stato attuale delle cose non sembra proprio che sia così.

Pubblicato il: 27/03/2023

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9 commenti

Bello

Ma che gioco di merda

Ma avete problemi con il template di questo blog ? non si legge niente con il rosso sul grigio chiaro.....

Per me sia Deathloop che Redfall hanno avuto lo stesso approccio, cioè non far capire niente alla gente, fin quasi all'uscita.
Deathloop si è poi rivelato, personalmente, uno dei migliori giochi dell'anno, questo invece per ora, non mi convince ma …Altro...
Per me sia Deathloop che Redfall hanno avuto lo stesso approccio, cioè non far capire niente alla gente, fin quasi all'uscita.
Deathloop si è poi rivelato, personalmente, uno dei migliori giochi dell'anno, questo invece per ora, non mi convince mai, nemmeno quando leggo preview entusiastiche, figuriamoci poi quelle che sollevano dubbi come questa.
Lo proverò perchè Arkane e perchè lo avrò a disposizione sul servizio, ma ripeto, arrivo con non troppo entusiasmo, al lancio.
Ah, i giochi citati poi, nei vari articoli, associati al titolo, non fanno altro che peggiorare le cose (borderland, far cry)

Fossa sempre il top!

Bellissimo articolo dall'impaginazione pipparola di qualità!

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