GRAN TURISMO 7

POWER PACK

3 Novembre 1990. 

Sir Jackie Stewart, tre volte campione del mondo di Formula 1, si siede di fronte ad Ayrton Senna e intavola una delle interviste più celebri della storia del motorsport. Stewart incalza il brasiliano, tenta di metterlo all’angolo, accusandolo in maniera neanche troppo sibillina di aver tamponato di proposito Alain Prost per eliminarlo e aggiudicarsi il suo secondo titolo mondiale. A un certo punto Senna, gelido, pronuncia quella che è diventata forse la singola frase più famosa di sempre: “If you no longer go for a gap, you’re not a racing driver”. Senna sapeva di essere nel torto, tant’è che un anno dopo ammise di sentirsi terribilmente in colpa per quel gesto tanto sconsiderato, ma al pubblico questo non è mai importato. Quella risposta glaciale è diventata un dogma dell’automobilismo, il più sacro dei comandamenti delle corse. 

Se nella vita hai deciso di svagarti sedendoti all’interno di un tubo con quattro ruote capace di raggiungere i trecento kilometri all’ora in un battito di ciglia, dopotutto, non sei davvero normale.

Da quando i videogiochi sono entrati a far parte della mia vita non ho perso occasione di metter mano su quanti più racing game possibili. Dall’infanzia passata su Crash Team Racing fino al recentissimo giubilo per il ritorno di Tokyo Xtreme Racer, la mia carriera videoludica è sempre stata legata a doppio filo con le quattro ruote virtuali. Il franchise che, però, più di tutti mi ha accompagnato in questo lungo viaggio è sempre stato Gran Turismo. Quella di Kazunori Yamauchi è sempre stata la mia serie di riferimento da quando ho capito cosa la distanziava dalle altre: in un mondo di simulatori – più o meno realistici – di corse, Gran Turismo era  “the real driving simulator”. Capiamoci: adoro la competizione in pista, sia quella reale che quella digitale, ma l’ambizione di creare una gigantesca enciclopedia dell’automobilismo accessibile da una PlayStation ha sempre avuto un fascino imponente su di me. Per questo motivo ho sempre tollerato con grande tranquillità il fatto che le gare di GT siano sempre state a dir poco scadenti dal punto di vista del livello di sfida; mi è sempre bastata la natura pedagogica della serie firmata Polyphony Digital per rimanere incollato allo schermo. 

Sono passati tre anni dalla pubblicazione di Gran Turismo 7, tre anni in cui mi sono innamorato follemente di un videogioco splendidamente imperfetto e in cui mi sono arrabbiato tantissimo con la sua gestione post-lancio da parte di Sony e Polyphony, da sempre impegnate in una lunghissima battaglia a protezione della natura da Game as a Service del titolo. GT7 ha il peggior approccio alla distribuzione di premi in game che la serie abbia mai visto, richiede obbligatoriamente una connessione anche per giocare in single player, e il team si è sempre attivato in maniera piuttosto snervante per fare in modo che in game non esistesse la possibilità di farmare crediti in maniera rapida. Bisognava pur sempre spingere i giocatori a metter mano al portafogli per rimpinguare il proprio conto in banca digitale, no? Nonostante questo, però, il tempo che ho passato sul gioco è stato quasi incalcolabile, oltre che preziosissimo: ho preso tutte le patenti, ho raggiunto il level cap collezionando veicoli incredibili, ho partecipato a centinaia di eventi settimanali e preso parte anche a piccole ma meravigliose competizioni multiplayer organizzate tramite il macchinosissimo sistema di lobby del gioco.

Oggi, a più di mille giorni dal day one, Gran Turismo 7 si è inaspettatamente ingrandito. Non è solamente arrivato il terzo major update del titolo, che ha introdotto nuovi veicoli, nuovi circuiti e una gestione semplicemente irreale della telemetria in pista, ma ha anche debuttato il primo vero DLC a pagamento della storia del brand. Gran Turismo 7 Power Pack è stato un mezzo fulmine a ciel sereno, un aggiornamento inaspettato comparso a una distanza decisamente inusuale dall’apertura ufficiale dei server e, lo dico sin da subito, ha quasi stravolto la visione che ho sempre avuto non solo di questo specifico capitolo ma della serie in generale.

In questi anni di assoluta fedeltà nei confronti della creatura di Kazunori Yamauchi non mi sono mai lamentato di quello che agli occhi di molti è sempre stato un difetto enorme di Gran Turismo, ovvero il fatto che si è sempre trattato di un gioco semplicissimo. Il collezionismo e la passione bruciante per le quattro ruote dimostrata da Polyphony Digital sono sempre stati per me il fulcro della serie, e mi hanno permesso di soprassedere sulla mancanza di vere sfide senza mai battere ciglio. Però è innegabile che sia sempre mancato qualcosa alla simulazione corsistica di GT, al punto che l’IA del gioco è sempre stata sonoramente spernacchiata da moltissimi appassionati del genere. Inutile girarci intorno: le gare contro la CPU in Gran Turismo, sono sempre state poca roba salvo rari ma illustrissimi casi (vero, missione di guida 34 di Gran Turismo 4?). 

Ecco, da oggi questo non è più vero, perché i nuovi eventi speciali introdotti dal Power Pack incorporano la singola evoluzione più importante che questa serie abbia mai visto dai tempi di Gran Turismo 3 a oggi. Da oggi le corse in Gran Turismo sono diventate una figata pazzesca.

Power Pack è un aggiornamento che alla modica (si fa per dire) cifra di trenta euro consente l’accesso a una cinquantina di eventi tematici speciali. Niente di particolarmente sconvolgente per un gioco come Gran Turismo, ma di sicuro un’aggiunta intrigante sia per tematizzazione degli eventi che per la loro natura del tutto “aliena” rispetto a quella delle altre corse presentate nella modalità single player nei tre anni di vita di questo capitolo. Per prendere parte a una corsa viene chiesto di investire una piccolissima cifra in crediti di gioco, di scegliere un’auto fra tre (ognuna corrisponde a un livello di difficoltà) e di lanciarsi in un weekend di gara composto – finalmente! – da prove libere, qualifiche e gara finale. Ci sarebbero parecchie cose da dire a riguardo, ma torniamo per un attimo al Novembre 1990 e alla frase diventata l’emblema del Senna-pensiero: Power Pack sembra nato direttamente in risposta al confronto tra Ayrton e Jackie Stewart. Il motivo è molto semplice: a guidare la CPU è per la prima volta la versione 3.0 di GT Sophy, l’IA avanzata sviluppata da Polyphony e introdotta nella sua prima iterazione circa due anni fa. Lasciate che sia il più diretto possibile: Sophy 3.0 è una figata IMMENSA.

Il nuovo algoritmo della CPU è in assoluto il migliore che io abbia mai visto all’interno di un racing game. Preciso, corretto, aggressivo senza mai strafare e talmente credibile da avermi fatto dimenticare più di una volta di non essere in una lobby online contro altri giocatori di ottimo livello. Se Sophy vede un pertugio in cui infilarsi ci prova sempre, è veloce e sa essere spietata, regalando momenti di puro godimento agonistico nei tanti confronti che abbiamo avuto fin qui in pista. Per la prima volta nella storia della serie Gran Turismo impiega un’IA capace di mimare davvero un pilota professionista in eventi non specifici. Dimenticatevi sia gli avversari da scansare come birilli sia gli eventi in cui per vincere basta solamente avere l’auto migliore: ognuno dei 50 step del Power Pack va conquistato con le unghie e con i denti contro degli avversari capaci di mettere alla prova virtualmente chiunque. Il grande merito di questo DLC è quindi quello di aver riportato la competizione al centro dell’esperienza single player, lasciando per un attimo da parte collezionismo e gli aspetti meno pistaioli della guida. Soprattutto, però, l’evoluzione del comportamento della CPU in pista segna per me uno spartiacque gigantesco per quanto riguarda il genere. Se negli anni ho apprezzato sia i Drivatar di Forza che il sistema di rivalità di GRID, oggi la pietra di paragone sarà sempre e solo Sophy 3.0: erano anni che non mi divertivo in maniera così genuina in delle gare offline, davvero.

Tornando alla struttura degli eventi introdotti da Power Pack, però, ci sono alcune criticità da prendere in considerazione. In primis, devo ammettere che la UI (campo in cui GT7 ha sempre deficitato) è inutilmente macchinosa, ma è comunque un aspetto secondario nel complesso dell’esperienza. A risultare davvero fuori fuoco è la struttura del weekend di gara: è bellissimo poter finalmente prendere parte a eventi strutturati e completi di prove libere e, soprattutto, qualifiche, ma si tratta in larga parte di un’introduzione che ho trovato fine a sé stessa. Se generalmente l’ora di prove libere serve effettivamente a prendere confidenza con auto e circuito, è anche vero che si tratta di un momento fondamentale per lavorare sull’assetto dell’auto. Ecco, nelle prove libere di GT7 questo è semplicemente inesistente: nei 60 minuti di prove libere non è possibile in alcun modo metter mano alle regolazioni dell’auto, trasformando quasi immediatamente il warm up in una fase del tutto superflua da skippare quasi integralmente per concentrarsi sulle fasi salienti delle gare. Un peccato, se chiedete a me, perché in un contenuto tanto improntato sulla performance pura questo svilisce un po’ l’offerta, ma tant’è.  

Ho apprezzato da morire l’assortimento degli eventi, che si rifanno a campionati e gare reali (sia legali che illegali). Se si decide di intraprendere il percorso asiatico si parte da una serie di corse stradali a bordo di tre generazioni di Honda Civic (una strizzata d’occhio al mondo dei Kanjozoku di Osaka) per arrivare a competere in alcuni momenti salienti di un immaginario campionato Super GT nipponico dei primi anni 2000. Lo stesso vale per i classici americani (tra cui spiccano un paio di gare su sterrato a bordo di una Volkswagen Beetle meravigliosamente divertente) e per le serie GT europee, che culminano addirittura con lo sblocco di vere gare della durata di 24h. A non essermi piaciuto, in questo caso, è stato il fatto che Polyphony abbia in qualche modo accantonato la sua vena più divulgativa ed enciclopedica, rinunciando così alla possibilità di divulgare aneddoti e conoscenze specifiche legate alle tipologie di eventi presentati al pubblico. Per intenderci, se io che sono appassionato mi trovo di fronte a una serie di gare come quelle a bordo delle Civic sui circuiti cittadini so che Yamauchi e i suoi stanno porgendo omaggio a un pezzo molto importante della cultura dello street racing giapponese, ma non è detto che sia così per tutti. Il pubblico di non petrolhead questi ammiccamenti rischia di perderseli completamente, e GT7 in questo caso non fa nulla per scongiurare questa eventualità. È un grande peccato, soprattutto perché Gran Turismo questo tipo di divulgazione ha sempre cercato di farla nel migliore dei modi.

Al netto di tutto questo, però, Power Pack è forse la migliore delle espansioni possibili di Gran Turismo 7. È contraddistinta da una certa pigrizia di fondo, quello è innegabile, ma ciò che mette sul piatto è per me una grande rivoluzione che potrebbe dettare quella che sarà una volta per tutte la direzione che dovrà seguire la serie da qui in avanti. Correre contro un’IA così ben pensata e credibile è una gioia vera e cambia rischia di cambiare per sempre la percezione del franchise agli occhi del pubblico di appassionati delle quattro ruote. Il mio dubbio principale in questo senso è però uno: temo che tutto questo rischi di parlare alla platea sbagliata. 

Mi spiego: decidere di investire trenta euro su un videogioco così “vecchio” è una scelta che mi aspetto da gran parte dei giocatori che hanno eletto Gran Turismo 7 a proprio pane quotidiano, di certo non da un pubblico di neofiti e/o di casual. Io che dall’alto delle mie quasi trecento ore sul simcade di Sony posso dire di posizionarmi esattamente a metà dei due estremi dello spettro mi sono goduto tantissimo questo aggiornamento, ma non sono certo che sarà così per tutti. I più esperti potrebbero essere diventati in larga parte molto più abili di me, al punto da rischiare di “perdersi” la bellezza di scontrarsi contro una CPU di livello; per quanto riguarda i meno avvezzi questo aggiornamento potrebbe rappresentare una scommessa un po’troppo azzardata sia dal punto di vista della difficoltà che dell’impegno richiesto. 

Gli eventi del Power Pack sono infatti molto meno immediati, e richiedono di prender parte a ogni sessione del weekend per poter venire premiati per il proprio risultato. Il problema è che io venti giri sul circuito del Fuji con una Supra che si mette di traverso ogni volta che premo l’acceleratore me li accollo, altri potrebbero annoiarsi ben prima di tagliare il traguardo.

A prescindere da tutto, peró, non posso che ammirare l’amore che Polyphony Digital continua a dimostrare nei confronti della sua creatura. Molti altri avrebbero fermato i lavori molto prima, accontentandosi di vivacchiare fino al prossimo capitolo senza stravolgere l’offerta, Yamauchi e il suo team hanno invece deciso di crederci fino in fondo anche a tre anni e più dal day one. Chapeau.

Pubblicato il: 09/12/2025

Provato su: PlayStation 5

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